Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 800 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 13/01/2017, (ud. 26/10/2016, dep.13/01/2017),  n. 800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11935-2014 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO

MARESCA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FULCIERI PAULUCCI DE’ CALBOLI 54, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO PAPANDREA, rappresentato e difeso

dall’avvocato NUNZIO LUCIANO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 12/03/2014 R.G.N. 270/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega orale Avvocato MARESCA

ARTURO;

udito l’Avvocato PAPANDREA FRANCESCO per delega Avvocato NUNZIO

LUCIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso con

rinvio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 12.3.14 la Corte d’appello di Campobasso rigettava il gravame di Poste Italiane S.p.A. contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che, dichiarato illegittimo il licenziamento disciplinare intimato il 6.7.07 ad S.A., la aveva condannata a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, con le conseguenze economiche di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18.

Tale licenziamento disciplinare era stato intimato a cagione del rifiuto del dipendente di riprendere servizio in una sede ((OMISSIS)) diversa da quella ((OMISSIS)) presso la quale era stato ordinato il ripristino del rapporto di lavoro da altra precedente sentenza (n. 46/2007 del Tribunale di Campobasso) sul presupposto della nullità del termine a suo tempo pattuito nel contratto di lavoro stipulato fra le stesse parti per il periodo 4.6-30.9.2001.

Per la cassazione della sentenza della Corte di merito ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a sei motivi.

S.A. resiste con controricorso.

Le parti depositano memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2697 c.c., dell’Accordo Quadro 29.7.04 e dell’art. 37 CCNL del 2003, atteso che il datore di lavoro, anche in presenza d’un ordine giudiziale di reintegra o di riammissione in servizio del lavoratore, conserva il diritto di disporne ex art. 2103 c.c. il trasferimento altrove ove ne sussistano ragioni tecnico-produttive; nel caso di specie – prosegue il ricorso – la società aveva comunicato al Centro per l’Impiego di Campobasso che S.A. era comunque assunto a tempo indeterminato a (OMISSIS), ma in forza di apposita procedura prevista dal cit. Accordo Quadro era stata verificata l’assenza di posti disponibili in tale sede (eccedentaria dal punto di vista del personale impiegatovi), di guisa che la società aveva disposto il trasferimento del lavoratore a (OMISSIS). Pertanto, il dipendente non poteva sollevare l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e rifiutare il trasferimento.

1.2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416 e 112 c.p.c., avendo la Corte territoriale respinto l’appello di Poste Italiane nonostante che S.A. non avesse contestato i dati, offerti dalla società, relativi alle sedi disponibili e a quelle eccedentarie.

1.3. Il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’Accordo Quadro 29.7.04 e del verbale di accordo del 15.10.04, che – sostiene la ricorrente – non hanno natura dispositiva dei diritti del lavoratore, ma semplicemente regolamentano le modalità di esercizio del potere datoriale di procedere al trasferimento dei propri dipendenti.

1.4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1460, 2104 e 2105 c.c. e dell’art. 51 CCNL del 2003, per avere la sentenza impugnata considerato giustificata l’eccezione di inadempimento sollevata dal lavoratore a fronte della sua destinazione a (OMISSIS), vuoi perchè la società non era stata inadempiente (ma si era limitata ad esercitare il proprio potere organizzativo), vuoi perchè, comunque, ove mai si fosse ravvisato un inadempimento datoriale, la reazione del lavoratore sarebbe stata sproporzionata.

1.5. Con il quinto motivo ci si duole di violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di pronunciarsi sulle istanze istruttorie avanzate da Poste Italiane.

1.6. Con il sesto motivo si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui l’impugnata sentenza non si è pronunciata sulle eccezioni di aliunde perceptum e percipiendum e sulla richiesta di convertire il licenziamento, intimato per giusta causa, in uno per giustificato motivo soggettivo.

2.1. Il primo motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa S.C. (cfr., ex aliis, Cass. n. 11927/13; Cass. n. 27844/09; Cass. n. 14142/02; Cass. n. 12123/02) l’ottemperanza del datore di lavoro all’ordine giudiziale di reintegrazione implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente illegittimamente licenziato, la cui riammissione in servizio deve quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie. E’, però, possibile per il datore di lavoro disporne il successivo trasferimento ad altra unità produttiva, purchè ciò sia giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

Ne consegue che il trasferimento del lavoratore al di fuori di tali condizioni, integrando un inadempimento contrattuale da parte del datore di lavoro, è nullo e giustifica, sia quale attuazione dell’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c. sia in considerazione dell’inidoneità a produrre effetti da parte degli atti nulli, il rifiuto del dipendente di assumere servizio nella sede diversa cui sia stato destinato.

D’altronde – è appena il caso di aggiungere – reintegrare un dipendente nel posto di lavoro non si esaurisce nel mero reiscriverne il nominativo nel libro unico del lavoro (LUL), ma nel farlo tornare nella postazione di lavoro, all’interno dell’azienda, che ricopriva prima di essere licenziato.

Ciò detto, dalla sentenza impugnata non risultano i necessari accertamenti affinchè possa valutarsi come legittima o meno l’eccezione di inadempimento sollevata dall’odierno controricorrente.

Tali accertamenti riguardano: l’essere stato S.A. inizialmente riammesso (come sostiene Poste Italiane) o non presso la sede di (OMISSIS) e il ricorrere o meno della prova delle ragioni tecniche, organizzative e produttive del suo successivo trasferimento a (OMISSIS).

In assenza di tali verifiche non è possibile stabilire a priori – come, invece, ha fatto la sentenza impugnata – la legittimità o l’illegittimità della condotta aziendale e, di conseguenza, l’illegittimità o la legittimità dell’eccezione di inadempimento sollevata ex art. 1460 c.c. dal lavoratore.

2.2. L’accoglimento del primo motivo assorbe la disamina delle restanti censure.

3.1. In conclusione, va accolto il primo motivo, con assorbimento delle restanti censure. Per l’effetto, si cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari, che dovrà accertare se S.A. era stato materialmente riammesso nell’originario posto di lavoro di (OMISSIS) e, in caso di risposta affermativa, se il suo successivo trasferimento a (OMISSIS) era assistito da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.

PQM

LA CORTE

accoglie il primo motivo, dichiara assorbite le restanti censure, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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