Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8016 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 01/04/2010, (ud. 27/11/2009, dep. 01/04/2010), n.8016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20557-2008 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LORENZO

IL MAGNIFICO 12 0, Scala B, interno 20, rappresentato e difeso

dall’avv. AGOSTINI OSCAR, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MOLINO di SAN GIOVANNI SPA (già cove Srl e Molino di San Giovanni

Srl) in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NEMORENSE 15, int. 16, scala

F, presso lo studio dell’avvocato RICCIO PIETRO, che la rappresenta e

difende, giusta procura speciale alle liti per atto notaio Alberto

Forte di Cento, in data 7.10.2009, n. rep. 464 95, che viene allegata

in atti;

– resistente –

e contro

CORTICELLA MOLINI E PASTIFICI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3 77/2 008 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 18.4.08, depositata il 28/04/2008;

udito per la resistente l’Avvocato Pietro Riccio che insiste per

l’inammissibilità del ricorso.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

che:

Con il ricorso sopra indicato è impugnata da L.G. la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria che, accogliendo in parte il gravame della Molino San Giovanni s.r.l..

condannava quest’ultima a pagare a L.G. determinate somme a titolo di indennità suppletiva di clientela e di indennità sostitutiva del preavviso, in relazione ad un rapporto di agenzia con lo stesso, e compensava per due terzi le spese processuali.

Il ricorso, in relazione alla data di pubblicazione della sentenza impugnata, è soggetto alle regole contenute nell’art. 366 bis c.p.c. introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

Il ricorso contiene 3 motivi. I primi due recano denunzia di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, unitamente a denunzia di vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, il terzo denunzia violazione dei minimi tariffali e degli artt. 91 e 92 c.p.c..

E’ ormai principio consolidato che in tema di ricorso per cassazione, secondo il cit. art. 366 bis cod. proc. civ., è necessaria, in base a quanto disposto dall’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto può implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. che ha introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte. (Cass. Sez. Un., 16 novembre 2007, n.. 23732).

Inoltre, sempre secondo il cit. art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Un, 1 ottobre 2007, n. 20603).

Nessuno dei motivi del ricorso soddisfa i requisiti sopraindicati, poichè manca tanto il quesito di diritto quanto il suo omologo sul piano motivazionale. Di conseguenza il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente alle spese in Euro 30,00 oltre ad Euro 2.000 per onorari, nonchè: IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

 

 

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