Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7990 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. I, 22/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 22/03/2021), n.7990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12138/2019 R.G. proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso

la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Davide Verlato, giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia depositato il 1/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

3/2/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Venezia, con decreto del 1 marzo 2019, rigettava il ricorso proposto da S.S., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare, il Tribunale reputava il racconto del migrante (il quale aveva dichiarato di essere perseguitato dai suoi familiari per essersi convertito alla religione cattolica) non credibile e comunque non attuale, riferendosi a fatti del 2013, ed escludeva di conseguenza che potesse essere riconosciuta la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b);

il collegio di merito, inoltre, negava che potesse essere riconosciuta allo S. la protezione umanitaria, dato che la stessa deve poggiare su specifiche e plausibili ragioni di fatto;

in ogni caso il migrante non aveva allegato di essersi allontanato da una situazione di vulnerabilità effettiva sotto il profilo della violazione o dell’impedimento dell’esercizio dei diritti umani inalienabili, nè aveva rappresentato elementi di rilievo quanto all’integrazione sociale e lavorativa;

2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso Sidi S., prospettando due motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in quanto il Tribunale, sulla base della ritenuta mancanza di credibilità del richiedente asilo, ha rigettato la domanda senza preoccuparsi di verificare, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria o umanitaria, la condizione di precarietà e instabilità diffusa esistenti nel paese di origine nonchè la deficitaria situazione nella tutela dei diritti fondamentali, il malfunzionamento del sistema giudiziario e la grave situazione carceraria;

4. il motivo è inammissibile;

il ricorrente non ha espressamente impugnato nè la valutazione di non credibilità espressa dai giudici di merito, nè il giudizio di non attualità compiuto rispetto al timore rappresentato;

allo stesso modo il ricorrente non ha contestato l’accertamento in merito all’inesistenza in Guinea Bissau di una situazione di violenza generalizzata determinata da un conflitto armato e alla mancata allegazione di ragioni di espatrio costituite dalla violazione o dall’impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili;

la critica in esame quindi, oltre ad avere un tenore del tutto generico, lamenta il mancato svolgimento di indagini sulle condizioni del paese di origine di nessuna rilevanza ai fini del giudizio, vuoi perchè non corrispondenti alle allegazioni del richiedente asilo (dato che i fatti costitutivi del diritto alla protezione internazionale devono essere necessariamente indicati dal richiedente, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli in giudizio d’ufficio, in applicazione del principio dispositivo), vuoi perchè l’odierno ricorrente non ha impugnato i singoli accertamenti posti a base del diniego delle varie forme di protezione e rispetto ai quali l’indagine sulle condizioni della Guinea avrebbe potuto trovare una qualche giustificazione;

5. il secondo mezzo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, in relazione alla richiesta di protezione umanitaria, nonchè la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3: il Tribunale ha escluso il riconoscimento una simile forma di protezione in ragione della non credibilità del ricorrente ed è così giunto a negare in via automatica o apodittica il ricorrere di una condizione di vulnerabilità personale, senza tenere in adeguato conto le gravi criticità esistenti nel paese di origine sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali della persona e non effettuando un’adeguata valutazione comparativa con la situazione di integrazione raggiunta in Italia;

il decreto impugnato inoltre non ha tenuto conto – in tesi di parte ricorrente – della permanenza in Libia per tre anni e delle sofferenze ivi patite;

6. il motivo è, nel suo complesso, inammissibile;

6.1 il collegio di merito non si è limitato a ritenere che la non credibilità del migrante compromettesse l’accertamento di specifiche e plausibili ragioni di fatto capaci di fondare la concessione della protezione umanitaria, ma ha pure constatato la mancata allegazione di una violazione o un impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili;

il Tribunale si è così correttamente arrestato alla constatazione che nessuna allegazione di condizioni di vulnerabilità riferite al ricorrente era stata fatta, non potendo introdurre d’ufficio i fatti costitutivi del diritto azionato (Cass. 27336/2018);

6.2 non è neppur vero che i giudici di merito hanno del tutto trascurato una comparazione delle condizioni di vita in patria e nel paese ospitante, dato che, invece, hanno espressamente escluso che fosse stata dimostrata un’integrazione sociale e lavorativa in Italia;

6.3 il ricorrente assume di aver trascorso tre anni in Libia e aver lì patito sofferenze tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria;

il decreto impugnato non fa però il minimo cenno a una simile questione, che dalla lettura decisione non risulta fosse stata posta dal richiedente asilo;

nè dalla narrativa del ricorso per cassazione, come pure dallo svolgimento dei motivi, risulta che questi, nel corso del giudizio di merito, avesse allegato simili circostanze;

sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 6089/2018, Cass. 23675/2013);

7. in forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

 

 

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