Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8007 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. II, 07/04/2011, (ud. 01/03/2011, dep. 07/04/2011), n.8007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al n.r.g. 22208/05) proposto da:

– Cooperativa Edificatrice SOLE MARE a r.l.- (c.f. (OMISSIS)) in

persona del legale rappresentante pro tempore D.M.;

rappresentata e difesa dagli avv.ti Berfetti Franco del Foro di Massa

e D’Agostino Nicola del Foro di Roma; elettivamente domiciliata

presso lo studio del secondo in Roma, via G. Antonelli n. 47, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

– Fallimento R.R.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 587, dep.ta il

3/08/2004;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

01/03/2011 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore,

Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Massa, accogliendo il ricorso di R.U., titolare dell’omonima impresa edile, ingiunse alla Cooperativa Mare Sole di pagare L. 261.252.487 quale residuo corrispettivo di un contratto di appalto per l’edificazione di numerose villette;

l’ingiunta propose opposizione sostenendo: che gli immobili non erano stati consegnati nè ultimati e che presentavano plurimi difetti; che oltretutto vi sarebbero stati anche errori di conteggio; in via riconvenzionale chiese che il R. fosse condannato a restituire quanto ricevuto in più, una volta computato il minor valore delle opere eseguite e che fosse portata in detrazione – sull’importo ancora eventualmente dovuto- la cd. trattenuta a garanzia.

Interrotto il giudizio per l’intervenuto fallimento dell’impresa individuale e riassunta la causa nei confronti della Curatela, il Tribunale, pronunziando sentenza 411/2001, avendo accertato il dovuto in misura inferiore a quanto ingiunto, revocò il decreto e condannò la Cooperativa a pagare in favore del Fallimento L. 103.349.330 oltre IVA, accessori e spese di lite.

La Corte d’Appello di Genova, pronunziando sentenza n. 587/2004, accolse in parte l’impugnazione della Cooperativa, riducendo la somma capitale al cui versamento l’appellante era comunque condannata e del pari diminuì gli importi per spese di lite del giudizio di primo grado.

La Corte territoriale pervenne a tale decisione osservando: che non potevano essere conteggiati a credito dell’appellante nè ulteriori versamenti asseritamente corrisposte dopo l’8 maggio 1986 nè un preteso riconoscimento del debito redatto nell’apparente data del 10 aprile 1986; che sui lamentati ritardi nella consegna delle opere avrebbero inciso sia l’affidamento di lavori extracontratto sia l’insorgenza di contestazioni – da valutare come eccezioni ex art. 1460 cod. civ.- in merito alla tempestività dei pagamenti da parte della Cooperativa ed all’esistenza di ordinanze sindacali di sospensione dei lavori per irregolarità edilizie del medesimi; che i vizi e le difformità nell’esecuzione delle opere, pur se riconosciuti genericamente esistenti da apposita consulenza tecnica, tuttavia non avrebbero potuto formare oggetto di più specifica indagine da parte dell’ausiliare; sia per l’atteggiamento poco collaborativo da parte dei soci della Cooperativa nell’agevolare l’ispezione dei luoghi sia per il lungo tempo trascorso tra detto accertamento e la consegna delle villette; sia infine perchè gli immobili sarebbero stati consegnati a prescindere dalla verifica e del collaudo – pur se contrattualmente previsti- così concretizzando per facta concludentia un’accettazione senza riserve; che per i lavori consegnati successivamente non vi sarebbe stata prova della tempestività della denunzia dei vizi – quasi tutti comunque riconoscibili ; che solo parzialmente potevano essere riconosciute in detrazione le somme versate per lavori appaltati al R. ma eseguiti in regime di sub-appalto.

La Cooperativa ha proposto ricorso in cassazione affidandolo a due motivi; il Fallimento non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo la ricorrente lamenta la “violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per aver il Giudice oltrepassato i limiti della domanda in riferimento al documento datato 10/04/2004; violazione comunque dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per insufficiente e contraddicono, motivazione circa la non inclusione del contenuto del documento datato 10/04/86 nella fattura finale n. (OMISSIS)” rilevando che la Corte distrettuale non avrebbe correttamente valutato i documenti contabili, non computando nelle somme ancora dovute secondo la fattura finale n. (OMISSIS), un precedente riconoscimento di debito per L. 78.175.390 di essa appaltante per il sol fatto di non aver rivenuto fatture di pari importo che ad esso potessero riferirsi:

così operando peraltro il giudice dell’appello avrebbe altresì vulnerato l’intangibilità del giudicato formatosi sul punto in forza della sentenza di primo grado che, al contrario, aveva ritenuto che l’indicata fattura fosse comprensiva – perchè posteriore dell’importo del riconoscimento del debito.

