Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7982 del 21/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/03/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 21/03/2019), n.7982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27105-2014 proposto da:

GRAND HOTEL VIA VENETO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA POMPEO MAGNO 1,

presso lo studio dell’avvocato ILARIA TOLOMEI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LIVIA SALVINI giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

lo studio dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO CIAVARELLA giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3617/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 29/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/03/2019 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TASSONE KATE che ha concluso per infondato il 1 motivo di ricorso,

fondato il 2 e 3, assorbiti i restanti;

udito per il ricorrente l’Avvocato FUSO per delega dell’Avvocato

SALVINI che si riporta e chiede la cassazione senza rinvio;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROSSI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. Grand Hotel Via Veneto s.p.a. impugnava l’avviso di liquidazione emesso dal Comune di Roma per la maggiore imposta Ici dovuta per l’anno 2004 sostenendo che la notifica dell’avviso era inesistente e che, in ogni caso, spettava la riduzione del 50% dell’imposta in considerazione dell’inagibilità degli immobili oggetto di imposizione. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla CTR del Lazio sul rilievo, per quanto qui interessa, che la nullità della notifica degli avvisi di accertamento, in quanto effettuata direttamente presso il legale rappresentante della società, era stata sanata dalla costituzione in giudizio della parte a norma dell’art. 156 c.p.c.. Osservava, inoltre, che la censura concernente il mancato riconoscimento del beneficio previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, era infondata in quanto l’inagibilità o l’inabitabilità dell’immobile avrebbe dovuto essere accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario ovvero con dichiarazione sostitutiva di atto notorio e di ciò la parte non si era fatta carico. Non si poteva ritenere, invero, che dal rilascio della concessione edilizia e dalla presentazione della denunzia di inizio lavori discendesse l’inagibilità od inabitabilità del compendio immobiliare interessato dai lavori oggetto di concessione e la prova della sua totale e assoluta inutilizzabilità di fatto. Inoltre non rilevava il fatto che precedenti annualità d’imposta fossero state versate in misura ridotta, non rivestendo ciò efficacia preclusiva rispetto alla pretesa tributaria esercitata dal Comune.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a cinque motivi illustrati con memoria. Roma capitale si è costituita in giudizio con controricorso.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2384 c.c. e art. 145 c.p.c.. Sostiene che la CTR ha errato nell’affermare che, dal fatto che gli avvisi di liquidazione erano stati notificati direttamente nei confronti del legale rappresentante della società e non alla società stessa a norma dell’art. 145 c.p.c., derivava la mera nullità della notifica, come tale sanata dalla costituzione in giudizio, e non già l’inesistenza di essa. Invero gli avvisi erano stati notificati a mezzo posta al legale rappresentante della società ai sensi dell’art. 140 c.p.c., senza che ricorressero i presupposti di cui all’art. 145 c.p.c., u.c., e non era stato prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, alla L. n. 212 del 2000, art. 6, e all’art. 97 Cost.. Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che la riduzione d’imposta avrebbe potuto essere concessa solo qualora la parte avesse presentato richiesta di perizia o dichiarazione sostitutiva in quanto il Comune era già a conoscenza della inagibilità dell’immobile, dato il rilascio della concessione edilizia e la dichiarazione di inizio lavori da cui si evinceva l’entità dei lavori di ristrutturazione dell’immobile, per il che non si sarebbe potuto fare carico al contribuente di produrre ulteriore documentazione.

3. Con il terzo motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR ha omesso di motivare in ordine alla ritenuta irrilevanza della documentazione prodotta dalla parte da cui si sarebbe dovuto evincere che l’immobile era totalmente inagibile, data la qualità e la natura dei lavori edilizi e che solo nel 2009 era stato rilasciato il certificato di agibilità.

4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis, e alla L. n. 212 del 2000, art. 7. Sostiene che la CTR, con la sentenza impugnata, non ha esaminato la contestazione in ordine alla eccepita carenza di motivazione degli avvisi di accertamento.

