Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7986 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 01/04/2010), n.7986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ESAF ENTE SARDO ACQUEDOTTI E FOGNATURE IN LIQUIDAZIONE in persona del

Commissario Liquidatore Dott. S.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo

studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PANIGADA ANNA MARIA con delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

SIC SOCIETA’ ITALIANA CAUZIONI SPA (OMISSIS) in persona del Dott.

A.V.D.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

BRUNO BUOZZI 53, presso lo studio dell’avvocato RUSSO CLAUDIO, che la

rappresenta e difende per delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 477/2004 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

emessa il 12/11/2004; depositata il 28/12/2004; R.G.N. 392/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. ALBERTO TALEVI;

udito l’Avvocato ANDREA MANZI;

udito l’Avvocato CLAUDIO RUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come Segue.

“Con ricorso per decreto ingiuntivo depositato dinanzi al Presidente del Tribunale di Cagliari in data 11.5.1999 l’E.S.A.F – ENTE SARDO ACQUEDOTTI e FOGNATURE chiese che fosse intimato alla SIC. – SOCIETA’ ITALIANA CAUZIONI s.p.a. il pagamento della somma di Lire 79.685.712, oltre interessi di mora e spese del procedimento. A sostegno della domanda dedusse: – di essere creditrice della predetta somma in forza della polizza fideiussoria in data 19.5.1993 stipulata a favore dell’E.S.A.F. dalla I.CO.RI. – Impresa Costruzioni e Ricostruzioni s.p.a., a garanzia dell’esecuzione del contratto di appalto intercorso tra l’E.S.A.F. e la predetta Impresa per la costruzione dell’acquedotto Sulcis-Nord (con riferimento, in particolare, al 3^ S.A.L.); – con deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’E.S.A.F. in data 11.4.1997, erano stati disposti la risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento dell’Impresa e l’incameramento delle polizze prestate dall’Impresa appaltatrice; – tale deliberazione era stata comunicata alla SIC. in data 21.5.1997, unitamente alla intimazione di pagamento della somma garantita entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta, come previsto dall’art. 5 (rectius: 4) delle Condizioni Generali di Assicurazione; la debitrice non aveva tuttavia provveduto al pagamento di quanto dovuto.

Con decreto in data 1.6.1999, notificato il 26.7.1999, il Presidente accolse il ricorso, provvedendo in conformità alle richieste dell’E.S.A.F..

Con atto di citazione dinanzi al Tribunale di Cagliari notificato il 14.10.1999 la Società Italiana Cauzioni propose opposizione avverso il predetto decreto deducendo, per quanto ancora interessa nel presente grado, che la garanzia doveva ritenersi estinta, a norma dell’art. 1957 c.c., espressamente richiamato dall’art. 4 delle Condizioni Generali di Assicurazione, essendo decorso il termine semestrale previsto da tale disposizione senza che fosse stata presentata alcuna istanza di pagamento nei confronti dell’Impresa.

L’E.S.A.F. si costituì in giudizio contestando le avverse deduzioni e chiedendo il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto opposto.

Dopo il rigetto dell’istanza proposta dall’E.S.A.F. al fine di ottenere la provvisoria esecuzione del decreto, la causa, istruita con produzioni documentali, fu infine decisa con sentenza in data 9.7.2002.

Con tale pronuncia il Tribunale accolse l’opposizione, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto e condanna dell’E.S.A.F. al pagamento delle spese processuali.

