Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7989 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 21/04/2020), n.7989

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34133/2018 proposto da:

F.I., elettivamente domiciliato in Roma, V.le Angelico 38,

presso lo studio dell’avvocato Roberto Maiorana, che lo rappresenta

e difende in forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex

lege;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 354/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 17/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, F.I., cittadino della Guinea, ha adito il Tribunale di Perugia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Con ordinanza del 1/7/2017 il Tribunale di Perugia ha rigettato il ricorso, ritenendo la non sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto dal F. è stato rigettato dalla Corte di appello di Perugia, a spese compensate, con sentenza del 17/5/2018.

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso F.I., con atto notificato il 16/11/2018, svolgendo cinque motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita con controricorso notificato il 27/12/2018, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione o per motivazione solo apparente.

1.1. Il ricorrente si duole in tale prospettiva del difetto dell’esposizione dei fatti di causa, neanche succinta, delle doglianze dell’appellante avverso la decisione di primo grado e di qualunque riferimento ai motivi per cui si giungeva al rigetto dell’appello proposto.

1.2. La censura è infondata.

L’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, prescrive che la sentenza debba essere corredata dalla “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, mentre l’art. 118 disp. att., ribadisce la necessità di una “succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”.

La Corte di appello di Perugia ha, sia pur molto concisamente e succintamente, dato conto delle ragioni che l’hanno indotta a rigettare le richieste del sig. F., assumendo che questi avesse lasciato il proprio Paese “per la necessità di cure conseguenti a un incidente stradale”; che ciò non configurasse, indipendentemente dalla credibilità delle dichiarazioni, alcuna ipotesi persecutoria; che non risultasse alcun rifiuto o incapacità delle autorità statuali di assicurargli protezione; che, in ultima analisi, egli avesse lasciato il proprio Paese per “una scelta personale”.

2. Gli altri motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente.

2.1. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti e cioè la condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata in Gambia, con totale omissione della consultazione e della valutazione delle fonti informative riferite alla condizione attuale del Paese.

2.2. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia errato esame delle dichiarazioni rese alla Commissione Territoriale e delle allegazioni da lui portate in giudizio circa la sua condizione personale; assume inoltre di aver raccontato di aver lasciato il Paese per la paura di perdere la vita negli scontri etnico religiosi nella zona di provenienza, nell’incapacità delle autorità di assicurare protezione ai cittadini.

2.3. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente, con riferimento alla mancata concessione della protezione sussidiaria, denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, omesso esame delle fonti informative e omessa applicazione dell’art. 10 Cost., contraddittorietà fra le fonti citate e il loro contenuto, perchè la Corte di appello aveva completamente omesso di valutare la condizione generale del Gambia, attualizzata al momento della decisione, attraverso la consultazione delle maggiori fonti informative.

2.4. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in tema di protezione umanitaria, il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, con omessa applicazione dell’art. 10 Cost.. In tale prospettiva la Corte di appello avrebbe dovuto considerare che il diritto alla salute e all’alimentazione costituiscono diritti inalienabili dell’individuo, sicchè la concessione della protezione umanitaria si imponeva quale misura idonea ad assicurare l’attuazione del diritto a un livello adeguato e sufficiente di vita, non garantito dalle condizioni socio economiche del Gambia e dalla ridotta aspettativa di vita, come confermava la scelta del ricorrente per il viaggio migratorio incerto e rischioso.

2.5. Tutte le censure sopra esposte sono incentrate sulla situazione socio economica politica del Gambia, a cui si riferiscono pure le notizie tratte dai reports citati dal ricorrente, e sui rischi in caso di ritorno in tale Paese e appaiono pertanto del tutto irrilevanti rispetto al caso di F.I., che proviene invece da un diverso Paese e cioè dalla Guinea.

Ciò risulta non solo dall’intestazione del ricorso ma anche dalle dichiarazioni da lui rese alla Commissione territoriale, contenute nel fascicolo di parte prodotto, richiamate dal ricorrente con il terzo motivo e “date per trascritte”: è proprio a tale Paese che si riferiscono le dichiarazioni citate dal ricorrente a pag. 10 del ricorso “alcuni dicono che sia una guerra di religione, altri dicono che sia per ragioni di etnia, comunque è durante la guerra che sono scappato”.

2.6. E’ pertanto evidente che tutti i motivi sopra compendiati sono inammissibili per difetto di pertinenza e rilevanza rispetto al caso concreto in decisione.

Nè può assumere rilievo in senso contrario il fatto che anche la Corte di appello di Perugia sia incorsa, probabilmente per errore materiale, in analogo errore indicando (una sola volta a pagina 2 del provvedimento impugnato) anch’essa il Gambia come Paese di provenienza del ricorrente, giacchè, evidentemente, tale errore non poteva esonerare il ricorrente dal riferirsi all’effettiva realtà delle sue allegazioni circa la sua provenienza e i rischi paventati in caso di ritorno nel suo vero Paese.

3. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del contro ricorrente, liquidate nella somma di Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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