Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8014 del 21/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/03/2019, (ud. 26/02/2019, dep. 21/03/2019), n.8014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

R.R.R., elettivamente domiciliata in Palermo, via Dante

n. 58 presso l’Avv. Andrea Caronna che la rappresenta e difende per

procura a margine del controricorso con ricorso incidentale;

-controricorrente/ricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza n. 103/1/11 della Commissione

tributaria regionale della Sicilia, depositata il 23 giugno 2012;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 febbraio 2019 dal relatore Crucitti Roberta.

Fatto

RITENUTO

che:

l’Agenzia delle entrate ricorre, su tre motivi, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia, nella controversia relativa all’impugnazione di avviso di accertamento relativo a IVA, IRPEF e IRAP delle annualità 1999 e 2000, aveva ritenuto, accogliendone solo parzialmente l’appello, legittimo il solo accertamento relativo all’IVA, mentre aveva confermato, per il resto, la prima decisione (che aveva rideterminato i ricavi accertati applicando una percentuale di ricarico pari al 6%);

in particolare, il Giudice di appello riteneva corretta la prima decisione in ordine alla rideterminazione della percentuale di ricarico, perchè l’Ufficio non aveva tenuto conto della disomogeneità e parzialità dei prodotti venduti e di altre circostanze quali le fasi stagionali di particolari promozioni e dalla tipologia di vendita all’ingrosso eseguita dalla commerciante;

di contro, riteneva fondate le censure mosse dall’Ufficio solo in ordine all’IVA, rilevando come la maggiore imposta andasse calcolata in collegamento all’aumento del volume di affari e senza tenere conto dei presumibili costi, così come avviene, invece, in materia di IRPEF;

R.R.R. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato su unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività sollevata dalla controricorrente;

invero, il giorno 23 settembre 2012, correttamente individuato come giorno in cui sarebbe scaduto il termine cd. lungo per proporre l’impugnazione, cadeva di domenica, con conseguente slittamento al primo giorno utile, lunedì 24 settembre, data in cui il ricorso per cassazione è stato utilmente spedito per la notificazione;

con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove la Commissione tributaria regionale della Sicilia (d’ora in poi C.T.R.), malgrado l’appello proposto avverso il capo della sentenza, di primo grado, che aveva riconosciuto la deduzione dei costi relativi ai presunti ricavi anche per le imposte dirette, aveva totalmente omesso di pronunciarsi sul punto;

con il secondo motivo, nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che, con la conferma della sentenza di primo grado, la C.T.R. avesse implicitamente rigettato il motivo di appello, l’Agenzia delle entrate deduce il difetto assoluto di motivazione o di motivazione solo apparente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non ravvisandosi nella motivazione l’esposizione di alcuna ragione in ordine al rigetto del motivo di appello;

con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 4, laddove, nel merito, l’Ufficio aveva accertato i maggiori ricavi per differenza tra quanto emergeva dalle scritture contabili e quanto, invece, non era stato rinvenuto per mancanza fisica della merce, con la conseguenza, giacchè la merce non rinvenuta risultava già contabilizzata tra i costi dell’azienda, quale acquisto, dell’indeducibilità, anche ai fini delle imposte dirette, dei costi dei ricavi accertati;

la prima censura è infondata;

per costante insegnamento di questa Corte (v. tra le altre di recente Cass. n. 18491 del 12/07/2018; id n. 24155 del 13/10/2017) a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia;

nel caso in esame, dalla lettura della sentenza impugnata, nel suo tenore complessivo, emerge che il Giudice di appello abbia esaminato la domanda (rectie l’appello) proposto dall’Ufficio, nel suo complesso, giungendo alla decisione di un parziale accoglimento;

è, però, fondato il secondo motivo;

la C.T.R., infatti, non ha esplicitato le ragioni per cui ha ritenuto infondato il motivo di appello proposto dall’Agenzia delle entrate con riguardo all’indeducibilità dei costi anche per le imposte dirette, con sussistenza del vizio, come denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo previgente, ratione temporis applicabile al ricorso in esame;

il terzo motivo, presupponente l’accertamento in fatto omesso di cui al secondo motivo, rimane assorbito;

va, invece, dichiarato inammissibile l’unico motivo di ricorso incidentale con il quale è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 20 e 28 nonchè del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8;

invero, a fronte del silenzio della sentenza impugnata e della carenza di specificità sul punto del ricorso incidentale, la questione sollevata dal mezzo appare nuova e, come tale, inammissibile;

in conclusione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e dichiarato assorbito il terzo; dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Giudice del merito, in diversa composizione, perchè provveda al riesame, fornendo congrua motivazione, e regoli le spese processuali.

PQM

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il terzo;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

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