Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7985 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. I, 07/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 07/04/2011), n.7985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16077-2005 proposto da:

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI ENNA (C.F.

(OMISSIS)), in persona del Direttore Generale

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 142,

presso l’avvocato PETRALIA FRANCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato D’ORTO PIETRO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati POLIZZOTTO

SALVATORE, POLIZZOTTO MARCELLA, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2005 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 04/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza 4 febbraio 2005, la Corte d’appello di Caltanissetta ha determinato le indennità dovuta al signor B.G. dal Consorzio per l’Area di Sviluppo industriale di Enna per l’occupazione d’urgenza e l’espropriazione del suo fondo in ragione di un valore, quale area edificabile, di Euro 10,33/mq, e ha applicato il criterio di calcolo stabilito dalla L. n. 359 del 1993, art. 5 bis per le aree edificabili. La corte ha accertato che la dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza dell’opera da eseguire risaliva ad un Decreto Regionale in data 12 giugno 2000, che al momento dell’espropriazione l’area espropriata era compresa in zona D – produttivo industriale, nel piano regolatore generale di Enna approvato sin dal 1979. La corte ha inoltre escluso l’applicabilità del criterio indicato dalla L. n. 865 del 1971, art. 16 pur richiamato dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 e dalla L.R. Siciliana n. 21 del 1984, art. 21 essendo stata la disposizione dichiarata incostituzionale.

2. Per la cassazione di questa sentenza il consorzio ricorre per quattro motivi.

Il signor B. resiste con controricorso, illustrato anche con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la disapplicazione – erroneamente motivata con il principio dell’autosufficienza dell’edificabilità legale del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 53 e art. 31 (recte: art. 21) della L.R. Siciliana n. 1 del 1984, norme che richiamano la L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 17 per la determinazione dell’indennità di espropriazione. La legge regionale citata, che richiama il D.P.R. n. 218 del 1978, siccome emanata nell’ambito dei poteri di legislazione esclusiva della regione, non risentiva delle modificazioni apportate alla legge statale, sicchè non poteva nella specie trovare applicazione la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis.

3.1. Il motivo è manifestamente infondato, essendosi la corte ripetutamente pronunciata sulla questione, in senso opposto a quello sostenuto dal consorzio ricorrente (v. per tutte Cass. 18 maggio 2006 n. 11742). E’ pertanto sufficiente ricordare che la norma invocata, contenuta nella L.R. Siciliana 4 gennaio 1984, n. 1, art. 21 non operava un rinvio diretto alla L. n. 865 del 1971, artt. 16 e 17, bensì alle “procedure previste dal testo unico delle leggi sul mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 53”; ed era poi quest’ultimo decreto che, per la determinazione delle indennità di espropriazione, rinviava alla “L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 17, e successive modificazioni e integrazioni”.

Peraltro, al tempo dell’emanazione della norma regionale, il rinvio contenuto nella norma statale (D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53) non poteva avere il contenuto che il consorzio ricorrente gli assegna, perchè la Corte costituzionale aveva già dichiarato, con la sentenza n. 5 del 1980, l’incostituzionalità della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, commi 5, 6 e 7, come modificati dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14 e della L. 92 ottobre 1971, n. 865, art. 20, comma 3, come modificato dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14; con la conseguenza che i criteri di calcolo delle indennità di espropriazione e di occupazione delle aree esterne ai centri edificati di cui all’art. 18 della stessa Legge erano stati espunti dall’ordinamento. Il rinvio della legge regionale, mediato dal Decreto n. 218 del 1978, art. 53, pertanto non poteva estendersi alle norme già dichiarate incostituzionali.

4. Con il secondo motivo si sostiene che, laddove dovesse applicarsi la L. n. 393 del 1992, art. 5 bis le aree non edificabili dovrebbero essere in ogni caso indennizzate con il criterio del valore agricolo medio delle aree agricole, e che le aree ricadenti nei piani regolatori dei consorzi di sviluppo industriale non sono legalmente edificabili se non in relazione alle finalità di pubblico interesse cui è riconnessa la dichiarazione di pubblica utilità derivante dai piani medesimi. L’inedificabilità legale troverebbe conferma nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37.

4.1. Anche questo motivo è manifestamente infondato.

Va premesso che nella fattispecie non trova applicazione il D.P.R. n. 327 del 2001, stante l’anteriorità della dichiarazione di pubblica utilità all’entrata in vigore del decreto, le cui disposizioni si applicano solo ai nuovi procedimenti espropriativi, e non ai giudizi in corso (cfr. Cass. 28 novembre 2008 n. 28431; 21 giugno 2010 n. 14939).

