Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7984 del 21/04/2020
Cassazione civile sez. lav., 21/04/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 21/04/2020), n.7984
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22245/2016 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI
134, presso lo studio dellavvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e
difesa dall’avvocato PAOLO TOSI;
– ricorrente –
contro
P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTIO CALVINO
33, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO BOSCO, rappresentato e
difeso dall’avvocato MAURO ZENATTO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 481/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 26/09/2015, R.G.N. 1121/2012.
Fatto
RILEVATO
– che, con sentenza del 26 settembre 2015, la Corte d’Appello di Venezia confermava la decisione resa dal tribunale di Padova e accoglieva la domanda proposta da P.L. nei confronti di Poste Italiane S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della risoluzione del rapporto per mancato superamento della prova;
– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, l’illegittimità dell’apposizione del patto di prova nell’ambito di un rapporto lavorativo preceduto da altri rapporti di lavoro in cui il lavoratore aveva svolto le medesime mansioni, non rilevando in senso contrario la novità del contesto lavorativo;
– che per la cassazione di tale decisione ricorre Poste Italiane S.p.A., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il P..
Diritto
CONSIDERATO
– che, con il primo motivo, della ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2096 c.c., in una con il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, imputa alla Corte territoriale l’aver fondato il proprio convincimento sull’erroneo presupposto dell’identità di mansioni, quando il patto di prova è volto ad una verifica che va oltre la qualità professionali per investire il comportamento e la personalità del lavoratore;
che il motivo deve ritenersi inammissibile, atteso che, mentre la pronunzia della Corte territoriale risulta espressa in coerenza con il principio di diritto accolto da questa Corte per cui l’apposizione del patto di prova potrebbe essere legittima anche a fronte di un rapporto di lavoro che contempli lo svolgimento di mansioni analoghe a quelle in precedenza espletate presso il medesimo datore di lavoro ove si accerti la sussistenza di ragioni che giustifichino l’utilità del ricorso al patto di prova per una verifica ulteriore rispetto a quella relativa alle qualità professionali, il convincimento in cui si concreta la ratio decidendi sulla quale la Corte territoriale fonda la pronunzia, convincimento per il quale il diverso ambito territoriale nel quale il lavoratore era tenuto ad operare a seguito della nuova assunzione era tale da non presentare caratteristiche peculiari idonee a giustificare il ricorso al patto di prova, risulta solo apoditticamente confutato, contrapponendo la Società ricorrente alla valutazione della Corte territoriale circa l’inconfigurabilità nella specie dell’apposizione del patto come rispondente a finalità apprezzabile e non elusiva di norme cogenti, la mera affermazione della rilevanza della diversità dell’ambito territoriale al fine di escludere l’identità delle mansioni;
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
– le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020