Nella motivazione della sua sentenza il Tribunale svolse, sempre per quanto ancora interessa nel presente grado, le seguenti argomentazioni:

– ai fini della decisione della causa dovevano considerarsi le specifiche pattuizioni inserite nei contratto e particolarmente il punto 4, comma 3, che espressamente dispone: “Fermo restando quanto disposto agli artt. 2 e 3 delle C.G.A. si pattuisce che il termine di 6 mesi di cui all’art. 1957 c.c., comma 1, decorre dalla data di approvazione definitiva degli atti di collaudo dei lavori, ovvero in caso di anticipata risoluzione dei contratto per fatto o per colpa della Ditta Obbligata, dalla data di approvazione degli atti di collaudo della parte dei lavori eseguita, ovvero, nel caso di mancato inizio dei lavori, dalla data del provvedimento formale di risoluzione del contratto di appalto per fatto o per colpa della Ditta Obbligata”, – tale clausola rendeva operante tra le parti la previsione dell’art. 1957 c.c., indipendentemente dalla qualificazione del contratto stipulato tra le parti (contratto autonomo di garanzia o contratto di fideiussione) ed aveva la funzione di regolare in modo peculiare il meccanismo decadenziale anche rispetto al disposto della L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 5 – che regola il meccanismo dell’estinzione della fideiussione con riferimento alla sola ipotesi di ultimazione dei lavori – introducendo una disciplina tutta particolare per il caso di risoluzione del contratto in presenza di opere parzialmente realizzate – come verificatosi nello specifico – ovvero di lavori neppure iniziati;

– per la concreta operatività, nel fattispecie in esame, del predetto meccanismo, doveva farsi riferimento, da un lato, alle previsioni della citata L. n. 741 del 1981, art. 5, dall’altro a quanto precisato dalla Cassazione nella sentenza n. 6503/’96 secondo la quale, “in tema di assicurazione fideiussoria stipulata dall’appaltatore di opere pubbliche, per scadenza dell’obbligazione principale (art. 1957 cod. civ.) deve intendersi non il termine di scadenza previsto inizialmente nel contratto, bensì l’epoca di ultimazione dei lavori ovvero, in difetto, la data in cui, per eventi di natura patologica (nella specie, per risoluzione del contratto), il rapporto si sia comunque estinto”;

– in conclusione, poichè la data del recesso unilaterale della stazione appaltante risaliva all’11.4.1997, l’ESAF avrebbe dovuto dar corso al collaudo delle opere parzialmente eseguite entro sei mesi da quella data ed avrebbe poi dovuto, entro i successivi sei mesi, coltivare le istanze verso il debitore principale;

– poichè invece non risultava essere stata mai assunta alcuna iniziativa verso la I.CO.RI. s.p.a., l’eccezione di estinzione dell’obbligazione di garanzia doveva ritenersi fondata.

Con atto notificato il 2.7.2003 l’E.S.A.F. ha proposto appello avverso la predetta sentenza, pubblicata il 20.8.2002 e non notificata, formulando, sostanzialmente, sulla base di diverse argomentazioni, un unico motivo di gravame.

Costituitasi, la società appellata ha resistito all’impugnazione.

La causa, quindi, assegnata a decisione all’udienza del 2.7.2004, è stata infine decisa all’odierna camera di consiglio sulle conclusioni sopra trascritte”.

Con sentenza 12.11 – 28.12.2004 la Corte d’Appello di Cagliari, definitivamente pronunciando, rigettava l’appello proposto dall’E.S.A.F. – ENTE SARDO ACQUEDOTTI e FOGNATURE, avverso la sentenza pronunciata tra le parti dal Tribunale di Cagliari in data 9.7.2002 (n. 2158/02), che integralmente confermava; e condannava l’appellante a rimborsare all’appellata, S.I.C. – SOCIETA’ ITALIANA CAUZIONI s.p.a., le maggiori spese sostenute nel secondo grado, liquidate in complessivi Euro 4.040,08, di cui Euro 3.084,94 per onorari d’avvocato e Euro 955,14 per diritti di procuratore, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e cpa. come per legge.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’ESAF Ente Sardo Acquedotti e Fognature in liquidazione, con due motivi.

Ha resistito con controricorso la Società Italiana Cauzioni (SIC) per az..

L’ESAF Ente Sardo Acquedotti e Fognature in liquidazione ha depositato memoria (oltre all’istanza volta alla rimessione alle SU).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi.

