Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7983 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. I, 22/03/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 22/03/2021), n.7983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18904/2015 proposto da:

P.P.A.M., e P.F., in proprio e nella

qualità di eredi di G.C., elettivamente domiciliati in Roma,

Piazza Borghese n. 3, presso lo studio dell’avvocato Andrea Guarino,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cecilia

Martelli, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ARTE – Agenzia Regionale Territoriale – di La Spezia, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Viale Giulio Cesare n. 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato

Gabriele Pafundi, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati Luigi Cocchi, e Silvio Quaglia, giusta procura a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

P.P.A.M. e P.F., in proprio e nella

qualità di eredi di G.C., elettivamente domiciliati in Roma,

Piazza Borghese n. 3, presso lo studio dell’avvocato Andrea Guarino,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cecilia

Martelli, giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 972/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 15/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2021 dal Cons. Dott. Marco Marulli.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza 972/2014 del 15.7.2014 la Corte d’Appello di Genova, attinta in riassunzione da G.G. in proprio e nella veste di mandataria ad negotia di G.C. di seguito alla sentenza 3665/1997 di questa Corte, pronunciatasi sul contenzioso insorto tra le G. e, tra gli altri, lo IACP di La Spezia – di seguito divenuto ARTE-Agenzia Regionale Territoriale di La Spezia – in merito all’occupazione appropriativa da parte di quest’ultimo di alcuni fondi delle prime da destinarsi alla realizzazione di un PEEP, ha dichiarato l’estinzione del proposto giudizio sul rilievo che la riassunzione era stata officiata a mezzo di procuratore alle liti privo di mandato ed ha ordinato alle appellanti P.P.A.M. e P.F., nelle more succedute nel processo quali eredi di G.C., la restituzione delle somme incamerate a titolo risarcitorio.

“Dalla documentazione prodotta a seguito dell’ordinanza collegiale di questa Corte del 4/2/2014” – si legge in sentenza – ed “in particolare dal certificato di morte di G.G. emerge che tale parte è deceduta in data (OMISSIS), mentre il presente giudizio di rinvio, promosso a nome della G. in proprio e quale procuratore generale di G.C., è stato introdotto con atto di citazione notificato il 7/5/1998. In sostanza, il decesso della parte impugnante in riassunzione ex art. 392 c.p.c., è avvenuto nel periodo intercorrente tra la pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione n. 3665 del 28/4/1997 e la notifica della citazione”. Richiamati, perciò, i principi affermati da SS.UU 15783/2015 e considerato che per effetto della morte della G.G. si erano estinti tutti i mandati dalla stessa rilasciati, consegue a giudizio del decidente che l’atto di riassunzione, alla cui notificazione per conto delle G. aveva proceduto l’avvocato a suo tempo nominato da G.G. nell’introdurre il giudizio in primo grado, debba considerarsi “affetto da radicale nullità per difetto di ius postulandi” e che il giudizio debba per questo essere dichiarato estinto non essendo stato riassunto tempestivamente con ogni ovvia conseguenza restitutoria.

