Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8009 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 21/04/2020), n.8009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32766/2018 proposto da:

O.K., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), rappresentato

e difeso dall’avv. D. Verlato, giusta procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 553/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 da SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

La Corte d’Appello di Bologna ha respinto il gravame proposto da O.K. alias O.K. cittadino nigeriano (Delta State), avverso l’ordinanza del tribunale di Bologna che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di essere omossessuale e di avere avuto una relazione con un uomo che aveva conosciuto a una festa e che si era protratta per più di un anno, finchè temendo di essere scoperto dalla polizia in casa di questi, era fuggito dal retro per non vedersi mai più con il compagno. Quindi, era prima scappato da un amico, poi in Libia dove aveva lavorato per 2 anni in un autolavaggio e successivamente si era imbarcato per l’Italia.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (1) sotto un primo profilo, per violazione di legge, in particolare, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo all’esame del richiedente asilo e alla valutazione del materiale istruttorio utilizzato, per non essere state acquisite d’ufficio le informazioni necessarie per integrare gli elementi istruttori che non erano stati offerti dal richiedente, in quanto erroneamente, quest’ultimo non è stato ritenuto credibile; (2) sotto un secondo profilo, per il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ed oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sulle richieste, contenute nel ricorso di primo grado e nell’atto di appello, di concessione di un permesso per protezione internazionale ovvero per protezione sussidiaria o per motivi umanitari, nonchè per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, non avendo tenuto conto della reale situazione del paese d’origine sulla base di una valutazione imparziale di tutte le risultanze istruttorie.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto, non è stata censurata adeguatamente la ratio decidendi sul giudizio di non credibilità (vedi foglio 12 nelle prime righe), inoltre, la Corte d’appello ha accertato, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, sulla base delle fonti informative indicate (sito ministeriale “viaggiare sicuri”, v. p. 6)), che nella zona di provenienza del ricorrente, non vi è conflitto al livello di guerra civile, nè violenza indiscriminata, tale da costituire grave pericolo di vita qualora il ricorrente dovesse tornare nel proprio paese. Mentre, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dalla Corte d’appello che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

Il secondo motivo, in disparte il profilo di violazione di cui all’art. 348 ter c.p.c., che non consente di dedurre il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, in presenza di una doppia decisione conforme sugli stessi fatti, è, comunque, inammissibile, in quanto propone censure di merito sulla valutazione del materiale istruttorio non consentite nel giudizio di legittimità (Cass. ord. n. 27000/16, 11892/16), nè sono stati riportati i fatti dedotti nei precedenti gradi (art. 366 c.p.p., comma 1, n. 6), la cui valutazione sarebbe stata omessa.

La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso il Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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