Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7989 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. I, 22/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 22/03/2021), n.7989

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11005/2019 R.G. proposto da:

A.E., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Davide Verlato, giusta procura speciale

allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia depositato il 20/2/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

3/2/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Venezia, con decreto del 20 febbraio 2019, rigettava il ricorso proposto da A.E., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare, il Tribunale reputava non credibile il racconto del migrante (il quale aveva dichiarato di essere ricercato per la morte di un pescatore, caduto in acqua nel corso di una collutazione con l’ A. e annegato in assenza di soccorsi) ed escludeva di conseguenza che potesse essere riconosciuta la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b);

il collegio di merito, inoltre, negava che potesse essere individuata in capo all’ A. una situazione di vulnerabilità a causa delle minacce provenienti da chi intendeva vendicare la morte del pescatore, stante la non credibilità delle sue dichiarazioni;

nè era possibile valutare a tale scopo la condizione di integrazione nel paese ospitante, dato che il migrante non aveva anche solo allegato lo svolgimento di attività lavorativa;

2. per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso A.E. prospettando due motivi di doglianza; il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1, 3 e 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, in relazione con gli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto il Tribunale ha omesso di procurarsi le informazioni necessarie per integrare gli elementi non offerti dal ricorrente in merito al funzionamento del sistema giudiziario in Ghana, assai deficitario e privo di garanzie per i cittadini comuni, alla grave situazione carceraria ivi esistente e alle pene previste dal codice penale per il reato di omicidio, colposo o doloso;

4. il motivo è inammissibile;

il ricorrente non ha espressamente impugnato la valutazione di non credibilità espressa dai giudici di merito;

una volta esclusa la verosimiglianza del racconto del migrante risultava del tutto inutile (oltre che non dovuta; v. Cass. 16925/2020, Cass. 16925/2018) ogni indagine in merito alle caratteristiche del sistema giudiziario e carcerario del Ghana, in quanto non vi sarebbe stata comunque la possibilità di valorizzare tali informazioni collegandole alla sua vicenda personale del migrante;

5. il secondo mezzo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti, in relazione alla richiesta di protezione umanitaria, nonchè la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e c), poichè il Tribunale ha escluso una simile possibilità in ragione della non credibilità del ricorrente, pretendendo che il migrante fornisse prova documentale della denuncia sporta a suo carico e delle indagini svolte dalla polizia;

in ogni caso la valutazione della situazione di vulnerabilità del ricorrente doveva essere svolta a prescindere dalla sua credibilità, tenendo conto da una parte del buon livello di integrazione raggiunto, come dimostravano la situazione lavorativa conseguita e la volontà di integrazione, dall’altra della situazione generale relativa alla tutela dei diritti umani esistente in Ghana;

6. il motivo è, nel suo complesso, inammissibile;

6.1 il collegio non ha affatto preteso la prova documentale della denuncia sporta nei confronti del migrante o delle indagini svolte nei suoi confronti, ma della situazione occupazionale conseguita in Italia; il primo profilo di critica non trova alcuna corrispondenza all’interno del provvedimento impugnato e risulta quindi inammissibile in ragione di un simile difetto di riferibilità;

6.2 non è poi possibile esaminare in questa sede circostanze di fatto (cioè l’occupazione reperita nel marzo 2019) non dedotte nel merito; nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito;

7. in forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

la tardiva costituzione dell’amministrazione intimata in funzione della partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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