Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8001 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. II, 07/04/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 07/04/2011), n.8001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20370-2005 proposto da:

R.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 33, presso lo studio

dell’avvocato VIGNOLI PAOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato

MAGARO’ GIUSEPPE;

– ricorrente –

e contro

RO.FL.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1117/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato Magarò Giuseppe difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi ed insiste sull’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso, nel merito,

in subordine l’accoglimento del primo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 23/9/2000 R.G. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Torino, Ro.

F. per sentire dichiarare:

in principalità la nullità della compravendita, avvenuta nel 1992, di un immobile da lui trasferito alla Ro. per consentirle di apparire proprietaria del bene di fronte agli enti eroganti credito al di lei marito onde rassicurarli sulla capienza della moglie che prestava garanzia personale; assumeva che la vendita sarebbe avvenuta senza il pagamento di alcun corrispettivo;

– in via subordinata l’obbligo di ritrasferimento e la sentenza costitutiva dell’effetto traslativo in luogo del contratto non concluso in quanto il trasferimento sarebbe avvenuto in forza di un pactum fiduciae;

in via di ulteriore subordine, per il caso d impossibilità del ritrasferimento, la condanna ai risarcimento del danno e in via di estremo subordine, la condanna all’indennizzo pari a L. 120.000.000 corrispondente ai prezzo dichiarato in atto, a titolo di ingiustificato arricchimento.

La convenuta si costituiva, negava l’esistenza di un pactum fiduciae,contestava i dedotti profili di nullità del contratto e chiedeva il rigetto delle domande attoree..

Con sentenza in data 8/11/2001 il Tribunale di Torino respingeva le domande proposte dal R. osservando che il mancato pagamento del prezzo, anche ove dimostrato, atteneva all’inadempimento del compratore e non alla validità del contratto e, quanto al preteso inadempimento del pactum fiduciae, per la mancanza di prova scritta del patto, necessaria in applicazione analogica degli artt. 1350 e 1351 c.c..

Il R. interponeva appello che era dichiarato inammissibile dalla Corte di Appello di Torino per mancanza di specificità dei motivi di appello in quanto, secondo quel giudice, l’impugnazione era carente di un raffronto tra le ragioni di doglianza esposte nei motivi di appello e la ratio decidendi della sentenza appellata che aveva applicato i principi enunciaci dalla Cassazione con sentenze n. 9489/2000 e n. 5560/2001 sui quali era mancata la specifica e pertinente doglianza.

Il R. ricorre per Cassazione sulla base di due motivi: con il primo deduce insieme la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e con il secondo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1350 e 1351 c.c. e dell’art. 12 preleggi e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. L’intimato non si è costituito e il R. ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. con riferimento alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, pronunciata dalla Corte territoriale per pretesa mancanza del requisito della specificità dei motivi.

Il contenuto dell’atto di appello è trascritto nella sentenza appellata e anche nel ricorso per Cassazione; dal tenore dell’atto emerge con sufficiente chiarezza che L’appellante si doleva del fatto che le proprie domande fossero state respinte dal giudice di prime cure sulla base dell’affermazione per la quale il dedotte pactum fiduciae, riguardando un bene immobile, avrebbe dovuto rivestire la forma scritta ad substantiam; affermava che avrebbe potuto essere provata senza alcuna limitazione legale la mancanza di corresponsione del prezzo di vendita.

Sotto quest’ultimo profilo, il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che il mancato pagamento del prezzo non comporterebbe nullità del contratto ma semplice inadempimento dell’acquirente e che, comunque, le affermazioni della convenuta Ro., rese in sede di libero interrogatorio, non escludevano che un prezzo fosse corrisposto.

Sotto il primo profilo, relativo alla censura della statuizione per a quale era stata ritenuta necessaria La forma scritta per il pactum fiduciae, effettivamente la doglianza era sufficientemente specifica e tale da non consentire una declaratoria di inammissibilità che consegue solo quando per il difetto di specificità si determina una carenza delle condizioni indispensabili per una decisione nel merito (cfr. Cass. S.U. n. 16 del 2000).

Pertanto la sentenza deve essere cassata, ma con una pronuncia di cassazione cd. sostitutiva.

Ritiene infatti questa Corte che ricorrano tutte le condizioni per una decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c..

La norma di cui all’art. 384 cod. proc. civ. preclude alla Corte di cassazione di pervenire alla decisione nel merito allorchè vi siano ulteriori fatti da accertare, ma non ne inibisce la valutazione quando, come nella fattispecie, i fatti siano stati già tutti accertati o non siano contestati e non ve ne siano altri, ancora da accertare, suscettibili di poter essere apprezzati o perchè mancano o perchè la facoltà di domandarne l’accertamento è impedita alle parti dalle preclusioni in cui siano incorse.

Alla luce della domanda proposta in giudizio, onere dell’attore era quello di dimostrare l’esistenza del ‘accordo scritto fiduciario, che aveva preceduto o accompagnato la stipula del contratto di acquisto, con l’assunzione, da parte del fiduciario, dell’obbligo di retrocessione al fiduciante del bene immobile. Questa Corte sia già avuto modo di affermare – e tale giurisprudenza si condivide e qui si conferma – che il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da quest’ultimo designato, richiede, allorchè riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo (Cass. 29/5/1993 n. 6(324;

Cass. 19/7/2000 n. 9489).

Nel caso concreto essendo incontroverso che il patto fiduciario sul quale l’attore fonda la sua pretesa, avrebbe avute ad oggetto la retrocessicene di un bene immobile ed essendo patimenti pacifico che nessun’altra prova è offerta se non la prova orale, nessun altro accertamento si rende necessario, nè è richiesto e occorre semplicemente prendere atto che la prova del pactum fiduciae non sussiste.

Il giudice di primo grado ha fatto corretta applicazione di questi principi che devono ritenersi consolidati e, pertanto, in mancanza della forma scritta del dedotto e indimostrato pactum fiduciae, l’appello, fondato sulla sola deduzione per la quale potevano essere ammesse prove testimoniali del pactum fiduciae, deve essere respinto, anche con riferimento alla pretesa nullità del contratto di compravendita per mancata corresponsione del prezzo, posto che, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, la mancata corresponsione del prezzo integra inadempimento e non nullità;

soltanto ad abundantiam si osserva che se l’attore avesse voluto affermare che le parti del contratto si erano accordate perchè non dovesse essere pagato alcun prezzo, trattandosi di trasferimento simulato, non avrebbe comunque potuto essere provata per testi (comunque non risultano deduzioni istruttorie in atto di appello) la simulazione per il divieto di cui all’art. 1417 c.c..

Tenuto conto che l’intimato non si è costituito, che il ricorrente è soccombente quanto all’esito complessivo del giudizio, ma che il ricorso è stato accolto seppur limitatamente al primo motivo e si è reso necessario per la nullità della sentenza di appello che non ha deciso sul gravame, possono compensarsi le spese del presente giudizio di Cassazione e quelle del giudizio del grado di appello.

P.Q.M.

La Corte cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., rigetta l’appello e dichiara compensate le spese del presente giudizio e quelle del grado di appello.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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