Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8008 del 28/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/03/2017, (ud. 23/02/2017, dep.28/03/2017),  n. 8008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29139-2015 proposto da:

U.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE AMERICA

125, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MAURO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.L.M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

A. EMO 144, presso STUDIO LEGALE COMMERCIALE SORRENTINO,

rappresentata e difesa dagli avvocati TULLIO MAUTONE e MARCELLO DI

MATTEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4456/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

1. che la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado la quale, in accoglimento della domanda proposta dalla ricorrente A.M.F.L., aveva condannato U.L. al pagamento della complessiva somma di Euro 13.230,00 a titolo di differenze retributive, 13^ mensilità, festività e trattamento di fine rapporto, scaturenti dal pregresso rapporto di lavoro domestico;

1.2 che, per quel che ancora rileva, la decisione di appello è stata fondata sulla considerazione che, pur rispondendo al vero l’assunto dell’appellante U. in merito alla circostanza che la sentenza di primo grado aveva (parzialmente) accolto la domanda attorea richiamando una prova orale in realtà mai espletata, il giudice di prime cure aveva fatto altresì riferimento anche alla genericità della contestazione della parte convenuta rispetto alle difese spiegate dalla lavoratrice; che, effettivamente, la comparsa di costituzione di primo grado dell’ U. si era limitata a contrastare la pretesa attorea esclusivamente sulla base delle avvenute conciliazioni in sede sindacale per determinati periodi lavorativi e sulla anticipazione del tfr con quietanza a saldo dell’ A. medesima, assumendosi una piena consapevolezza nell’ A. di transigere sui propri diritti; che in merito al valore transattivo dei documenti allegati dall’ U., dai medesimi non era dato evincere alcuna volontà abdicativa della lavoratrice; che gli importi che questa risultava avere percepito sulla base della documentazione allegata erano infatti stati detratti dai conteggi depositati con il ricorso di primo grado, come evincebile dalla circostanza che alcuna somma era stata richiesta a titolo di ferie, godute e non, di vitto e alloggio e di indennità di mancato preavviso mentre l’importo di 208,18 richiesto a titolo di tfr risultava piuttosto esiguo anche in considerazione del fatto che l’ A. aveva riconosciuto di avere ricevuto quello ben superiore di Euro. 15.413,96;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso U.L. sulla base di un unico motivo;

3. che la parte intimata ha depositato tempestivo controricorso;

4. che U.L., personalmente, ha depositato uno scritto con il quale ha chiesto, tra l’altro, di essere sentito dal Collegio;

Considerato:

5. che preliminarmente occorre evidenziare che la prima parte del ricorso per cassazione (da pag. 2 a pag. 9) deve intendersi evidentemente riproduttiva dei motivi spiegati con l’atto di appello (come reso palese, del resto, dal richiamo all’istanza di sospensione dell’esecuzione ex art. 431 c.p.c.), atteso che le censure svolte investono esclusivamente il decisum di primo grado senza confrontarsi con la sentenza di appello;

6. che con l’unico motivo di ricorso per cassazione (da identificarsi in quello di cui a pag. 9) parte ricorrente, deducendo “omesso o non corretto esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti”, ha censurato la decisione sul rilievo che la circostanza del mancato espletamento della prova orale in primo grado avrebbe dovuto essere oggetto di analisi più approfondita da parte del giudice di appello, alla luce del disposto dell’art. 2967 c.c. che impone all’attore l’onere della prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere; ha, inoltre, contestato la valutazione della prova documentale e sostenuto che dalla medesima risultava evidente la volontà abdicativa della lavoratrice, anche in relazione al fatto che i conteggi erano stati predisposti dal sindacato; si è, inoltre, doluto che non era stato chiarito il criterio in base al quale era stato determinato l’importo attribuito, che non era stata verificata la autenticità delle firme apposte ai documenti e che uno di questi era stato erroneamente ritenuto non sottoscritto dalla lavoratrice;

6.1 che il motivo di ricorso è articolato con modalità inidonee a consentire la delibazione nel merito delle censure svolte;

6.2 che, innanzitutto, come eccepito da parte controricorrente, non risulta rispettato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione per essere del tutto carente l’esposizione del fatto processuale in relazione al giudizio di primo grado; parte ricorrente omette, infatti, ogni riferimento al contenuto del ricorso di primo grado, alla memoria di costituzione del convenuto ed allo stesso svolgersi della vicenda processuale in tale fase di merito;

6.3 che ulteriore profilo di inammissibilità (v. Cass. n. 14216 del 2013; n. 23536 del 2013, n. 23069 del 2013) si rinviene nella circostanza che parte ricorrente, laddove si duole della erronea valutazione dei documenti prodotti nelle fasi di merito, omette, in violazione dell’onere posto a suo carico dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (v. tra le altre, Cass. n. 26174 del 2014, n. 2861 del 2014, n. 2427 del 2014, n. 2966 del 2011), di trascrivere o riassumere il relativo contenuto e di indicare in quale fase processuale ed in quale fascicolo tali documenti risultano reperibili al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. n. 761 del 2014, n. 24448 del 2013, n. 22517 del 2013);

6.4 che la deduzione del vizio di motivazione non risulta coerente con l’attuale configurazione del motivo di ricorso per cassazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 alla stregua della lettura datane dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. n. 18053 del 2014), in quanto parte ricorrente omette del tutto di individuare il fatto, di rilevanza decisiva ed oggetto di discussione tra le parti, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello;

6. che nell’ambito del giudizio di cassazione non è contemplata la possibilità di sentire le parti personalmente, come richiesto dal ricorrente;

7. che a tanto consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

8. che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge. Con distrazione in favore degli Avv.ti Tullio Mautone e Marcello Di Matteo, antistatari.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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