Con il primo motivo il ricorrente ESAF Ente Sardo Acquedotti e Fognature in liquidazione denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1957 c.c., artt. 1341, 1342, 1343, 1362 e segg. c.c., art. 54 Rg. Ct. Gen. Dello Stato e L. n. 348 del 1982, in applicazione della norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3″ esponendo doglianze da riassumere come segue. La sentenza oggetto del presente ricorso, ha ritenuto pienamente efficace ed operante la decadenza sancita nell’art. 1957 c.c., tanto da accogliere l’opposizione della SIC, nonostante l’espressa previsione, nei primi due commi dell’art. 4 C.G.A., di una clausola dal seguente tenore” “il pagamento delle somme dovute in base alla presente polizza sarà effettuato dalla società entro il termine massimo di 30 giorni dal ricevimento della richiesta scritta dell’Ente garantito restando inteso che, ai sensi dell’art. 1944 c.c., la società non godrà del beneficio della preventiva escussione della Ditta Obbligata. Il pagamento avverrà dopo un semplice avviso alla Ditta obbligata senza bisogno del preventivo consenso da parte di quest’ultima, che nulla potrà eccepire alla Società in merito al pagamento stesso”; pattuizione che esclude esplicitamente l’operatività della decadenza sancita nell’art. 1957 c.c.. Detta Corte d’Appello ha ritenuto prevalente il richiamo all’art. 1957 c.c., immotivatamente contenuto nel succitato art. 4 C.G.A., u.c., ignorando, in tal modo, sia la reale volontà delle parti, che la “ratio” sottesa alla normativa dettata in tema di polizze cauzionali a garanzia di appalti pubblici, nonchè la natura della polizza in esame quale contratto autonomo di garanzia (la parte ricorrente cita Cass. 1/6/2004 n. 10486; e Cass. n. 5656/97).

Oltretutto, la sentenza oggetto del presente appello, nel ritenere operante la decadenza ex art. 1957 c.c., snatura la reale funzione delle polizze sostitutive del deposito cauzionale, che è quella di tutelare l’Ente Pubblico, il cui interesse è stato invece totalmente sacrificato e disatteso. A ciò si aggiunga che il contratto è stato predisposto su un modulo prestampato dalla SIC. unilateralmente, la quale può proporre, mediante l’inserzione unilaterale di clausole, restrizioni e limiti alle parti, che divengono però vincolanti solo se espressamente accettati da queste ultime, sulle quali gravano; nel caso di specie l’Ente non ha sottoscritto alcunchè. Si evidenzia, altresì, che in forza dell’art. 1370 c.c., nell’ipotesi di contratti stipulati mediante formulari predisposti da un unico soggetto, proprio come nel caso in esame, nel dubbio le clausole devono essere interpretate in senso a lui sfavorevole, norma totalmente ignorata dalla Corte d’Appello di Cagliari.

Con il secondo motivo il ricorrente ESAF Ente Sardo Acquedotti e Fognature in liquidazione denuncia “Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, relativo alla funzione della polizza cauzionale ed ai suoi effetti, ed all’applicazione dell’art. 3957 c.c., artt. 1341, 1342, 1343, 1362 e segg. c.c., art. 54 Rg. Ct.

Gen. Dello Stato, L. n. 348 del 1982, in applicazione della norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5” prospettando censure da riassumere nel modo seguente. La Corte d’Appello di Cagliari ha ritenuto operante la decadenza di cui all’art. 1957 c.c., tanto da accogliere in toto le ragioni dell’odierna resistente, senza tuttavia analizzare e pronunciarsi circa la natura autonoma o accessoria della garanzia in esame. Anzi, ha asserito che è irrilevante “la qualificazione del contratto stipulato tra le parti, se si tratti cioè di contratto autonomo di garanzia o di fideiussione”. In realtà, l’individuazione della natura giuridica della polizza de qua è essenziale ai fini della risoluzione della controversia tra le parti, in quanto consente di verificare l’operatività o meno della disciplina tipica della fideiussione.

I due motivi di ricorso non possono essere accolti.