Per la cassazione dell’indicato pronunciamento si ergono ora i P., con ricorso svolto in via principale forte di quattordici motivi, a cui hanno fatto seguire pure memoria, e l’ARTE con ricorso incidentale affidato a due motivi, seguito anch’esso da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo del ricorso principale i P. lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 299,300 e 392 c.p.c., del principio di ultrattività del mandato e degli artt. 1722,1723 e 1728 c.c.. Sostengono gli impugnanti che nel dichiarare l’estinzione del giudizio, in ragione della rilevata carenza dello ius postulandi in capo al difensore che aveva proceduto a notificare l’atto di citazione in riassunzione in nome delle G., per essersi estinto il mandato al medesimo conferito in conseguenza della morte dell’officiante G.G., la Corte d’Appello si era richiamata ad un superato orientamento delle SS.UU., ora orientate a riconoscere l’ultrattività del mandato difensivo rilasciato dalla parte deceduta anche oltre la fase processuale in cui ne era avvenuto il conferimento, ed era perciò incorsa in un duplice errore di diritto. Da un lato, essa “ha errato nella misura in cui non ha riconosciuto la validità, anche ai fini della riassunzione della procura rilasciata nella fase di merito, nel 1992 (RG 126/92), dalla Signora G.G. in proprio e nella qualità di G.C.”; risultava, per vero, da questa che la G.G. aveva conferito all’avv. Alberto Lucchini, che in tale veste aveva proceduto alla riassunzione dell’odierno giudizio, mandato a rappresentarla e difenderla “nella presente procedura anche in grado di appello”, con la conseguenza che, dovendo divisarsi perciò l’ultrattività del mandato a suo tempo rilasciato, il giudizio era stato regolarmente riassunto e non avrebbe dovuto essere dichiarato estinto. Dall’altro, “in accordo con questa lettura del principio di ultrattività, in corretta applicazione dell’art. 1722 c.c. e art. 300 c.p.c., la Corte d’Appello avrebbe dovuto giudicare valida ed ultrattiva anche la procura apposta a margine dell’atto di riassunzione”.

3. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento, caducando alla radice l’impugnato pronunciamento, solleva dall’esame degli ulteriori motivi di ricorso, che reiterano sotto altra veste la medesima censura declinata con il primo motivo di ricorso (motivi da 2 ad 8) ovvero insistono per la cassazione dell’obbligo restitutorio enunciato dal decidente quale conseguenza della estinzione del giudizio dichiarata dal medesimo (motivi da 9 a 14).

4. Quantunque la vicenda in disamina si riveli, in ragione dei principi affermati dalle SS.UU. nella sentenza 15295/2014, di pronta ed immediata soluzione, la tortuosità del suo percorso processuale, dipanatosi per oltre un quarantennio e sviluppatosi dopo tre giudizi di appello e due giudizi di cassazione – e che, per effetto della pronuncia che verrà adottata in questa sede, conoscerà presumibilmente un ulteriore snodo processuale – consiglia di procedere, anche per replicare a qualche riflessione di parte, ad una puntualizzazione degli aspetti essenziali della vicenda che non sono oggetto di contestazione in linea di fatto e la cui cognizione è consentita al collegio dal diretto accesso agli atti di causa.

5. Orbene, dopo la prima pronuncia di questa Corte (8585/1991), la G.G., in nome proprio e per conto di G.C., in rappresentanza della quale essa aveva agito in forza della procura generale rilasciatale da questa, officiava l’avv. Alberto Lucchini di riassumere il giudizio avanti alla Corte d’Appello conferendo allo stesso la facoltà di rappresentare sè e la litisconsorte “nella presente procedura anche in grado di appello”. Notificato perciò l’atto di citazione in riassunzione in data 8.9.1992 e nuovamente cassata da questa Corte (3665/1997) l’impugnata pronuncia d’appello, la causa era nuovamente riassunta sempre per il ministero dell’avv. Lucchini, a cui era rinnovato il mandato con la medesima formulazione adottata in occasione della precedente riassunzione, con atto di citazione notificato il 7.5.1998. Peraltro, essendo deceduta la G.G. il (OMISSIS), il giudice adito nell’occasione, avanti al quale si era costituita in data 7.11.2003 in proprio G.C., procedeva a dichiarare l’interruzione del processo a seguito del decesso pure di quest’ultima ed il giudizio veniva quindi riassunto, per approdare alla definizione con la sentenza qui impugnata, dagli eredi di G.C., P.P.A.M. e P.F.. Sono perciò punti fermi in via di fatto, volendo sintetizzare, a) che la G.G. ebbe a rappresentare processualmente la G.C. sino alla costituzione di questa nel secondo giudizio di riassunzione; b) che alla riassunzione anche del secondo giudizio avanti alla Corte d’Appello provvide, pur se nelle more la G.G. era deceduta, l’avv. Lucchini; c) che l’avv. Lucchini era stato officiato del mandato difensivo sia per il primo giudizio di riassunzione che per il secondo.

