Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7999 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 21/04/2020), n.7999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34716/2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio

dell’avvocato Savini Simon e rappresentato e difeso dall’avvocato

Cerulli Berardo, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1353/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1353/2018 depositata il 11-07-2018 la Corte di Appello di Ancona ha respinto l’appello proposto da D.A., cittadino del Guinea, avverso la sentenza del Tribunale di Ancona che la rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte d’appello ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè minacciato di morte e ritorsioni da alcune persone che avevano spogliato la sua famiglia di un terreno che coltivava. La Corte d’appello ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Guinea, descritta nella sentenza impugnata, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione della legge, in particolare dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e), artt. 3, 4, 5, 7 e 8; Violazione o falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 – Vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”. Si duole il ricorrente dell’erronea valutazione della situazione dal medesimo allegata da parte della Corte d’appello, che non aveva tenuto conto delle minacce di morte subite e del fatto che suo padre era rimasto ucciso nell’incendio provocato dai suoi persecutori. Censura il giudizio di non credibilità e quello sulla natura privata delle vicende narrate, assumendo che la motivazione sia meramente apparente. Deduce che la Corte d’appello non ha compiuto accertamenti istruttori ufficiosi sulla corruzione della polizia, che favoriva etnie fedeli al governo ed avverse al clan a cui apparteneva il ricorrente.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione e/o falsa applicazione della legge, in particolare del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); Violazione e falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 251 del 2007: art. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5. Violazione o falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 – Vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5”. Denuncia la violazione delle norme indicate in rubrica, per avere la Corte d’appello trascurato di valutare la situazione destabilizzante di violenza pervasiva e di conflitto tra le opposte fazioni, senza effettuare un esame alla luce di informazioni aggiornate sulla Guinea. Si duole del mancato autonomo esame delle sue dichiarazioni secondo i parametri normativi di riferimento e del mancato espletamento del dovere di cooperazione istruttoria da parte della Corte territoriale. Richiama pronunce di merito che attestano l’esistenza in Guinea di una situazione di conflitto interno e di totale instabilità politica.

3. Con il terzo motivo lamenta “Violazione e/o falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 286 del 1998 art. 5, comma 6 e art. 19 – Vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”. Adduce che la Corte territoriale erroneamente non ha riconosciuto la protezione umanitaria, nonostante l’estrema vulnerabilità del ricorrente, sia in ragione dell’oggettiva instabilità politica e sociale della Guinea, sia per il rischio alla sua incolumità e per le difficoltà di un nuovo radicamento nel Paese di origine, da cui manca da anni.

4. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

4.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, in base ai parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c) deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che fa vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. n. 21142/2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Anche la valutazione sulla situazione del Paese di origine, rilevante ai fini della concessione della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) si risolve in un accertamento di fatto, censurabile nei limiti di cui si è detto (Cass. n. 30105/2018).

4.2. Nel caso di specie, il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità e alla situazione generale del Paese di origine, inammissibilmente difforme da quella accertata nei giudizi di merito.

La Corte territoriale ha evidenziato plurime incongruenze e contraddizioni del racconto del ricorrente (pag.n. 7 e 8 della sentenza impugnata). Inoltre la Corte d’appello, con motivazione adeguata (Cass. S.U. n. 8053/2014) ed indicando le fonti di conoscenza, ha analizzato la situazione politica del Paese ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente, così compiutamente adempiendo al dovere di cooperazione istruttoria ufficiosa.

Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e b) D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Non vi è infatti ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

5. Il terzo motivo, relativo al diniego della protezione umanitaria, è inammissibile.

5.1. I Giudici di merito hanno motivatamente escluso la sussistenza di fattori soggettivi e oggettivi di vulnerabilità del ricorrente, il quale si limita a richiamare, genericamente, la normativa di riferimento, la durata del periodo trascorso in Italia e la condizione generale del suo Paese, fornendo, quanto a quest’ultima, inammissibilmente, una ricostruzione fattuale diversa da quella descritta nella sentenza impugnata. Il ricorrente rimarca, inoltre, il fattore della sua integrazione nel territorio italiano, che, tuttavia, diventa recessivo, in assenza di vulnerabilità (Cass. n. 4455/2018).

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Ministero.

7. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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