Va anzitutto rilevato che sono inammissibili le doglianze basate sulla tesi (anche in fatto) secondo la quale “… il contratto è stato predisposto su un modulo prestampato dalla S.I.C. unilateralmente, la quale può proporre, mediante l’inserzione unilaterale di clausole, restrizioni e limiti alle parti, che divengono però vincolanti solo se espressamente accettati da queste ultime, sulle quali gravano; si ribadisce, pertanto, che nel caso di specie l’Ente non ha sottoscritto alcunchè …” (v. anche nella parte precedente del ricorso). Infatti il punto non è stato oggetto di specifiche valutazioni da parte della Corte di merito. La parte ricorrente avrebbe pertanto dovuto indicare ritualmente se ed in quale atto, nonchè (per il principio di autosufficienza del ricorso;

cfr. tra le altre Cass. n. 8960 del 18/04/2006; Cass. Sentenza n. 7767 del 29/03/2007; Cass. Sentenza n. 6807 del 21/03/2007; Cass. Sentenza n. 15952 del 17/07/2007) in quali esatti termini, le tesi in questione erano state sottoposte al giudizio del Giudice di secondo grado (cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 20518 del 28/07/2008: “Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di coni rollar e “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa”;

cfr. anche Cass. N. 14590 del 2005)”.

Inammissibili (prima ancora che prive di pregio) debbono ritenersi anche le doglianze basate sulla tesi che la Corte di merito ha totalmente ignorato le problematiche ex art. 1370 c.c.. Infatti la Corte ha esposto una specifica motivazione sul punto (v. alle pagg.

15 e 16 della sentenza); che non viene ritualmente esaminata dalla parte ricorrente.

Le censure residue debbono ritenersi privi di pregio, poichè l’impugnata decisione si basa (con riferimento a tutte le questioni in esame) su una motivazione che si sottrae al sindacato di legittimità in quanto immune dai vizi denunciati.

In particolare va rilevato che la giurisprudenza sulla quale si è basata la Corte di merito (e che è stata criticata nel ricorso) è divenuta poi sostanzialmente consolidata (v. la parte riportata in grassetto del principio di diritto enunciato da Cass. Sentenza n. 13078 del 21/05/2008: “La decadenza prevista in tema di fideiussione dall’art. 1957 cod. civ., per l’ipotesi che H creditore non coltivi entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione la propria pretesa nei confronti del debitore principale, così come può essere pattiziamente esclusa nei contratti di fideiussione tipici, allo stesso modo può essere volontariamente estesa ad un contratto autonomo di garanzia, il quale preveda una clausola di pagamento “a prima richiesta”. In questo caso, però, la suddetta decadenza può essere evitata dal creditore non solo iniziando l’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale, ma anche soltanto rivolgendo al fideiussore la richiesta di adempimento”, e Cass. Sentenza n. 6645 del 2009 che richiama e condivide detto precedente). Proprio in quanto si tratta di giurisprudenza sostanzialmente consolidata, ritiene questa Corte che non sussistano i presupposti per rimettere la causa al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite (come richiesto dalla parte ricorrente con specifica istanza scritta).

E’ necessario aggiungere, con riferimento al sopra citato principio di diritto (Cass. 13078/2008), che la parte non riportata in grassetto (“…in questo caso, però, la suddetta decadenza può essere evitata dal creditore non solo iniziando l’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale, ma anche soltanto rivolgendo al fideiussore la richiesta di adempimento”) non è stata oggetto di rituali censure da parte della ricorrente. Pertanto questa Corte Suprema non può e non deve affrontare le relative problematiche; le quali peraltro (va aggiunto) concernono anche questioni di fatto (ad es. in ordine alla concreta tempestività e validità della richiesta di adempimento al fideiussore) e che quindi avrebbero dovuto far validamente parte della materia processuale dei gradi di merito (mentre nulla è ritualmente esposto dalla parte ricorrente sul punto).

Non rimane dunque che rigettare il ricorso.

La complessità delle questioni trattate e la non uniformità che in passato vi è stata in giurisprudenza circa le questioni sopra citate, costituiscono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di Cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

 

 

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