6. Scrutinando il tratteggiato quadro di fatto la Corte d’Appello ha ritenuto di doversi richiamare agli enunciati di SS.UU. 15783/2005 secondo cui il principio d’irrilevanza dell’evento in grado di incidere negativamente sulla capacità processuale della parte, non dichiarato nè comunicato dal suo difensore, opera relativamente alla fase in cui esso si verifica, negando, di conseguenza applicazione del principio di ultrattività del mandato per via del contrario principio codicistico che prevede l’estinzione del mandato in caso di morte del mandante (art. 1722 c.c., n. 4). E da questa premessa in diritto ha tratto la conclusione che, allorchè con l’atto di citazione notificato il 7.5.1998 l’avv. Lucchini aveva provveduto ad incardinare il secondo giudizio di riassunzione, non poteva farlo in quanto il decesso della G.G., intervenuto nella fase processuale tra la pubblicazione della sentenza 3665/1997 di questa Corte e la notifica della citazione, aveva estinto il mandato difensivo e l’estinzione del rapporto sostanziale, privando il difensore nominato dello ius postulandi, non poteva non riverberarsi negativamente sul rapporto processuale sorto in base ad un mandato non più efficace, determinando la conseguente estinzione del giudizio.

7. Senonchè è contrario convincimento – di cui si sono fatte espressione le SS.UU. 15792/2014, mosse dalla necessità di mediare tra la tutela, da un lato, della giusta parte processuale, da identificarsi dopo l’evento interruttivo, nel soggetto a cui in base alle regole codicistiche spetta proseguire il giudizio, e la tutela, dall’altro, della buona fede della controparte cui l’evento non sia reso noto e che crede, a ragione, che il suo attuale interlocutore processuale sia effettivamente la giusta parte processuale – che occorra riconoscere piena ed incondizionata efficacia al principio dell’ultrattività del mandato, di guisa che gli effetti di esso non si esauriscono in corrispondenza della definizione della fase processuale in cui ne avviene il conferimento, ma si espandono e si protraggono ovviamente in ossequio ai limiti intrinseci del mandato – per tutta la durata del giudizio poichè solo in tal modo, concludono le SS.UU., è possibile pervenire ad un “effetto stabilizzante per il processo ed evitare equivoci, arditi distinguo, ricerca di rimedi di salvaguardia e sanatoria, accertamenti incidentali relativi a condotte e stati psicologici”.

8. E tanto basta per evidenziare l’errore di diritto che infirma la decisione impugnata. Posto invero, secondo quanto si è osservato in fatto, che il mandato difensivo a suo tempo conferito dalla G.G. all’avv. Lucchini concerneva anche il giudizio di appello il principio della sua ultrattività mette il promosso giudizio al riparo dalle conseguenze deteriori argomentate dalla Corte d’Appello in base al superato orientamento delle SS.UU..

9. Nè osta alla regolazione dell’odierna vicenda processuale giusta gli enunciati di SS.UU. 15792/2014 la considerazione espressa dalla controricorrente secondo cui “la procura speciale rilasciata da G.G. dopo la sentenza della Cassazione e prima dell’atto di riassunzione proveniva da parte non costituita in giudizio e pertanto l’evento interruttivo non poteva non incidere, automaticamente sulla procura speciale e sui suoi effetti”.

Fermo più in generale il giudizio di rinvio costituisce la prosecuzione del giudizio di primo o di secondo grado conclusosi con la pronuncia della sentenza cassata, sicchè la parte che riassume la causa davanti al giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel pregresso giudizio di merito (Cass., Sez. III, 1/04/2010, n. 7983), il principio di ultrattività del mandato, considerato che l’avv. Lucchini era stato officiato anche per il giudizio di appello poi cassato, esclude che gli effetti di esso fossero venuti meno per il decesso della G. e, dunque, fino a quando l’evento della sua morte non sia stato dichiarato o reso altrimenti palese con gli effetti dell’art. 300 c.p.c., comma 2, il che avviene solo nel 2003, quando il giudizio di che trattasi era già pendente, la G.G. continuava ad essere validamente rappresentata nel giudizio dal procuratore cui aveva conferito a suo tempo il mandato.

