Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7983 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 01/04/2010), n.7983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MESSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AURORA ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS) incorporante Winterthur

Assicurazioni S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore

Dott. S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CUNFIDA

20, presso lo studio dell’avvocato OLIVETI FRANCESCO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TRINELLI EDGARDO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ANAS SPA in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1063/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO, 3^

SEZIONE CIVILE, emessa il 25/2/2005, depositata il 05/07/2005, R.G.N.

2021/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 9195/2003 del 9 giugno 2003 questa Corte, nella causa introdotta dalla s.p.a. Veneta Assicurazioni nel febbraio del 1996 nei confronti dell’A.N.A.S. – difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato – essendosi surrogata nel credito – L. 16.698.000 – del suo assicurato per la responsabilità civile – vantato da costui, dipendente dell’A.N.A.S., per il rimborso delle spese legali sopportate in un processo penale in cui era stato assolto, accoglieva il ricorso dell’A.N.A.S. affermando la inapplicabilità della disciplina della surrogazione legale a norma dell'(art. 1916 c.c. non sussistendo nè una responsabilità dell’assicurato per un fatto commesso da persone di cui egli dovesse rispondere e nei cui confronti poter esercitare il regresso, nè un’ ipotesi di corresponsabilità dell’assicurato con regresso verso gli altri condebitori ai sensi dell’art. 2055 c.c..

Affermava inoltre questa Corte che il B. aveva diritto di esser rimborsato della spesa ai sensi del D.P.R. n. 335 del 1990, art. 20, dall’A.N.A.S., di cui era dipendente, mentre l’assicurazione non aveva pagato nessun indennizzo a terzi essendo stata esclusa la r.c. dell’assicurato. Perciò erroneamente i giudici di merito, accogliendo la domanda dell’assicurazione, avevano applicato l’art. 1916 c.c. e conseguentemente cassava, con rinvio, la sentenza del Tribunale di Torino del 9 giugno 2000.

L’A.N.A.S., difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato ai sensi del L. n. 138 del 2002, art. 7, comma 11, e R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, riassumeva il giudizio nei confronti dell’assicurazione chiedendo la condanna a restituire le somme corrisposte.

L’Aurora assicurazioni, subentrata alla Winterthur a sua volta subentrata alla Veneta assicurazioni, contestava la domanda dell’A.N.A.S. riaffermando i suoi diritti di surroga nel credito che il B. le aveva ceduto nei confronti dell’A.N.A.S. ai sensi del D.P.R. n. 335 del 1990, art. 20.

Con sentenza del 5 luglio 2005 la Corte di appello di Torino condannava l’Aurora assicurazioni a restituire all’A.N.A.S. quanto corrisposto , previo rigetto della preliminare eccezione di detta assicurazione di nullità della procura dell’A.N.A.S. all’Avvocatura dello Stato – formulata sul presupposto che il D.Lgs. n. 138 del 2002, con cui l’Ente Nazionale Strade era stato trasformato in s.p.a., consentiva di avvalersi, a norma degli artt. 7 e 11, del patrocinio erariale purchè il conferimento della procura avvenisse da parte di organo avente la rappresentanza sostanziale dell’Ente, non essendo più sufficiente il conferimento di essa da parte del Capo dell’Ufficio legale, come previsto dalla precedente disciplina poichè il R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, trova applicazione anche dopo detta trasformazione essendo l’Avvocatura rappresentante e difensore in giudizio in via organica ed esclusiva dell’A.N.A.S. se autorizzata, come nel caso di specie, salvo che l’Ente, con apposita delibera, non intenda avvalersi del patrocinio erariale, con conseguente superfluità del conferimento della procura all’Avvocatura distrettuale da parte dell’Ufficio legale.

Riteneva infatti, in particolare, che la reiterazione della tesi prospettata nel precedente giudizio di appello dall’assicurazione invocando l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 1916 c.c., esclusa dalla Corte di cassazione, era inammissibile.

Ricorre per cassazione la s.p.a. Aurora Assicurazioni cui resiste la s.p.a. Anas.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 c.p.c., comma 3, e art. 77 c.p.c. e D.L. n. 238 del 2002, art. 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 o comunque per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Per poter conferire validamente la procura è necessario che il conferente abbia la rappresentanza sostanziale del rapporto dedotto in giudizio (art. 77 c.p.c.), anche in relazione all’art. 100 c.p.c., e ciò anche per la procura per una persona giuridica, che, a norma dell’art. 75 c.p.c., comma 3, deve provenire da chi ne ha la rappresentanza, per legge o per statuto, non potendosi riconoscere la legittimazione processuale a chi non ha la titolarità sostanziale del rapporto, mentre per l’atto di riassunzione la procura dell’A.N.A.S. non è stata rilasciata dall’amministratore delegato o dal presidente di detto ente, ma dal capo dell’Ufficio relegale.

