Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8016 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 22/03/2021), n.8016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29808-2019 proposto da:

D.L.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE

NOCERA;

– ricorrente –

contro

F.A., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati MARIANO CAIRONE,

FRANCESCO SINISCALCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 275/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza resa in data 28/2/2019, la Corte d’appello di Salerno ha dichiarato l’improcedibilità dell’appello proposto da D.L.M. avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Amalfi, aveva rigettato la domanda del D.L. diretta alla condanna di F.A. al pagamento di somme di denaro in proprio favore;

a fondamento della decisione assunta, la corte d’appello ha evidenziato come l’improcedibilità del gravame proposto dal D.L. fosse derivata dalla mancata produzione, da parte di quest’ultimo, dell’originale dell’atto di citazione in appello munito della relazione di notificazione alla F., nè di altra documentazione dalla quale risultasse la data dell’avvenuta notificazione dell’atto d’appello, con la conseguenza che, non avendo neppure l’appellata depositato alcun atto dal quale derivasse l’identificazione della data di notificazione dell’impugnazione (estremo indispensabile ai fini della verifica della tempestività della costituzione dell’appellante), l’appello doveva ritenersi irrimediabilmente improcedibile in ragione della nullità della costituzione dell’appellante, mai tempestivamente regolarizzata entro il termine individuato dalla data dell’udienza di cui all’art. 350 c.p.c.;

avverso la sentenza d’appello, D.L.M. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

F.A. resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 165 e 347 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare l’intervenuta sanatoria della nullità della costituzione dell’appellante attraverso la mancata contestazione, da parte dell’appellata, della copia conforme all’originale (munita della relazione di notificazione) dell’atto di citazione in appello depositata in giudizio, con la conseguente piena possibilità per il giudice di appello di verificare la tempestività della costituzione dell’appellante;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 832 c.c., per avere il giudice di primo grado erroneamente distribuito tra le parti gli oneri probatori da assolvere ai fini della decisione della controversia sottoposta al suo esame;

il primo motivo è manifestamente infondato e suscettibile di assorbire la rilevanza della successiva censura;

osserva riguardo il Collegio come, nel dichiarare l’improcedibilità dell’appello proposto dal D.L., la corte territoriale si sia correttamente allineata all’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale la tempestiva costituzione dell’appellante con la copia dell’atto di citazione (c.d. velina) in luogo dell’originale non determina l’improcedibilità del gravame ai sensi dell’art. 348 c.p.c., comma 1, ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall’art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l’udienza di comparizione di cui all’art. 350 c.p.c., comma 2, mediante deposito dell’originale da parte dell’appellante, ovvero a seguito di costituzione dell’appellato che non contesti la conformità della copia all’originale (e semprechè dagli atti risulti il momento della notifica ai fini del rispetto del termine ex art. 347 c.p.c.), salva la possibilità per l’appellante di chiedere la remissione in termini ex art. 153 c.p.c. (o art. 184 bis c.p.c., ratione temporis applicabile) per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l’appello (Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, Rv. 640829 – 01);

nel caso di specie, avendo la corte territoriale espressamente evidenziato l’impossibilità di accertare dagli atti se la costituzione dell’appellante sia avvenuta tempestivamente (avendo rilevato la mancanza, in quelli, di alcuna menzione in ordine alla data di avvenuta notificazione dell’atto di appello, ai fini del controllo del rispetto del termine ex art. 347 c.p.c., a nulla rilevando, a tal fine, la mancata contestazione dell’appellato), deve ritenersi correttamente rilevata la consolidazione del vizio di costituzione dell’appellante e la conseguente improcedibilità dell’appello proposto;

sulla base di tali premesse, rilevata la manifesta infondatezza del primo motivo (assorbito il secondo), dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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