Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8018 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 22/03/2021), n.8018

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30901-2019 proposto da:

C. DI C.L. E C. SNC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DEL VIMINALE 5, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

GALLO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona dell’Amministratore delegato

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17,

presso lo studio dell’avvocato MARIANNA RISTUCCIA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1783/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI

MARCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 14/3/2019, la Corte d’appello di Roma, pronunciando quale giudice del rinvio a seguito di annullamento in sede di legittimità, in accoglimento dell’appello proposto dalla Vittoria Assicurazioni s.p.a., e in riforma della decisione di primo grado, ha condannato la C. di C.L. & C. s.n.c. al pagamento, in favore della compagnia attrice, delle somme a quest’ultima dovute quale rimborso, a titolo di rivalsa, di quanto corrisposto dalla Vittoria Assicurazioni in favore della Maia s.p.a. (società assicurata), a seguito di un furto di beni, subito da quest’ultima, durante il relativo trasporto effettuato dalla soc. C. quale vettore;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come i fatti posti a fondamento dell’eccezione sollevata dalla C. – volta a valorizzare l’impegno, contrattualmente assunto dalla Vittoria Assicurazioni, di rinunciare alla rivalsa in caso (tra gli altri) di mancata assicurazione del vettore – non fossero stati integralmente comprovati, avendo la soc. C. omesso di fornire la prova del fatto consistente nella mancata stipulazione, da parte della stessa, di alcuna polizza assicurativa per il fatto dedotto in giudizio;

avverso la sentenza del giudice del rinvio la C. di C.L. & C. s.n.c. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

la Vittoria Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 115c.p.c., comma 1, e dell’art. 167 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la tardività dell’eccezione sollevata dalla controparte in ordine alla mancata stipulazione, da parte della soc. C. di alcuna copertura assicurativa, e per avere, in ogni caso, omesso di tener conto della mancata contestazione, da parte della Vittoria Assicurazioni, della circostanza, espressamente dedotta in giudizio dalla soc. C., della mancata stipulazione, da parte di quest’ultima, di alcuna assicurazione in proprio favore;

il motivo è manifestamente infondato;

osserva preliminarmente il Collegio come del tutto impropriamente l’odierna società ricorrente abbia invocato in questa sede il preteso omesso rilievo della tardività dell’eccezione sollevata dalla Vittoria Assicurazioni in ordine alla mancata stipulazione, da parte della soc. C., della copertura assicurativa oggetto d’esame;

varrà, al riguardo, evidenziare come la corte territoriale, dopo aver correttamente rilevato l’inerenza, della mancanza di alcuna copertura assicurativa del vettore, all’ambito dei fatti costitutivi dell’eccezione originariamente sollevata dalla soc. C. (diretta a paralizzare l’azione di rivalsa della Vittoria Assicurazioni s.p.a.), abbia propriamente sottolineato la spettanza, in capo alla società eccipiente, dell’onere di fornire la prova di detta mancata stipulazione, non incombendo alla controparte alcun corrispondente onere di replicatio sul punto;

è appena il caso di aggiungere, in thema, come, dopo aver correttamente distribuito gli oneri probatori tra le parti in conformità alle previsioni di cui all’art. 2697 c.c., legittimamente il giudice a quo abbia attestato la compatibilità della prova di una circostanza negativa con detta distribuzione degli oneri probatori, in tal senso uniformandosi al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 9099 del 06/06/2012, Rv. 622990 – 01), ai sensi del quale l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude nè inverte il relativo onere, tanto più se l’applicazione di tale regola dia luogo (come nel caso di specie) a un risultato coerente con quello derivante dal principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio; in tal caso, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere fornita mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo;

quanto alla censura relativa alla trascurata considerazione, da parte del giudice a quo, del carattere incontestato della circostanza (espressamente dedotta in giudizio dalla soc. C.) di non aver stipulato alcuna assicurazione in proprio favore, osserva il Collegio come – fermo l’assorbente rilievo dell’inadeguato assolvimento, da parte della società ricorrente, degli oneri di allegazione e produzione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6, non avendo la stessa provveduto all’integrale allegazione e/o trascrizione degli atti processuali di controparte idonei a render conto dell’effettivo difetto di contestazione dedotto, nella misura e secondo il grado preteso – del tutto correttamente la corte territoriale abbia trascurato l’influenza della pretesa mancata contestazione, da parte della Vittoria Assicurazioni s.p.a., di detta stipulazione, trattandosi di un fatto da detta convenuta legittimamente ignorato (siccome riferibile alla sfera di esclusiva pertinenza della soc. C.), con la conseguente decisiva incidenza, al riguardo, del consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale l’onere di contestazione – la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova – sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti (cfr. Sez. L, Ordinanza n. 87 del 04/01/2019, Rv. 652044 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 14652 del 18/07/2016, Rv. 640518 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3576 del 13/02/2013, Rv. 625006 – 01);

con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente valutato il complesso degli elementi istruttori acquisiti al giudizio, non attribuendo alcun significato alla circostanza per cui, ove la soc. C. avesse effettivamente stipulato la copertura assicurativa de qua, avrebbe certamente evocato in giudizio l’eventuale compagnia assicuratrice a fini di ottenerne la manleva, sì che proprio il contrario contegno processuale tenuto dall’odierna società ricorrente avrebbe dovuto assumere un eloquente valore rappresentativo in senso contrario a quanto irragionevolmente sostenuto dal giudice a quo;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime) (Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640193 – 01);

peraltro, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 – 01);

nella specie, la società ricorrente, lungi dal denunciare il mancato rispetto, da parte del giudice a quo, del principio del libero apprezzamento delle prove (ovvero del vincolo di apprezzamento imposto da una fonte di prova legale), – ovvero lungi dall’evidenziare l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo idoneo a disarticolare, in termini determinanti, l’esito della scelta decisoria adottata o un vizio costituzionalmente rilevante della motivazione (entro lo schema di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) – si è limitata a denunciare un (preteso) cattivo esercizio, da parte della corte territoriale, del potere di apprezzamento del fatto sulla base delle prove selezionate, spingendosi a prospettare una diversa lettura nel merito dei fatti di causa, in coerenza ai tratti di un’operazione critica del tutto inammissibile in questa sede di legittimità;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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