Pertanto il mandato era nullo, inefficace e tardivo perchè successivo alla notifica dell’atto introduttivo e all’iscrizione della causa a ruolo. Con D.Lgs. n. 138 del 2002 – art. 1 – l’Ente è stato trasformato in s.p.a. e il citato D.Lgs., art. 11, prevede la mera facoltà di avvalersi del patrocinio erariale disciplinato dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43.

Il motivo è infondato.

Pacifico infatti che, all’atto dell’introduzione del giudizio di primo e secondo grado per l’Ente pubblico – D.Lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, ex art. 1 e, successivamente, D.P.R. n. 242 del 1995 – era previsto il patrocinio facoltativo dell’Avvocatura dello Stato a norma dell’art. 2, quarto comma, D.Lgs. n. 143 del 1994 e che quindi non era necessario, in ordine ai singoli giudizi, che l’ente rilasciasse uno specifico mandato all’Avvocatura medesima, giacchè, a norma del R.D. n. 1611 del 1933, art. 45, anche al patrocinio cosiddetto facoltativo si applica il citato regio decreto, art. 1, comma 2, a termini del quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni, innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, bastando che consti della loro qualità (S.U. 484/1999, 6359 e 10894/2001, 19786/2006), va riaffermato che la riassunzione del r giudizio in sede di rinvio è attività di impulso processuale volta a riattivare la prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata, con la conseguenza che la parte che riassume la causa davanti al giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel giudizio di merito (cfr. Cass. 46663/01 e 1217/89 e plurimis).

Con il secondo motivo l’assicurazione deduce: “Violazione e/o falsa applicazione del art. 125 c.p.c., comma 2, e art. 165 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e, comunque per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Comunque il mandato all’Avvocatura è tardivo essendo stato conferito dopo la notifica dell’atto di riassunzione e dopo l’iscrizione della causa a ruolo, in violazione dell’art. 125 c.p.c., perchè oltre il termine previsto dall’art. 165 c.p.c., per costituirsi in giudizio.

Anche sotto tale profilo la procura è nulla.

Il motivo è infondato.

Va infatti ribadito che l’art. 125 disp. att. cod. proc. civ., n. 2, prescrive che l’atto di riassunzione contenga il nome delle parti e dei loro difensori con procura, ma non esige anche il conferimento di un nuovo e specifico mandato, sicchè1, per la riassunzione del giudizio in sede di rinvio, a seguito della cassazione della sentenza di appello, è sufficiente la procura inizialmente conferita, ove essa, in mancanza di limitazioni, debba ritenersi operante per tutti i gradi e le fasi del giudizio di merito, nel quale s’inserisce il giudizio di rinvio.

3.- Con il terzo motivo la medesima deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1916 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, o, comunque, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

L’art. 1916 c.c., realizza una successione a titolo particolare nel diritto di credito e quindi non si era verificata una cessione di esso, ma il perfezionamento della fattispecie all’atto del rimborso all’assicurato della somma pagata al suo difensore, avendo egli comunicato tale sua scelta all’ente di cui era dipendente e con cui vi era l’accordo di difenderlo per – fatti dipendenti dal servizio, salvo rivalsa – non ricorrente nella fattispecie – anche con difensori di fiducia del dipendente.

Il motivo è infondato.

Poichè la sentenza di cassazione vincola, in caso di annullamento della decisione impugnata per violazione di norme di diritto, il giudice di rinvio al principio di diritto affermato ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 1, in relazione ai presupposti di fatto della fattispecie, il giudice di rinvio non aveva la possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti, costituenti il presupposto necessario ed inderogabile della pronuncia espressa in diritto. Pertanto correttamente il giudice di rinvio ha ritenuto definitivamente decise tutte le questioni che costituiscono il presupposto logico giuridico della pronuncia di annullamento n. 9195/2003, escludendo perciò la possibilità di riesaminare o modificare la situazione di fatto, anche se in ipotesi erroneamente accertata e presupposta, sulla cui base risulta fondato il principio di diritto enunciato nella predetta sentenza.

4.- Concludendo il ricorso va respinto.

La ricorrente va condannata a pagare le spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di Cassazione pari ad Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

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