In fatto, secondo il giudizio della corte territoriale, basato su un accertamento di fatto immune da censure, nel piano regolatore generale l’area in questione era compresa in zona D, produttivo – industriale, e da tale previsione di zona è stata correttamente dedotta l’edificabilità legale dell’area espropriata, posto che ai fini della qualificazione dell’area, in funzione della stima del suo valore venale e quindi dell’ammontare dell’indennità di espropriazione, rileva esclusivamente il vincolo conformativo stabilito dal piano regolatore generale.

La tesi secondo cui in questi casi occorrerebbe tener conto dei vicoli derivanti dal piano regolatore dell’area di sviluppo industriale, approvato a norma del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 è errata. I piani in questione sono redatti seguendo, in quanto applicabili, i criteri e le direttive indicati nella L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 5, comma 2 per i piani territoriali di coordinamento. Essi contengono dunque l’individuazione e la delimitazione delle zone da destinare a sviluppo industriale, le quali implicano vincoli di carattere conformativo e di durata indeterminata (L. n. 1159 del 1942, art. 6, comma 1 richiamato dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 51, comma 6), ma come strumenti urbanistici di primo livello non li introducono direttamente. Questa corte, infatti, ha già chiarito che i vincoli conformativi non discendono direttamente dal piano redatto dal consorzio, quantunque approvato dal comune, ma dalla concreta attuazione che lo stesso comune dia al piano, adottando le consequenziali modifiche del piano regolatore generale, le quali soltanto sono idonee a fornire la qualificazione urbanistica della zona, costituente il parametro della determinazione dell’indennità di espropriazione (Cass. 23 marzo 2001 n. 4200). Posto poi che le previsioni in questione siano recepite nel piano regolatore generale i vincoli conformativi diventano applicabili a tutti gli effetti, e comportano l’edificabilità legale dell’area, sebbene a fini industriali. Nè è sufficiente, ad escludere l’edificabilità legale, la sola previsione dell’iniziativa pubblica per l’attuazione del piano di zona mediante costruzione di edifici industriali, posto che l’esercizio dell’industria non è riservato in via di principio alla mano pubblica. L’iniziativa pubblica, consentita da norme speciali, non costituisce un’implicazione necessaria della destinazione conformativa data dal piano regolatore alla zona, qualificandola come zona D), secondo le previsioni del D.I. 2 aprile 1968, n. 1444 (attuativo della Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, art. 41 guinquies nei testo risultante dalle modifiche apportate dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 17), vale a dire come zona destinata a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati. Valore di vincolo espropriativo, come tale ininfluente nella determinazione dell’indennità dovuta all’espropriato, hanno invece le previsioni di iniziativa pubblica esclusiva nella realizzazione del piano del consorzio, contenute nella legislazione nazionale e regionale, perchè la loro operatività presuppone la dichiarazione di pubblica efficacia delle opere di realizzazione del piano.

5. Con il terzo motivo si denuncia per violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e per vizi di motivazione la stima del valore dell’area espropriata, che non avrebbe tenuto conto del criterio dell’edificabilità di fatto, la quale mancherebbe in ragione della destinazione a monocultura cerealicola, della distanza chilometrica dai centri urbani e della mancanza delle infrastrutture urbanistiche.

Il motivo è manifestamente infondato, ponendosi in contrasto con il principio per il quale nel sistema di disciplina della stima dell’indennizzo espropriativo introdotto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis caratterizzato dalla rigida dicotomia, che non lascia spazi per un tertium genus, tra aree edificabili (indennizzabili in percentuale del loro valore venale) ed aree agricole o non classificabili come edificabili (tuttora indennizzabili in base a valori agricoli tabellari ex L. n. 865 del 1971) – un’area va ritenuta edificabile quando, e per il solo fatto che, come tale, essa risulti classificata al momento dell’apposizione del vincolo espropriativo dagli strumenti urbanistici, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza della edificabilità legale; mentre la cosiddetta edificabilità di fatto rileva esclusivamente in via suppletiva – in carenza di strumenti urbanistici – ovvero, in via complementare (ed integrativa), agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell’area espropriata, incidente sul calcolo dell’indennizzo (giurisprudenza consolidata a partire da Cass. Sez. un. 23 aprile 2001 n. 172).

5.1. Il ricorso deve essere respinto, restando assorbito il quarto motivo, con il quale si chiede un diverso regolamento delle spese in conseguenza dell’auspicato accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il consorzio soccombente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre alla spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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