Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7988 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. I, 07/04/2011, (ud. 19/10/2010, dep. 07/04/2011), n.7988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. Marra Alfonso Luigi per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 20 ottobre

2008, nella causa iscritta al n. 875/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 ottobre 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla ha

osservato.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

Ritenuto Che:

1. M.A. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi, avverso il decreto della Corte di appello di Napoli in data 20 ottobre 2008 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2 con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato condannato a corrispondere un indennizzo in favore del ricorrente di Euro 5.300,00, pari ad Euro 1.200,00 per ogni anno di durata non ragionevole, in conseguenza del superamento del termine ragionevole di durata di un giudizio introdotto davanti al TAR Campania il 15 settembre 2000 ed ancora pendente;

1.1. il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso.

Osserva:

2. il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito formulato è del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;

3. il secondo e il terzo motivo appaiono manifestamente infondati;

infatti l’indennizzo liquidato, pari a 1.200,00 Euro per anno di durata non ragionevole, non si discosta in maniera irragionevole dai parametri fissati dalla giurisprudenza della Corte Europea; inoltre è vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a) ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14);

4. il quarto e quinto motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

5. il sesto e il settimo motivo appaiono manifestamente fondati, in quanto, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il procedimento camerale per equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nel quale trova applicazione la disciplina della responsabilità delle parti per le spese processuali e della condanna alle spese (Cass. 2009/16542; 2009/21371), con la conseguenza che l’individuazione del soccombente si compie in base al principio di causalità e che parte obbligata a rimborsare all’altra le spese anticipate nel processo è quella che, anche col comportamento tenuto fuori dal processo stesso, vi abbia comunque dato causa (Cass. 2004/20335; 2006/2006/25141), tenuto anche conto che la mancata opposizione alla domanda, così come la contumacia, non costituiscono valida ragione di compensazione delle spese o di esonero della parte soccombente dall’obbligo di rifondere alla controparte le spese processuali;

6. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, deve essere dichiarato inammissibile il primo motivo e rigettati i motivi da due a cinque, mentre vanno accolti il sesto e il settimo motivo, e che il decreto impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta;

B1) ritenuto che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, liquidate come in dispositivo in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione in favore del procuratore del ricorrente medesimo, dichiaratosi antistatario;

ritenuto altresì che le spese del giudizio di cassazione – da liquidarsi come in dispositivo, con compensazione nella misura dei due terzi, atteso l’accoglimento solo parziale del ricorso e limitatamente alla liquidazione delle spese del giudizio di merito – vanno poste a carico del Ministero soccombente, con distrazione delle stesse in favore del difensore del ricorrente dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta i motivi da due a cinque e accoglie il sesto e il settimo motivo. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge.

Condanna inoltre il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, compensate per due terzi, che si liquidano per l’intero in Euro 525,00 di cui Euro 425,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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