Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7994 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 21/04/2020), n.7994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33116/2018 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Mazzini 8,

presso lo studio dell’avvocato Fachile Salvatore e rappresentato e

difeso dall’avvocato Valeri Daniele, gusta procura speciale allegata

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 830/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 830/2018 depositata il 11-06-2018 la Corte d’Appello di Ancona ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Interno avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona con la quale era stata rigettata la domanda di S.M., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed era stata accolta la domanda avente ad oggetto il riconoscimento della protezione umanitaria. La Corte territoriale, dopo aver premesso che si era formato il giudicato sul rigetto della domanda principale di riconoscimento dello status di rifugiato e di quella di protezione sussidiaria, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, essendo non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere stato portato in Italia da un sedicente scopritore di talenti calcistici e di seguito abbandonato a se stesso, nonchè rilevando l’inattendibilità delle ragioni della fuga dal (OMISSIS) e la mancanza di una solida integrazione sociale del richiedente in Italia. La Corte territoriale ha altresì accolto l’appello incidentale proposto da S.M. con riferimento alla revoca dell’ammissione al Patrocino a spese dello Stato statuita dal Tribunale.

2. Avverso la suddetta sentenza, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si costituisce tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3: 1a) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (esame dei fatti e delle circostanze) e 1b) del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, (criteri applicabili all’esame delle domande – procedure di esame)”. Deduce che la Corte territoriale ha negato la tutela umanitaria esclusivamente sulla base del giudizio di non credibilità del ricorrente, senza applicare i criteri legali dettati per l’esame delle domande e omettendo qualsiasi accertamento circa il contesto politico, economico e sociale del Paese di provenienza. Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale abbia ricostruito in modo inesatto la vicenda personale dallo stesso narrata, ritenuta invece credibile dal Tribunale. Adduce di aver descritto dettagliatamente la complessa conflittualità della sua famiglia, tanto che, dopo la morte del padre, a causa delle angherie e minacce dei parenti e della seconda moglie del padre, era stato costretto a fuggire, assieme alla madre, per il timore di essere ucciso. Rimarca di essere arrivato in Italia all’età di quindici anni e di aver presentato la domanda di protezione internazionale prima di diventare maggiorenne. Rileva che le sue dichiarazioni sono plausibili e coerenti in quanto trovano riscontro nelle informazioni desumibili da fonti internazionali, quanto alla poligamia ed al levirato, e lamenta la violazione del dovere di cooperazione istruttoria, anche in ordine alla situazione generale del (OMISSIS), caratterizzata da precarietà della sicurezza e del rispetto dei diritti umani.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 – D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (protezione umanitaria) – Violazione del principio di cooperazione istruttoria – nullità della sentenza”. Denuncia la nullità della sentenza impugnata per non avere la Corte territoriale appurato la sussistenza di tutti i presupposti legali, anche con riferimento alla tutela dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dall’ordinamento internazionale. In particolare si duole del fatto che la Corte territoriale non abbia considerato l’età del ricorrente, l’età di espatrio, la situazione di assoluta indigenza e di completo isolamento in cui lo stesso, orfano di padre e senza più contatti con la madre, verrebbe a trovarsi in caso di rimpatrio, nonchè la minaccia per la sua incolumità costituita dalla presenza della famiglia paterna e dei suoi fratellastri e l’impossibilità di coltivare il suo talento calcistico.

3. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

3.1. In ordine alla protezione umanitaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte la valutazione deve essere autonoma, nel senso che il diniego di riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie non può conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990/2018). Ciò nondimeno il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato ed il potere istruttorio ufficioso può esercitarsi solo in presenza di allegazioni specifiche sui profili concreti di vulnerabilità (Cass. n. 27336/2018). Inoltre “La protezione umanitaria, nel regime vigente “ratione temporis”, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass. n. 3681/2019).

3.2. Nella fattispecie in esame il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte dei giudici di merito, che hanno escluso l’esistenza di fattori particolari di vulnerabilità con idonea motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014), valutando le allegazioni del ricorrente e le informazioni sul Paese di origine, nonchè ritenendo insussistente una comprovata situazione di inserimento e radicamento dello stesso nel tessuto economico-sociale dello Stato italiano.

Le doglianze sono formulate genericamente, senza indicare alcun profilo di vulnerabilità specifico di rilevanza, in base ai principi di diritto suesposti, essendosi il ricorrente limitato a richiamare il proprio diritto a condizioni di vita dignitose e la situazione di povertà in cui verrebbe a trovarsi in caso di rimpatrio.

Neppure possono assumere, di per sè sole, specifico rilievo, ai fini che interessano, la giovane età del ricorrente e quella che aveva al momento dell’espatrio. Non può, infatti, valorizzarsi in tal senso la sentenza della Corte di giustizia 12 aprile 2018, C-550/16, la quale, affermando che nel processo deve essere trattato come “minore” il cittadino straniero che abbia un’età inferiore ai diciotto anni al momento del suo ingresso nel territorio di uno Stato membro e della presentazione della domanda di asilo e che raggiunga la maggiore età nel corso della procedura di asilo, mira a garantire l’immediata applicazione delle norme a tutela dei minori (domanda di ricongiungimento famigliare) e comunque sempre che la persona “(ottenga) in seguito il riconoscimento dello status di rifugiato”. La sentenza della Corte di giustizia non riguarda la protezione umanitaria ma i richiedenti lo status di rifugiato, atteso che il Considerando 9 stabilisce che “la presente direttiva (2004/83/Ce) non si applica ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi cui è concesso di rimanere nel territorio di uno Stato membro non perchè bisognosi di protezione internazionale, ma per motivi caritatevoli o umanitari riconosciuti su base discrezionale” ed analoga disposizione è contenuta nel Considerando 15 della direttiva 2011/95/Ue (così anche l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 11751/2019).

Resta da aggiungere che l’accertata assenza di vulnerabilità rende recessivo il fattore, peraltro del tutto genericamente allegato, costituito dal percorso di integrazione sociale e lavorativa in Italia (Cass. n. 4455/2018 citata anche in ricorso).

4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 112 c.p.c.: omessa pronuncia sulla domanda di protezione sussidiaria formulata in primo grado e reiterata nell’appello incidentale”. Il ricorrente lamenta omessa pronuncia sulla domanda di protezione sussidiaria, che assume di aver riproposto con il primo motivo di appello incidentale (pag. 9 della comparsa d’appello) e nelle conclusioni dell’atto di costituzione d’appello. Afferma di aver argomentato sulla fondatezza di tale domanda citando i rapporti e le fonti da cui si evince una situazione di violenza generalizzata del (OMISSIS), nonchè richiamando numerose pronunce di merito.

5. Il terzo motivo è inammissibile.

5.1. Secondo costante orientamento di questa Corte, è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi, come nella specie, non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (tra le tante Cass. n. 17049/2015 e Cass. n. 14561/2012).

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre circa le spese del presente giudizio, stante la tardiva costituzione del Ministero.

7. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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