5. Con il quinto motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ciò in quanto la CTR non ha motivato in ordine allo specifico rilievo secondo cui per gli anni d’imposta 2002, 2003 e 2005 il Comune non aveva emesso atti accertativi in quanto era edotto circa il menzionato iter ristrutturativo con annesso stato dell’immobile, sicchè era inspiegabile la successiva condotta del Comune che aveva notificato gli impugnati avvisi per il 2006, 2007 e 2008.

6. Osserva la Corte che le eccezioni di inammissibilità del ricorso svolte dal controricorrente sono infondate in quanto esso contiene l’esposizione dei fatti di causa e le ragioni delle doglianze; inoltre esso non sottende il riesame del fatto ma la rivalutazione di questioni di diritto.

7. Il primo motivo di ricorso è infondato. Va considerato, invero, che la contribuente, come emerge dalla sentenza impugnata, ha impugnato gli avvisi di liquidazione tempestivamente e ritualmente, il che induce a ritenere sanata la nullità della notifica effettuata, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., direttamente al legale rappresentante della società senza che prima sia stata tentata infruttuosamente la notifica nei confronti della società, come pure è sanata la mancata produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata inviata al legale rappresentante medesimo.

Occorre sul punto richiamare il principio affermato dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite con la sentenza n. 14916 del 20/07/2016 secondo cui “Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicchè i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c..”

8. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. Essi sono infondati. Occorre premettere che, in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50 per cento, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, e, qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità – accertabili dall’ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente – permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto.

Nel caso di specie legittimamente il giudice di appello ha rigettato il ricorso ritenendo non idoneamente provato lo stato di inagibilità dell’immobile in quanto, per l’anno 2004, non si poteva ritenere che il Comune fosse a conoscenza di tale circostanza, in mancanza di perizia a carico del proprietario o di dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Invero dal mero rilascio della concessione edilizia e dalla dichiarazione di inizio lavori non si sarebbe potuto evincere la totale inagibilità del fabbricato nè poteva costituire prova della conoscenza dello stato dell’immobile la comunicazione di violazioni urbanistico edilizie allegata alla Det. dirigenziale del Municipio 1 di Roma del 27 luglio 2006, n. 1648, posto che essa attiene ad una annualità successiva a quella per cui è causa. La contribuente, dunque, neppure in questo grado di giudizio, ha addotto elementi idonei a far ritenere che il Comune, in considerazione dell’emanazione di atti di sua diretta provenienza, dovesse ritenersi a conoscenza dello stato di inagibilità dell’immobile per l’anno 2004.

9. Il quarto motivo è inammissibile poichè è privo del requisito dell’autosufficienza sancito dall’art. 366 c.p.c., avendo la ricorrente censurato la sentenza della commissione tributaria regionale sotto il profilo della omissione del giudizio in ordine alla motivazione gli avvisi di liquidazione senza riportarne il testo. Ciò facendo la ricorrente non ha consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare che i predetti avvisi non sono atti processuali, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a loro fondamento (cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013).

10. Il quinto motivo è inammissibile. Deve premettersi che la sentenza impugnata risulta emessa in data successiva al 12 settembre 2012, sicchè trova applicazione il nuovo dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Proprio a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., ed al fine di chiarire la corretta esegesi della novella, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte che, con la sentenza del 7 aprile 2014, n. 8053, hanno ribadito che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, ed è solo in tali ristretti limiti che può essere denunziata la violazione di legge, sotto il profilo della violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4. Nella fattispecie, atteso il tenore della sentenza impugnata, deve escludersi che ricorra un’ipotesi di anomalia motivazionale riconducibile ad una delle fattispecie che, come sopra esposto, in base alla novella consento alla Corte di sindacare la motivazione. Ciò in quanto la CTR ha motivato la ritenuta irrilevanza della circostanza relativa alla mancata esazione della maggiore imposta per gli anni d’imposta 2002, 2003 e 2005 su la base della insindacabilità della scelta dell’ente esattore di esigere o meno le singole annualità.

10. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidati come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto, – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – L. di stabilità 2013), che – ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a Roma capitale le spese processuali che liquida in Euro 5.600,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

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