Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7991 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. I, 22/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 22/03/2021), n.7991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15423/2019 R.G. proposto da:

I.F.O., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Davide Verlato, giusta procura

speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia depositato il 1/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

3/2/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Venezia, con decreto del 1 aprile 2019, rigettava il ricorso proposto da I.F.O., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14, o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare, il Tribunale reputava il racconto del migrante (che aveva dichiarato di essere espatriato dopo aver ricevuto pressione sia dallo zio, appartenente alla setta degli (OMISSIS), sia da parte dei membri della stessa consorteria per cedere loro un terreno dove voleva inumare la salma del padre, nel timore di morire, visti i minacciosi avvertimenti del congiunto) non credibile ed escludeva di conseguenza il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b);

il collegio di merito, inoltre, negava che potesse essere riconosciuta al migrante la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto questi non aveva allegato di essere fuggito dal Lagos State, dove si era spostato per motivi di lavoro, in ragione dell’esistenza di una situazione di violenza derivante da un conflitto armato nè risultava alcun elemento di fatto che consentisse di ritenerlo esposto a tale rischio;

il Tribunale, infine, riteneva che la scarsa credibilità delle dichiarazioni del migrante impedisse di attribuire anche la protezione umanitaria, poichè un simile riconoscimento doveva poggiare su specifiche e plausibili ragioni di fatto;

il migrante non aveva neppure dimostrato di aver raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale, condizione che peraltro non valeva, isolatamente e astrattamente, all’accoglimento della domanda; 2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso I.F.O., prospettando tre motivi di doglianza;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in quanto il Tribunale ha ritenuto incoerente e generico il racconto del migrante senza preoccuparsi di acquisire tutte le informazioni relative alle caratteristiche e alla riconosciuta pericolosità della setta degli (OMISSIS), associazione di culto che presenta i caratteri di una vera e propria organizzazione criminale;

4. il motivo non è fondato;

il collegio di merito ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del migrante in ragione sia della loro genericità, sia della loro contraddittorietà;

a seguito di un simile accertamento, ispirato ai criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c e riguardante vizi intrinseci delle dichiarazioni, il Tribunale non era tenuto ad acquisire alcuna informazione sulla setta degli (OMISSIS);

in vero, secondo la giurisprudenza di questa Corte l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, cosicchè qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2020);

è evidente, infatti, che la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente asilo non può essere legata alla mera corrispondenza fra la sua narrazione e le condizioni generali del paese di provenienza, poichè tale contesto assume valore a chiarimento o a riscontro delle condizioni soggettive di credibilità e non di per sè al fine di avvalorare un racconto che risulti viziato per genericità o contraddittorietà intrinseca;

5.1 il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, ai fini della concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in quanto il Tribunale a tal fine ha omesso ogni indagine sul funzionamento del sistema giudiziario, carcerario e sanitario nel paese di origine, sulla situazione politica e sociale ivi attualmente esistente, sulle gravi forme di violenza e persecuzione militare e terroristica;

5.2 il terzo mezzo si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, in relazione alla richiesta di protezione sussidiaria o umanitaria, nonchè della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3: il Tribunale – a dire del ricorrente – ha escluso il riconoscimento di tali forme di protezione in ragione della non credibilità del ricorrente ed è così giunto a negare in via automatica o apodittica il ricorrere di una condizione di vulnerabilità personale, senza svolgere alcun approfondimento istruttorio in merito alla setta degli (OMISSIS) e finendo così per omettere l’esame di un punto decisivo della controversia;

la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria è stata poi rigettata con valutazione apodittica e arbitraria, in contrasto con le risultanze di diverse e ulteriori fonti di informazione che attestavano l’esistenza nell’Edo State di una situazione di violenza indiscriminata in conseguenza di un conflitto armato interno;

i giudici di merito, infine, hanno negato la protezione umanitaria senza tenere in adeguato conto le gravi criticità esistenti nel paese di origine sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali della persona e non considerando correttamente la condizione di impiego del migrante;

6. i motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro parziale sovrapponibilità, sono entrambi inammissibili;

6.1 al fine del riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), l’ipotesi della minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale implica o una contestualizzazione della minaccia suddetta, in rapporto alla situazione soggettiva del richiedente, laddove il medesimo sia in grado di dimostrare di poter essere colpito in modo specifico, in ragione della sua situazione personale, ovvero la dimostrazione dell’esistenza di un conflitto armato interno nel paese o nella regione, caratterizzato dal ricorso ad una violenza indiscriminata, che raggiunga un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile, rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 14006/2018);

rileva, quindi, una situazione di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale;

rimangono per converso irrilevanti a tal fine “il funzionamento del sistema giudiziario e sanitario”, la “grave situazioni carceraria”, la “situazione politica e sociale” e le “forme di violenza e persecuzione sia militare che terroristica” che non si risolvano in una situazione coinvolgente in qualche modo anche il migrante – di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale richiesta dalla norma;

6.2 ai fini del riconoscimento della protezione in discorso è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

la Corte di merito si è ispirata a simili criteri, prendendo in esame una pluralità di informazioni relative alla situazione esistente in Nigeria;

la critica concernente il ricorrere di tali condizioni in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal Tribunale, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018);

6.3 rispetto alle circostanze addotte a giustificazione della domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria o umanitaria le doglianze sviluppate nel terzo motivo lamentano non tanto un omesso esame, ma un esame non conforme alla lettura che l’odierno ricorrente vorrebbe dare delle emergenze processuali;

interpretazione, questa, che tuttavia non è coerente con la censura sollevabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che consente di lamentare l’omissione dell’esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non la valorizzazione di tale fatto in un senso differente da quello voluto dalla parte;

una simile critica si riduce a un tentativo di offrire un diverso giudizio delle emergenze processuali, la cui cernita e valutazione competono però esclusivamente al giudice di merito e possono essere sindacate in questa sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito; l’errore di valutazione delle prove, consistente nel ritenere la fonte di prova dimostrativa o meno del fatto che con essa si intendeva provare, non è invece sindacabile in sede di legittimità, non essendo previsto dalla tassonomia dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione di cui all’art. 360 c.p.c. (Cass. 9356/2017);

6.4 infine non è ammissibile in questa sede, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., la produzione di documenti volti a superare l’accertamento compiuto dal giudice di merito in ordine alla mancanza di elementi comprovanti lo svolgimento di un’attività lavorativa;

7. in forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere rigettato; la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

 

 

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