Nè è produttiva di qualche effetto l’ulteriore riflessione che la controricorrente sviluppa in calce alla successione delle procure rilasciate dalla G.G. all’avv. Lucchini per dire che l’unica procura di cui occorre tener conto è quella a margine dell’atto di citazione notificato il 7.5.1998, dal momento che, se vale il principio dianzi richiamato secondo cui il giudizio di riassunzione non necessità del conferimento di un nuovo mandato, non si vede perchè, stante il principio di ultrattività di esso, l’avv. Lucchini non potesse perciò validamente riassumere il giudizio in base proprio al mandato in questione.

10. Di apparente maggior consistenza è l’obiezione concernente la posizione della G.C., riguardo alla quale si assume che, essendosi estinto il rapporto di rappresentanza tra essa e la G.G. per il decesso di questa in data (OMISSIS) come preveduto dall’art. 1722 c.c., n. 4, la G.G. non poteva rilasciare anche a nome di G.C. il mandato difensivo all’avv. Lucchini risultante dall’atto di citazione notificato dal medesimo il 7.5.1998, sicchè, non essendo stato riassunto tempestivamente il giudizio anche per conto della G.C., del tutto rettamente la Corte d’Appello aveva rilevato il vizio di postulazione ed aveva perciò pronunciato l’estinzione del giudizio.

L’obiezione è, però, di poco momento, poichè l’evento, come si evince dalla regola dettata dall’art. 1396 c.c., comma 2, non è opponibile ai terzi, di modo che, come si è già affermato, “la morte del mandatario ad negotia, costituitosi in giudizio per il mandante tramite procuratore legale, e la morte del mandante che sta in giudizio a mezzo di mandatario, in tanto hanno rilevanza processuale ed importano la interruzione del processo, in quanto siano dichiarate o notificate dal procuratore legale restando irrilevante che la morte di una delle parti sia nota al giudice od alla controparte e sia da quest’ultima comunicata nel processo” (Cass., Sez. III, 26/04/1983, n. 2866). Ed invero l’autonomia del rapporto processuale, tanto più alla luce del principio di ultrattività del mandato, che assicura la continuità del giudizio fino a che l’evento non sia dichiarato o reso altrimenti noto alla controparte, rende irrilevante l’evento altrimenti incidente sulla rappresentanza sostanziale che opera solo nel rapporto interno tra il mandante ed il mandatario, nel senso che le attività difensive dispiegate in nome di questo restano sempre imputabili anche al mandante, in questo condensandosi l’efficacia derogatoria, secondo l’interpretazione delle SS.UU., della rappresentanza processuale rispetto alla rappresentanza sostanziale.

11. Il primo motivo del ricorso principale va dunque accolto e la causa, cassata la sentenza impugnata, va rimessa al giudice a quo per un nuovo giudizio.

12. Il ricorso incidentale va invece giudicato inammissibile per difetto di soccombenza della parte impugnate.

Occorre invero considerare che per effetto della dichiarata estinzione del giudizio che ha visto perenta ogni ragione di gravame avversaria, ARTE è uscita formalmente vittoriosa dal giudizio.

Orbene è affermazione costante della giurisprudenza di questa Corte che “la parte vittoriosa non può proporre impugnazione incidentale, che presuppone la soccombenza, ma può chiedere al giudice del gravame di fornire, fermo restando il dispositivo, una soluzione giuridicamente più corretta, risollevando, in caso di appello, le medesime questioni ex art. 346 c.p.c., ovvero, innanzi alla Corte di cassazione, sollecitando il potere di correzione della motivazione ex art. 384 c.p.c.” (Cass., Sez. I, 30/07/2015, n. 16171). Non essendo perciò ARTE soccombente in senso tecnico essa è priva di legittimazione ad impugnare e non può quindi proporre ricorso per cassazione che va per questo dichiarato inammissibile per carenza di interesse (Cass., Sez. V, 13/07/2018, n. 18648).

Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente incidentale del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli ulteriori motivi del medesimo ricorso; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Genova che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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