Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7997 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 21/04/2020), n.7997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34654/2018 proposto da:

M.L., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio

Fraternale, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2007/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 01/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2007/2018 depositata il 01-10-2018 la Corte d’Appello di Ancona ha respinto l’appello proposto da M.L., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione in favore del richiedente, il quale aveva riferito di essere fuggito dal (OMISSIS) perchè accusato di stupro, considerato che in (OMISSIS) il reato contestato non era punito con la pena di morte e il ricorrente doveva reputarsi migrante economico, e inoltre nella regione (OMISSIS), di origine del richiedente, non sussisteva una situazione di instabilità tale da giustificare la protezione richiesta, come stabilito in altre pronunce della medesima Corte d’appello.

2. Avverso la suddetta sentenza, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione, falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), laddove la Corte di Appello omette ogni riferimento specifico alla vicenda personale narrata dal ricorrente (motivazione apparente) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e 4)”. Si duole dell’omissione di ogni riferimento alla sua vicenda personale, che così riporta in ricorso: “fui portato in galera. Dopo un mese di carcerazione mio padre pagò la cauzione e mi fece uscire. Ma lui stesso mi disse di non avere altri soldi per pagarmi un buon avvocato, per cui mi consigliò di lasciare il paese “…” temo di essere arrestato dalla polizia, anche perchè un mio amico del posto mi ha informato che per i fatti narrati è stato arrestato mio padre, motivo per cui non ho più contatti con lui”. Dalla suddetta omissione consegue, ad avviso del ricorrente, che la motivazione della sentenza impugnata debba considerarsi meramente apparente, come da giurisprudenza di questa Corte che richiama.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del laddove non viene compiuta una valutazione comparativa sotto il profilo specifico della violazione o dell’impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Censura la sentenza impugnata con riferimento all’omessa valutazione comparativa del suo inserimento lavorativo in Italia, dimostrato come da documentazione prodotta, e deduce di avere diritto al riconoscimento della protezione umanitaria, richiamando la sentenza n. 4455/2018 di questa Corte. Si duole, altresì, dell’omessa verifica all’attualità delle ragioni oggettive e soggettive che giustificano la concessione della suddetta protezione.

3. I due motivi sono inammissibili.

3.1. La prima censura non solo è formulata in modo del tutto generico, ma neppure si riferisce alla ratio decidendi di cui alla sentenza impugnata, in base alla quale la vicenda personale allegata (accusa di stupro) non è stata considerata rilevante ai fini del riconoscimento delle misure di protezione richieste. Nel ricorso neppure si richiama quella specifica causa di inclusione, essendosi limitato il ricorrente a trascrivere le dichiarazioni dal medesimo rese, senza spiegare quale ne sia la pertinenza rispetto alle ragioni di convincimento espresse dalla Corte territoriale e senza neppure precisare con riferimento a quale delle misure di protezione richieste si riferisca la doglianza.

3.2. In base alle medesime considerazioni suesposte, anche il secondo motivo è inammissibile, mancando ogni specificazione circa le ragioni oggettive e soggettive di cui si lamenta l’omessa verifica ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria. La Corte territoriale ha escluso la vulnerabilità del ricorrente ritenendolo migrante economico; nessuna censura è svolta in ordine a tale affermazione e il fattore di integrazione diventa recessivo, in assenza di vulnerabilità, anche in base alla giurisprudenza di questa Corte citata in ricorso (Cass. n. 4455/2018).

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Ministero.

5. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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