Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7999 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, (ud. 22/02/2010, dep. 01/04/2010), n.7999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 297-2006 proposto da:

BRUNAMONTI DOMENICO & C. SNC IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona

del liquidatore B.D., elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA DELLE IRIS 18, presso lo studio dell’avvocato DE

GIOVANNI FILIPPO, che la rappresenta e difende giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE E.N.P.A.M. ENTE NAZIONALE PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI

MEDICI E DEGLI ODONTOIATRI (già E.N.P.A.M. ENTE NAZIONALE PREVIDENZA

ED ASSISTENZA MEDICI) in persona del Presidente Prof. Dott. P.

E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

TRIONFALE 7, presso lo studio dell’avvocato MANNUCCI LUIGI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SQUILLACI VINCENZO

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3133/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 3^

SEZIONE CIVILE, emessa il 3/6/2005, depositata il 12/07/2005, R.G.N.

2756/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato FILIPPO DE GIOVANNI;

udito l’Avvocato LUIGI MANNUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 3 giugno-12 luglio 2005 la Corte d’appello di Roma accoglieva l’appello proposto dall’ENPAM, Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri;avverso la decisione del locale Tribunale del 22 ottobre 2002, dichiarando cessata la materia del contendere tra le parti, in relazione alla domanda di risarcimento dei danni proposta dalla conduttrice s.n.c. Brunamonti Domenica e C..

Osservavano i giudici di appello che questa ultima società, esercente attività di ristorante-tavola calda, aveva richiesto all’ente proprietario dell’immobile condotto in locazione il risarcimento dei danni derivati dalla diminuzione degli incassi dipendente dal minor afflusso di clientela, conseguenza della anomala protrazione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile, nel quale si trovavano i locali dalla stessa condotta in locazione.

Il primo giudice aveva accolto la domanda della società conduttrice, riconoscendo a titolo di risarcimento danni la somma di Euro 36.000,00 (trentaseimila/00).

Riformando la decisione del Tribunale, il giudice di appello aveva considerato la lettera inviata dalla conduttrice alla proprietà alla stregua di una vera e propria proposta di transazione, cui era seguita la accettazione dell’ente proprietario.

Quest’ultimo, sottolineava la Corte, aveva stipulato un contratto di locazione con la società alla quale la Brunamonti aveva ceduto l’azienda, dopo che la cessione di azienda era già avvenuta.

Per tali ragioni, la Corte territoriale riteneva che fosse cessata ogni ragione del contendere.

Avverso tale decisione la Brunamonti ha proposto ricorso per cassazione, sorretto da nove distinti motivi di ricorso.

Resiste l’ENPAM con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso riguarda la violazione dell’art. 340 c.p.c. e la nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4).

L’ordinanza del Tribunale 23 maggio 2000 aveva contenuto decisorio, avendo rigettato la domanda del convenuto intesa ad ottenere la dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

L’impugnazione dell’ENPAM avverso la sentenza del Tribunale, che non aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile d’ufficio dalla Corte territoriale per intervenuto giudicato.

La censura è priva di fondamento.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, e sia, quindi, soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, occorre aver riguardo non già alla sua forma esteriore ed alla qualificazione attribuitagli dal giudice che lo ha emesso, ma agli effetti giuridici che è destinato a produrre.

Sotto un tal profilo, il provvedimento non ha il carattere della decisorietà e della definitività quando la pronuncia spieghi i suoi effetti solo sul piano processuale, producendo la sua efficacia soltanto all’interno del processo.

Nel caso di specie, l’ordinanza che aveva ordinato la prosecuzione del giudizio – per la necessità di richiedere chiarimenti alle parti e disporre consulenza tecnica di ufficio – aveva contenuto esclusivamente processuale.

In ordine alla questione della intervenuta cessazione della materia del contendere non era intervenuto alcun giudicato, al momento della proposizione dell’appello.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la omessa pronuncia su eccezioni dell’attuale ricorrente in violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4) omesso esame circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

La società Brunamonti aveva eccepito sin dal primo grado di giudizio l’assoluta irrilevanza giuridica di una proposta proveniente dal sig. B., essendo unico legittimato a sottoscriverla l’amministratrice, sig. P.M..

Anche questa censura è del tutto priva di fondamento. La lettera venne infatti sottoscritta dal B. nel (OMISSIS) (quando cioè egli, prima della cessione della azienda, era ancora amministratore della società Brunamonti).

Con il terzo motivo si denuncia omesso esame di punto decisivo della controversia, per omesso esame di un documento (art. 360 c.p.c., n. 5).

I giudici di appello non avevano esaminato la lettera del (OMISSIS) nella sua interezza, omettendo di valutare la frase con la quale il B. richiedeva espressamente che “il nuovo canone di locazione venga determinato di importo più contenuto”. La proposta transattiva pertanto, non era intesa alla stipula di un qualsiasi contratto, bensì di un contratto di locazione con un canone inferiore a quello cessato per effetto della convalida di sfratto per morosità.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di un punto decisivo della controversia per omesso esame del verbale di udienza del 14 ottobre 1999.

Il verbale di udienza smentiva qualsiasi transazione tra la società e l’Ente. Quanto dichiarato dalla signora P. era di estrema chiarezza. Infatti, la legale rappresentante della società Brunamonti aveva confermato che sottoscrivendo il contratto di locazione con l’ENPAM, la stessa aveva inteso stipulare un regolare contratto di locazione commerciale, ma che la stessa non intendeva in alcun modo rinunciare al processo per i danni, iniziato dal precedente amministratore della società.

Con il quinto motivo la società ricorrente denuncia violazione degli artt. 1966 e 1967 c.c..

