Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7996 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. I, 22/03/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 22/03/2021), n.7996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15142/2019 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Apollodori,

26, presso lo studio dell’avvocato Antonio Filardi, rappresentato e

difeso dall’avvocato Antonella Zotti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2021 dal Cons. Dott. Marco Marulli.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.L., cittadino del (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di Napoli, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ne ha respinto le istanze intese al riconoscimento delle misure della protezione internazionale ed umanitaria e, sulla preliminare deduzione della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, per contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost., laddove stabilisce il termine di trenta giorni per il ricorso in Cassazione e che il rilascio della procura debba avvenire in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato, ne chiede la cassazione sul rilievo “della violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 252 del 2008, art. 32, comma 3, letto in combinato disposto con l’art. 5, comma 6 e con l’art. 19 comma 1.1. del Testo Unico Immigrazione (TUIM); violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14”, posto che il decidente, da un lato, avrebbe disconosciuto le ragioni di accesso alla protezione sussidiaria con riferimento alla fattispecie dell’art. 14, lett. c), sulla base di fonti informative risalenti al 2016 e non avrebbe considerato che il rischio di un danno grave può provenire anche da soggetti privati, dall’altro avrebbe disconosciuto le ragioni di accesso alla protezione umanitaria malgrado il livello di integrazione conseguito dal richiedente nel nostro paese ed in spregio del principio di “non refoulement” che vieta il rimpatrio verso paesi in cui la vita e la libertà siano minacciate per motivi di carattere persecutorio.

Al proposto ricorso resiste l’amministrazione intimata con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Va dichiarato il difetto di costituzione del Ministero, poichè essendo funzione del controricorso quella di esporre le ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata, l’atto a mezzo del quale l’intimato ha inteso costituirsi nel presente giudizio si concreta in una difesa del tutto generica e non soddisfa perciò le finalità proprie del controricorso.

3. Le sollevate questioni di legittimità costituzionale hanno già formato oggettivo di negativo apprezzamento da parte di questa Corte, sicchè, come affermato altrove (da ultimo Cass., Sez. I, 24/11/2020, n. 26736), ne va qui ribadita l’infondatezza, dovendo considerarsi, riguardo alla prima, che la previsione del termine di trenta giorni per il ricorso per cassazione è espressione della discrezionalità del legislatore e trova fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento; e, riguardo alla seconda, che la prescrizione concernente il rilascio della procura non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3.

4. L’unico motivo di ricorso non ha pregio.

Sceverando tra le diverse contestazioni che, senza per vero pregiudizio della loro autonoma comprensibilità, vi sono esposte, va osservato, quanto a quelle che ruotano attorno alle ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), che esse sono fugate dalla considerazione che il decidente, scrutinando al riguardo le dichiarazioni del richiedente, ne ha ravvisato la persistente criticità in punto di credibilità, non risultando chiare alcune circostanze narrate (pretesi maltrattamenti subiti dal patrigno) e vaghe e generiche altre (mancato intervento delle autorità), il tutto aggravato dalla mancata comparizione all’udienza, significativa nel ragionamento del giudicante di una volontà dissonante rispetto al ragionevole sforzo di circostanziare la domanda prescritto dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, lett. a).

Si è in presenza perciò di un apprezzamento di fatto di pertinenza del decidente di merito non rimeditabile in questa sede (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340).

5. E’ poi vero che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’argomento in parola non sia spendibile in relazione all’ipotesi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (Cass., Sez. I, 29/05/2020, n. 10826); e tuttavia, nondimeno, non è dubitabile la non conducenza che affligge l’obiezione che il ricorrente muove in parte qua al provvedimento in disamina, essendosi affermato che, allorchè si intenda denunciare che il rigetto della specifica istanza di protezione formulata a mente del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è stato pronunciato sulla base di fonti informative non aggiornate, il richiedente “ha l’onere di allegare che esistono COI (Country of Origin Informations) aggiornate e attendibili dimostrative dell’esistenza, nella regione di provenienza, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, di indicarne gli estremi e di riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso, non potendo altrimenti la Corte apprezzare l’astratta rilevanza del vizio dedotto e, conseguentemente, valutare l’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c.” (Cass., Sez. I, 9/10/2020, n. 21932).

6. Quanto alle contestazioni che il motivo muove in relazione alla denegata concessione della protezione umanitaria, premesso che dalla pronuncia del Tribunale non emerge una situazione di vero e proprio radicamento sociale nel nostro paese valutabile in guisa di indice decisivo “di stabilità lavorativa e relazionale”, non è certo dubitabile che il giudice investito della relativa istanza debba procedere ad una valutazione comparativa tra la condizione attuale del richiedente e quella a cui il medesimo potrebbe andare incontro in caso di rimpatrio intesa, segnatamente, a verificare se il rimpatrio possa comportare una deprivazione nella titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale; tuttavia ciò non dispensa pur sempre il richiedente dall’onere di allegare quali specifici fattori di vulnerabilità rilevanti in questa prospettiva giustificano la concessione della misura denegata in sede di merito, sicchè, a fronte della rilevata lacunosità delle sua prospettazione sul punto (“il riconoscimento della misura in discorso” – annota il decreto – “non può che dipendere dalla pregnanza dell’onere di allegazione… “), la mera contestazione dello sfavorevole responso tribunalizio, che non sia accompagnata anche dalla rappresentazione di quali fattori di vulnerabilità siano stati rapportati al giudice di merito non evidenzia alcuna anomalia decisoria meritevole di cassazione, tanto più considerando che la disciplina del procedimento deroga al principio dispositivo solo in punto di onere probatorio e non in punto di onere di allegazione.

7. Il ricorso va dunque conclusivamente rigettato.

Spese compensate in relazione alla vista qualificazione del “controricorso”.

Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Respinge ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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