Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7994 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. I, 07/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 07/04/2011), n.7994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17810-2009 proposto da:

TLM – TORNERIE LORENZINI MUSSO SNC ((OMISSIS)) in persona del

legale rappresentante pro tempore, nonchè il Sig. M.G.

in proprio e quale socio della T.L.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA BARBERINI 86, presso lo studio dell’avvocato ILARIA

SCATENA, rappresentato e difeso dall’avvocato DEFILIPPI CLAUDIO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)) in persona del Ministro in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1108/07 V.G. della CORTE D’APPELLO di TORINO

dell’11/06/08, depositato il 09/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la s.n.c. T. L. M. – Tornerie Lorenzini Musso – e M. G., in proprio e quale socio della T. L. M., con ricorso del 15 luglio 2009, hanno impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Torino depositato in data 9 luglio 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti e di L.A. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso -, ha respinto la domanda di equa riparazione;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale e patrimoniale – richiesto, rispettivamente, nella misura di Euro 2.065,83 per ciascun anno e di Euro 4.500,00, per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 21 novembre 2007, era fondata sui seguenti fatti: a) la Società T. L. M., con citazione del 1 ottobre 2002, aveva adito il Tribunale ordinario di La Spezia, in un giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni da infiltrazioni d’acqua; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 4 ottobre 2006; c) sulla base di tale sentenza, la predetta Società aveva iniziato procedimento esecutivo con pignoramento eseguito in data 12 dicembre 2006; d) tale procedimento esecutivo – nonchè il giudizio d’appello medio tempore promosso avverso la menzionata sentenza del Tribunale ordinario di La Spezia del 4 ottobre 2006 – non si erano ancora conclusi alla data del 21 novembre 2007, di proposizione della domanda di equa riparazione;

che la Corte d’Appello di Torino, con il suddetto decreto impugnato, nel respingere la domanda ha affermato che: a) sia il processo di primo grado – durato circa tre anni – sia il procedimento esecutivo – durato circa un anno e sei mesi – non hanno superato i termini di ragionevole durata; b) la durata del processo di cognizione e quella del processo esecutivo non possono essere sommate, in ragione della diversità e della rispettiva autonomia dei relativi giudizi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) l’affermazione della non cumulabilità – ai fini della determinazione della durata complessiva del processo presupposto – della durata del processo di cognizione e di quella del processo di esecuzione; b) l’esclusione dell’indennizzo;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, in particolare, la censura sub a) è manifestamente infondata, perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, questo va identificato, in base all’art. 6 della CEDU, sulla base delle situazioni soggettive controverse ed azionate su cui il giudice adito deve decidere, situazioni che, per effetto della suddetta norma sovranazionale, sono “diritti e obblighi” ai quali, avuto riguardo agli artt. 24, 111 e 113 Cost., devono aggiungersi gli interessi legittimi di cui sia chiesta tutela ai giudici amministrativi, con la conseguenza che, in rapporto a tale criterio distintivo, il processo di cognizione e quello di esecuzione, regolati dal codice di procedura civile, e quello cognitivo del giudice amministrativo e il processo di ottemperanza teso a far conformare la P.A. a quanto deciso in sede cognitoria, devono considerarsi, sul piano funzionale (oltre che strutturale), tra loro autonomi, in relazione appunto alle situazioni soggettive differenti azionate in ciascuno di essi, con le ulteriori conseguenze che, in dipendenza di siffatta autonomia, le durate dei predetti giudizi non possono sommarsi per rilevarne una complessiva dei due processi (di cognizione, da un canto, e di esecuzione o di ottemperanza, dall’altro) e che, perciò, solo dal momento delle decisioni definitive di ciascuno degli stessi processi, è possibile, per ognuno di essi, domandare, nel termine semestrale previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 l’equa riparazione per violazione del citato art. 6 della CEDU, con conseguente inammissibilità delle relative istanze in caso di sua inosservanza (cfr., da ultima, la sentenza n. 27348 del 2009, pronunciata a sezioni unite);

che, nella specie, i Giudici a quibus si sono conformati a tale “diritto vivente”, senza che peraltro i ricorrenti abbiano specificamente contestato lo stesso orientamento;

che la censura sui) b) è manifestamente inammissibile, perchè i ricorrenti non censurano specificamente l’affermazione dei Giudici a quibus, per cui il giudizio di cognizione presupposto ha avuto una durata contenuta nel termine ragionevole di tre anni, limitandosi invece a contestare il principio della non cumulabilità della durata del processo di cognizione e di quella del processo di esecuzione, ciò anche a voler prescindere dalla estrema genericità del formulato quesito di diritto;

che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 800,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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