Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7989 del 17/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 17/03/2020), n.7389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3536-2015 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA ORIANI

85, presso lo studio dell’avvocato VALERIO DI GRAVIO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE III DI ROMA, AGENZIA

DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE III DI ROMA UFFICIO TERRITORIALE

ALBANO LAZIALE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3893/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 12/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/01/2020 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

Fatto

PREMESSO

che:

1. con sentenza n. 3893, in data 12 giugno 2014, la commissione tributaria regionale del Lazio, confermando la decisione impugnata, riteneva legittimo il provvedimento di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti di T.M. sul motivo che questi, acquistato un immobile in comune di Roma con agevolazioni “prima casa” D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ex tariffa allegata, art. 1, comma 1, nota II bis, e con la dichiarata intenzione di trasferire nel comune la propria residenza, non vi si era trasferito nei termini di legge;

2. la commissione dichiarava non condivisibile la tesi del contribuente secondo cui, essendo le agevolazioni fruibili in caso di acquisto di immobile nel comune ove si intenda trasferire la residenza o, se diverso, nel comune in cui si svolga l’attività lavorativa, ed essendo la dichiarazione richiesta per legge al contribuente relativa solo all’intenzione di stabilire la residenza nel comune entro diciotto mesi dall’acquisto e non anche al fatto di avere nel comune la sede di lavoro, l’amministrazione, per poter legittimamente revocare le agevolazioni de quibus, avrebbe comunque dovuto allegare e dimostrare che il contribuente non solo non si era trasferito in Roma ma non vi aveva neppure esercitato attività lavorativa;

3. il contribuente ricorre con due motivi per la cassazione della suddetta sentenza;

4. l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la commissione trascurato di pronunciarsi sulle eccepite carenze della motivazione dell’avviso. Il contribuente evidenzia di aver eccepito che la motivazione dell’avviso, limitata alle parole “revoca per mancato trasferimento”, non indicava il comune nel qual era sito l’immobile acquistato nè il comune di residenza di esso contribuente, non indicava in che modo era stato accertato il mancato trasferimento di residenza, non specificava se quelle parole dovessero essere riferite alla mancato trasferimento di residenza nell’immobile acquistato o nel comune in cui l’immobile era posto;

2. con il secondo motivo di ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la commissione omesso di pronunciarsi sull’eccepita decadenza dell’amministrazione dal potere di recuperare le imposte in misura ordinaria. Il contribuente evidenzia di aver eccepito che l’amministrazione, al fine di dichiarare la decadenza dalle agevolazioni in questione, aveva valorizzato unicamente il mancato cambio di residenza. In relazione a questo elemento, la stessa aveva indubbiamente emesso l’avviso nel termine previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, decorrente dalla scadenza del diciottesimo mese dalla registrazione del contratto di acquisto. L’Amministrazione aveva tuttavia trascurato di considerare l’altro presupposto dato per la fruizione delle agevolazioni ossia lo svolgimento dell’attività lavorativa nel comune in cui era posto l’immobile acquistato. In relazione a tale presupposto alternativo, il termine suddetto, decorrente dalla registrazione del contratto di acquisto, non era stato rispettato;

3. il riferimento al primo motivo di ricorso si osserva quanto segue. Le carenze di motivazione dell’avviso, eccepite dal contribuente e sulle quali questi lamenta che la commissione non si sia pronunciata, non sono tali affatto o non sono tali da incidere sulla validità dell’avviso di liquidazione impugnato. La legge di cui il contribuente si è avvalso (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, tariffa allegata, art. 1, comma 1, nota II bis) stabilisce: “Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 4 per cento gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni: a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto…”. L’obbligo di motivazione (L. n. 212 del 2000, art. 7) non va inteso in senso formalistico ma va correlato alla funzione della motivazione stessa, consistente, essenzialmente, nel porre il destinatario dell’atto in grado di comprendere le ragioni della pretesa impositiva. Ne consegue, per quanto riguarda il caso di specie, che l’obbligo di motivazione non riguardava il comune nel quale era sito l’immobile acquistato nè il comune di residenza di esso contribuente trattandosi di dati di cui questi aveva conoscenza, nè imponeva che fosse specificato che le parole “mancato trasferimento” si riferivano al mancato trasferimento di residenza “nel territorio del comune” in cui l’immobile acquistato è posto, trattandosi di specificazione superflua alla luce del dettato normativo, nè, infine, l’obbligo di motivazione, non formalisticamente inteso, includeva la precisazione del modo in cui era stato accertato il mancato trasferimento di residenza, trattandosi di dato ovviamente evincibile dai dati dell’anagrafe comunale. Stante l’infondatezza dell’eccezione su cui la commissione non si è pronunciata, è applicabile la statuizione di questa Suprema Corte per cui “alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto” (Cass. 13134/2019; Cass. 16171//2017). Il motivo in esame deve quindi essere rigettato;

4. il secondo motivo di ricorso è del pari infondato. L’assunto del contribuente secondo cui l’amministrazione, pur non decaduta dal potere di recupero delle imposte in misura ordinaria con riguardo alla causa di perdita del diritto alle agevolazioni consistente nel mancato trasferimento di residenza, era decaduta da quel potere con riguardo alla causa di revoca delle agevolazioni consistente nel mancato svolgimento dell’attività lavorativa nel comune in cui era posto l’immobile acquistato, contrasta con il fatto che il contribuente ha dichiarato di avvalersi delle agevolazioni in ragione del trasferimento della propria residenza in Roma e non ha dichiarato di avvalersi delle agevolazioni in ragione del trasferimento nel luogo di lavoro. La Corte ha precisato che “In tema d’imposta di registro, sebbene ciò non sia espressamente richiesto dal D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, Parte Prima, allegata, art. 1, nota II bis, l’agevolazione cd. “prima casa” è subordinata alla dichiarazione del contribuente, nell’atto di acquisto, di svolgere la propria attività lavorativa nel comune dove è ubicato l’immobile (requisito alternativo a quello del trasferimento della residenza anagrafica nello stesso entro diciotto mesi), poichè le agevolazioni sono generalmente condizionate ad una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e, peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve poter verificare la sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto (Cass. ord. n. 6501 del 16/03/2018; Cass., ord. n. 13850 del 31/05/2017; Cass. sentenza n. 21282 del 18 settembre 2013). Alla ragione di avvalimento del beneficio dichiarata in contratto e al dato incontroverso che il trasferimento di residenza non ha poi avuto luogo, deve essere unicamente correlato il potere dell’amministrazione di recupero delle imposte. E rispetto a tale ragione e a tale dato incontroverso, è parimenti incontroverso che l’esercizio del potere sia stato tempestivo;

5. il ricorso deve essere rigettato;

6. le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4100,00, oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2020

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