Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7986 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. I, 21/04/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 21/04/2020), n.7986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31014/2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta

elettronica certificata

graziella.russo.pec.ordineavvocaticatania.it, dell’avv. G. Russo,

che lo rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANIA, depositato il

25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Catania ha respinto il ricorso proposto da S.A. cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di essere stato costretto a lasciare il proprio paese d’origine a causa di problemi ereditari tra lo zio e il padre il quale, nel 2014, venne trovato morto a seguito di una discussione con tale zio. Il ricorrente andò via dal villaggio e chiese che l’eredità fosse divisa, ma lo zio gli fece sapere che se fosse tornato al villaggio sarebbe morto, chiedendo aiuto al figlio che faceva parte dei ribelli del Casamance.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, perchè erroneamente, il giudice di prime cure aveva ritenuto il racconto inverosimile, mentre, invece, a fronte della violenza diffusa esistente in Guinea Bissau, il ricorrente aveva compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), perchè erroneamente, il tribunale, avuto riguardo al contesto socio-politico del paese nella zona di provenienza del ricorrente, non aveva ritenuto che fosse caratterizzato da livelli di violenza tali da concretare un elevato rischio per la sua incolumità personale in caso di rimpatrio, (iii) sotto un terzo profilo, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, perchè il Tribunale di Catania, alla luce della situazione d’instabilità della Guinea Bissau, non aveva ritenuto giustificato il riconoscimento quantomeno della protezione umanitaria.

Il primo motivo è inammissibile, perchè solleva censure in riferimento alla valutazione di credibilità del ricorrente da parte del tribunale, che è una questione di merito non sottoponibile al giudice di legittimità se congruamente motivata. Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto il racconto del ricorrente non credibile, perchè la narrazione era lacunosa, poco circostanziata e generica, in ordine al timore per la propria vita; infatti, le minacce di morte dello zio paterno, in ordine alla divisione dell’eredità del padre, e fino alla data della sua partenza nel 2016, non si erano mai concretizzate effettivamente.

Il secondo motivo è inammissibile, perchè solleva censure all’accertamento di fatto operata dal tribunale sulla situazione generale del paese di provenienza del richiedente, che escludeva una situazione di violenza indiscriminata in tale paese. Infatti, il giudice del merito ha accertato che le eventuali minacce gravi e individuali alla vita del richiedente non provengono da un “agente non statale di persecuzione” (v. del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c)) e non sono legate a nessuno dei motivi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 (ma, bensì a una vicenda privata, e cioè, dallo zio per una vicenda successoria).

Il terzo motivo è infondato, infatti, il giudice del merito ha accertato l’assenza di situazioni di vulnerabilità “individualizzata e specifica”, ed ha evidenziato come le attività svolte dal richiedente nel periodo di accoglienza (formative e di lavoro, vedi p. 13 del ricorso) non costituiscono prova di una particolare situazione di vulnerabilità.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte del ricorrente, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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