Mancanza e/o insufficienza di motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

La Brunamonti aveva, fin dal giudizio di primo grado, negato che il contratto di locazione potesse costituire accettazione della proposta transattiva contenuta nella lettera del (OMISSIS).

Per di più la società aveva negato che il B. avesse il potere di impegnare la società.

Sul punto i giudici di appello non avevano fornito alcuna motivazione, limitandosi ad affermare – del tutto apoditticamente – che “questa lettera ((OMISSIS)), costituisce senza ombra di dubbio alcuno una proposta di transazione in ordine al presente giudizio”e che, poi, l’ente aveva accettato la proposta transattiva, procedendo alla stipula del nuovo contratto di locazione datata (OMISSIS).

Con il sesto motivo si deduce la mancanza e/o insufficienza di motivazione circa un punto decisivo della controversia per travisamento dei fatti, contraddittorieta della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5).

La cessione dell’azienda era avvenuta prima che fosse stipulato il nuovo contratto di locazione. Pertanto, tutto il ragionamento seguito dalla Corte territoriale si rivelava privo di significato.

Con il settimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè travisamento dei fatti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

La Corte territoriale aveva osservato che il Tribunale, secondo quanto stabilito dall’art. 112 c.p.c., avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto della eccepita esistenza di una transazione sulla materia controversa e – non essendo stata evidenziata la inefficacia del detto contratto transattivo – avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere.

Il richiamo all’art. 112 c.p.c. era del tutto errato. Rientrava infatti nel potere-dovere del giudice accertare la esistenza in concreto degli elementi costitutivi di una transazione, vale a dire la presenza degli elementi costitutivi rappresentati, per consolidata giurisprudenza, dallo stato di incertezza, anche solo soggettivo, rispetto ad una situazione giuridica e dall’intento delle parti di farlo cessare mediante reciproche concessioni.

Con l’ottavo motivo la ricorrente deduce la omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).

Dopo aver ribadito che la cessione dell’azienda era avvenuta mesi prima della stipula del nuovo contratto, la ricorrente sottolinea che la decisione impugnata manca di qualsiasi motivazione in ordine alla sussistenza di tutti gli elementi richiesti ai fini della transazione.

Nessuna concessione vi era stata, da parte dell’ENPAM, che aveva richiesto ed ottenuto il pagamento dei canoni maturati e di tutte le spese, per giungere poi alla stipulazione di un contratto di locazione, per un canone mensile doppio.

In tal modo, rileva ancora la ricorrente, l’ente aveva iniziato ad incassare il nuovo canone più che raddoppiato sin dal (OMISSIS), mentre avrebbe dovuto attendere tre anni per avviare un nuovo contratto ad un eventuale canone superiore. Inoltre la società aveva dovuto costituire una polizza fideiussoria non prevista dal precedente contratto.

Inoltre la Brunamonti si era obbligata in solido nel pagamento del canone di locazione, con il cessionario.

Con il nono motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c..

I giudici di appello non aveva risposto alla eccezione di cui alla memoria di replica 21 aprile 2005, nella quale la Brunamonti aveva ribadito che se le parti avessero raggiunto un accordo transattivo, le stesse avrebbero certamente sottoscritto un contratto (considerato che una delle parti era un Ente pubblico, per il quale la forma scritta degli accordi è prevista a pena di nullità dalla legge).

Le censure formulate con i motivi dal terzo al nono sono fondate, nei limiti di seguito indicati.

La decisione impugnata è incorsa nel vizio di violazione di legge ritenendo che una proposta di un contratto in tutto difforme dalla accettazione dello stesso potesse valere a far ritenere conclusa la transazione e che nel caso di specie si dovesse configurare una transazione.

Il principio normativamente sancito (art. 1326 cod. civ.), secondo cui un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta, comporta l’ovvia conseguenza che solo con l’accettazione di quest’ultima si verifica la conclusione del contratto, e alle diverse condizioni della controproposta, se l’altra parte esegua il contratto senza alcuna obiezione.

L’accettazione a condizioni diverse da quelle contenute nella proposta non può costituire in alcun caso accettazione, ai fini della conclusione del contratto.

Nessuna accettazione di proposta si era verificata nel caso di specie. Infatti, di fronte ad una proposta della Brunamonti ((OMISSIS)) di stipulare un nuovo contratto di locazione ad un canone inferiore a quello in vigore, l’ENPAM – a distanza di molti mesi – e dopo la cessione dell’azienda ebbe a stipulare un contratto di locazione ad un canone mensile doppio, rispetto a quello concordato con il contratto del (OMISSIS).

Ha errato, pertanto, la Corte territoriale a ritenere che nel caso di specie le parti avessero inteso concludere una transazione.

Sussiste il vizio di violazione di legge denunciato (con riferimento all’art. 1966 c.c.).

Affinchè una transazione sia validamente conclusa, è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una “res dubia”, e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall’altro, che, nell’intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche. L’oggetto della transazione, peraltro, non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un “quid medium” tra le prospettazioni iniziali.

Nel caso di specie, non solo non vi era stata una accettazione della proposta proveniente dalla Brunamonti, ma era mancata anche qualsiasi concessione, da parte dell’ENPAM, poichè il nuovo contratto di locazione aveva condizioni ben più onerose per il nuovo conduttore.

La sentenza deve essere cassata in relazione a tutte le censure accolte.

Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di merito, l’ENPAM deve essere condannato a pagare quanto già accertato dal primo giudice.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione.

Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, condanna l’ENPAM al pagamento della somma di Euro 36.000,00 (trentaseimila/00 ) oltre interessi dalla domanda.

Compensa per intero le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

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