Il motivo non è ammissibile sotto molteplici aspetti.

2 – Risulta innanzi tutto violato il principio di autosufficienza del ricorso in quanto non viene riportato il contenuto dei documenti richiamati, rendendo impossibile per la Corte una delibazione del senso complessivo della censura; in secondo luogo non è riscontrabile il dedotto vizio di ultrapetizione – o di violazione della preclusione da giudicato, come dedotto congiuntamente nel ricorso- in quanto la ricorrente omette di considerare che il giudice dell’appello si pronunziò su uno specifico motivo di gravame attinente proprio all’oggetto della pretesa preclusione – per come emerge dalla lettura dei foll 8/9 della sentenza: (“…che quanto poi al documento manoscritto in data 10/04/1986, non può condividersi la tesi per cui lo stesso, essendo stato redatto prima della fattura (OMISSIS), deve intendersi in esso ricompreso)- in terzo luogo il giudice dell’appello, in via di pregiudizialità logica, negò la possibilità di utilizzare la scrittura del 10 aprile 1986, a causa della contestazione della corrispondenza della fotocopia all’originale, giusta il rilievo avanzato dal R. mediante il deposito del presunto originale (così a fol 9 della gravata decisione), così dunque ponendo a base della propria decisione una argomentazione idonea, da sola, a sorreggere la motivazione.

3 – Inammissibile è poi la censura che lamenta la sussistenza del vizio di motivazione in quanto essa, in presenza di argomentazione congrua e non contraddittoria nei suoi passaggi logici, non consente una ulteriore delibazione del materiale probatorio – ripetesi: solo genericamente richiamato nel ricorso – in modo difforme da quello operato dal giudice dell’appello.

4 – Con il secondo motivo la ricorrente Cooperativa lamenta la “Violazione art. 1667 c.c., comma 1, 2 e 3, e art. 201 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per insufficiente e contraddittoria motivazione circa la ritenuta decadenza dalla denuncia dei vizi e l’impossibilità della loro quantificazione” assumendo che erroneamente il giudice del gravame avrebbe ritenuto che, con la consegna delle villette, vi sarebbe stata l’implicita rinunzia a denunziare vizi riscontrati nella loro realizzazione e che comunque la presa in consegna dell’opera appaltata non avrebbe potuto rivestire anche il significato di accettazione senza riserve del lavoro eseguito.

5 – Anche questo motivo è inidoneo a permettere uno scrutinio da parte della Corte sul processo logico seguito dal giudice dell’appello, atteso che la doglianza si basa sull’esame di documenti non richiamati per esteso , così nuovamente violando il principio di autosufficienza del ricorso e inducendo un non consentito esame del merito da parte di questa Corte.

5/a – In secondo luogo la violazione dell’art. 201 c.p.c., in cui sarebbe incorso il giudice dell’appello, non è minimamente argomentata;

5/b – Se dunque può darsi atto della non condivisibilità del principio enunziato dal giudice del merito circa l’equiparazione tra presa in carico dell’opera appaltata e accettazione della medesima – e quindi circa la ritenuta tacita rinunzia a far valere i vizi- sfugge all’esame della Corte ogni conseguenza che da esso poteva trarsi, atteso che il giudice dell’appello sostenne la propria decisione di escludere la valutabilità dei vizi, soprattutto ed in primo luogo in base alla non accertabilità dei medesimi, sia per la condotta della Cooperativa e degli assegnatati – che non avrebbero permesso il compiuto espletamento dell’incarico del CTU – sia per la pratica inutilità di far eseguire una nuova consulenza.

5/c – Ne deriva che, in presenza di un’argomentazione da sola idonea a sorreggere il rigetto della specifica domanda – non oggetto di censura in questa fase di giudizio -, la pur non corretta affermazione del principio di diritto ne veniva ad essere assorbita.

6 – Il ricorso va respinto senza onere di spese, non avendo l’intimato Fallimento svolto difese.

P.Q.M.

LA CORTE Respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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