Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7995 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 21/04/2020), n.7995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33769/2018 proposto da:

P.S., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Fraternale,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1687/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 09/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1687/2018 depositata il 09-08-2018 la Corte d’Appello di Ancona ha respinto l’appello proposto da P.S., cittadino dell'(OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte ha ritenuto che fosse non credibile, nonchè qualificata di natura privatistica, la vicenda personale narrata dal richiedente e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale dell'(OMISSIS), descritta nella sentenza impugnata.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), laddove il Tribunale omette ogni riferimento specifico alla vicenda personale narrata dal ricorrente (motivazione apparente) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5)”. Denuncia l’evidente incongruenza della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui il racconto del richiedente è stato ritenuto non credibile e, nel contempo, è stata affermata la natura del tutto privatistica della vicenda personale allegata. Sostiene l’illogicità del percorso argomentativo del Tribunale e che non sia dato comprendere quale sia stata la ragione del rigetto del ricorso, ovvero se sia stata la non credibilità o la natura privata dei fatti narrati, di tal che la motivazione è da considerarsi meramente apparente.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. b) e c) laddove non viene considerata e sussunta nell’ambito di applicazione della detta norma la motivazione religiosa e di nazionalità sottesa all’istanza di protezione internazionale proposta dal ricorrente, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), art. 3 e art. 5, lett. a) in relazione alla sussistenza del danno grave, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Censura la qualificazione privatistica della vicenda personale allegata, avendo il ricorrente affermato: “La polizia stava arrestando tutti quelli che stavano con B.S.S. e perchè suo zio paterno era vicino a questa persona e ci portava in giro con lui; la polizia è venuta a cercarmi a casa anche se i miei familiari hanno detto che ero espatriato”. Lamenta la violazione dell’ambito di applicazione del D.Lsg. n. 251 del 2007, art. 8 nella parte in cui è stata esclusa la motivazione religiosa e di nazionalità sottesa al suo racconto.

3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

3.1. In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

3.2. Premesso che nella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come novellato nel 2012 – la sentenza impugnata è stata depositata il 9-8-2018 -, la Corte territoriale, nel condividere e richiamare l’ordinanza di primo grado, ha ritenuto che il racconto del ricorrente fosse non credibile in quanto vago, contraddittorio e generico, sì da non consentire in alcun modo l’attivazione dei poteri istruttori ufficiosi. La Corte d’appello ha rimarcato che il richiedente non aveva giustificato le omissioni e contraddizioni rilevate dalla Commissione ed infine che il rischio paventato, per motivi politici non meglio specificati, si configurasse come mero suo timore personale e il racconto come di natura privatistica (pag. n. 4 e 5 della sentenza impugnata).

Il percorso motivazionale sopra riassunto consente di individuare in che modo si sia formato il convincimento dei Giudici di merito e non ricorre affatto la denunciata illogicità, che rileva, nel senso precisato, se determina “manifesta ed irriducibile contraddittorietà”. Neppure può ravvisarsi il denunziato profilo di illogicità tra le due affermazioni – non credibilità e natura privata- della Corte d’appello, non trattandosi di ragioni inconciliabili, ma di doppia ratio decidendi, nel senso che alla motivazione sulla non credibilità della narrazione il Giudice del merito ha aggiunto quella circa l’irrilevanza della vicenda personale ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, trattandosi di un mero timore personale del ricorrente.

Resta da aggiungere che, nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5 applicabile, come nella specie, ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione successivamente all’11 settembre 2012, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 20994/2019), mentre nulla in tal senso ha allegato il ricorrente.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta non solo del tutto non circostanziata (gli unici riferimenti sono alla fuga per imprecisate motivazioni “religiose e di nazionalità” e a soggetto la cui qualità non è spiegata, tale B.S.S.), ma soprattutto, inammissibilmente, difforme da quella accertata nei giudizi di merito.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Ministero.

5. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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