Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 801 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 14/01/2011), n.801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende per legge;

– ricorrenti –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

(Roma), Sez. 20, n. 111/20/05 del 17 giugno 2005, depositata il 7

settembre 2005, non notificata;

Udita la relazione svolta nella Pubblica udienza del 9 dicembre 2010

dal Cons. Raffaele Botta;

Udito l’avv. Alessandro De Stefano, per l’Avvocatura Generale dello

Stato;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del terzo e quarto

del ricorso, assorbiti i primi due.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione del silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione all’istanza di rimborso presentata dal contribuente in ordine alla ritenuta applicata dall’Alitalia all’atto della liquidazione del TFR. La Commissione adita rigettava il ricorso, ma la decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione con quattro motivi. Il contribuente non si è costituito.

Diritto

MOTIVAZIONE

Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Nel caso di specie l’appello era stato proposto nei confronti dell’Ufficio periferico di Roma (OMISSIS) dell’Agenzia delle Entrate (successore a titolo particolare del Ministero) e alcuna eccezione era stata sollevata sulla mancata partecipazione del dante causa, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, v. Cass. n. 3557/2005), estromesso implicitamente dal giudizio: con la conseguenza che la legittimazione attiva a proporre il ricorso per cassazione spettava alla sola Agenzia.

Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione contesta l’affermata sanabilità del dedotto vizio di notificazione dell’atto d’appello, del quale non sarebbe stata provata dal notificante l’avvenuta ricezione e restando irrilevante la costituzione dell’Ufficio appellato.

Il motivo non è fondato, alla luce del principio più volte ribadito da questa Corte secondo cui: “poichè lo scopo della notificazione degli atti di vocatio in ius è quello di attuare il principio del contraddittorio, tale finalità è raggiunta con la costituzione in giudizio del destinatario dell’atto, rimanendo conseguentemente sanato con effetto ex tunc qualsiasi eventuale vizio della notificazione stessa” (Cass. nn. 4399 del 1997; 10705 del 2000; 10495 del 2004: 15378 del 2006; 6957 del 2007).

Con il secondo motivo, l’amministrazione lamenta una omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di specificità dei motivi d’appello.

Il motivo è inammissibile, non essendo in proposito il ricorso auto sufficiente, perchè ivi non è riportato sia il contenuto dell’atto difensivo nel quale la predetta eccezione sarebbe stata sollevata, sia il contenuto dell’atto d’appello al fine di valutarne l’eccepita non specificità dei motivi.

Con il terzo motivo, l’amministrazione lamenta che il giudice di merito abbia deciso sulla base di nuove prove inammissibilmente prodotte in appello.

Il motivo è infondato in quanto “nel processo tributario regolato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, atteggiantesi come tipico procedimento documentale, alla luce del fondamentale principio di specialità fatto salvo dall’art. 1 – in forza del quale nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria prevale quest’ultima -, non può trasferirsi ioni court l’esegesi, in tema di produzione di documenti in appello, dell’art. 345 cod. proc. civ., comma 3, nel senso che tale disposizione fissa sul piano generale il principio dell’inammissibilità dei “nuovi mezzi di prova” e, quindi, anche delle produzioni documentali. L’art. 58 del nuovo processo tributario, infatti, oltre a consentire al giudice d’appello di valutare la possibilità di disporre “nuove prove” (comma 1), fa espressamente “salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti” (comma 2)” (Cass. n. 3611 del 2006; v.

anche Cass. nn. 21980 del 2009; 1915 del 2007).

Con il quarto motivo di ricorso, l’amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 14, come modificato dalla L. n. 482 del 1985, art. 2, per aver erroneamente il giudice di merito escluso dal calcolo ai fini della tassazione i ratei della 13^ e 14^ mensilità.

Il motivo è fondato in ragione del principio affermato da questa Corte secondo cui “In tema di IRPEF, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 14, come modificato dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 2, comma 3, il trattamento di fine rapporto, ai fini della determinazione dell’aliquota applicabile, per il lavoro dipendente prestato in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 29 maggio 1982, n. 297, deve essere calcolato, per ciascun anno preso a base di commisurazione, in misura pari non già ad una mensilità della paga base riferita ad un mese di prestazione, ma ad un dodicesimo dell’intera retribuzione globale di fatto percepita nell’anno, comprensiva di ogni elemento retributivo aggiuntivo a carattere continuativo (e quindi anche della tredicesima e della quattordicesima mensilità): tale disposizione, la quale non impedisce di provare che nel regime previgente la normativa contrattuale di settore escludesse i predetti elementi dal calcolo dell’indennità di anzianità, costituisce infatti la traduzione sul piano tributario dei criteri applicati in materia giuslavoristica a seguito della riformulazione dell’art. 2120 cod. civ., da parte della citata L. n. 297 del 1982, la quale ha uniformato la determinazione del trattamento di fine rapporto per tutte le categorie di lavoratori dipendenti del settore privato” (Cass. n. 9000 del 2007).

Deve essere, pertanto, accolto il quarto motivo di ricorso, rigettati i restanti, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

La formazione dei principi enunciati in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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