Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7993 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. I, 07/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 07/04/2011), n.7993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17529-2009 proposto da:

P.A. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BARBERINI 86, presso lo studio dell’avvocato ILARIA

SCATENA, rappresentato e difeso dall’avvocato DEFILIPPI CLAUDIO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)) in persona del Ministro in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il Decreto n. 676/08 V.G. della CORTE D’APPELLO di TORINO del

7/01/09, depositato il 16/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che P.A., con ricorso del 15 luglio 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Torino depositato in data 16 febbraio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del P. – volto ad ottenere l’equa riparazione a dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 2.000,00 a titolo di equa riparazione;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale richiesto nella, misura di Euro 7.000,00 per l’irragionevole durata, del processo presupposto – proposta con ricorso del 15 maggio 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) P.G., con citazione del 21 ottobre 1998, aveva adito il Tribunale ordinario di La Spezia, in un giudizio avente ad oggetto la parziale nullità di atto notarile ed il riconoscimento della proprietà esclusiva di bene immobile; b) in tale giudizio era volontariamente intervenuto P.A. con atto del 18 ottobre 2001; c) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 30 dicembre 2005; c) la Corte d’Appello di Genova, adita – tra gli altri – sia da P.G. sia da P.A. non aveva ancora deciso il gravame alla data del deposito del ricorso per equa riparazione;

che la Corte d’Appello di Torino, con il suddetto decreto impugnato – detratti sette anni di ragionevole durata del processo presupposto, di cui cinque per il processo di primo grado e due per il processo d’appello – ha determinato in due anni il periodo di irragionevole durata ed liquidato in favore di P.A., a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale, la somma di Euro 2.000,00, sulla base di Euro 1.000,00 annui.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con i due motivi di censura, vengono denunciati come illegittimi: a) la considerazione del solo periodo eccedente la ragionevole durata del processo presupposto, anzichè l’intera durata dello stesso; b) l’erroneo calcolo del periodo di irragionevole durata del processo presupposto; c) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, in particolare, la censura sub a) è manifestamente infondata, perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta non incoerente rispetto alle finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di correlare l’indennizzo al solo periodo eccedente la ragionevole durata di tale processo, eccedente cioè il periodo di tre anni per il giudizio di primo grado e di due anni per il giudizio d’appello, come nella specie (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8714 del 2006, 14 del 2008, 10415 del 2009);

che anche le censure sub b) e sub c) sono manifestamente infondate;

che – relativamente al ricorrente per equa riparazione P. A. – il processo presupposto ha pacificamente avuto la durata complessiva di sei anni e sette mesi circa (dal 18 ottobre 2001, data del suo intervento volontario nel processo, al 15 maggio 2008, data del deposito del ricorso per equa riparazione), sicchè – detratti cinque anni di ragionevole durata, secondo il consolidato orientamento di questa Corte – residuano un anno e sette mesi circa di irragionevole durata dello stesso processo presupposto;

che, ciò posto, i Giudici a quibus non si sono sostanzialmente discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado e di due anni per il giudizio d’appello, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni, orientamento che, nella specie, avrebbe condotto ad una liquidazione inferiore dell’indennizzo, pari ad Euro 1.250,00;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 800,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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