Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7977 del 28/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/03/2017, (ud. 14/12/2016, dep.28/03/2017),  n. 7977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28817-2015 proposto da:

Z.C. SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’avvocato GABRIELE CRISTINZIO

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3827/51/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

RIGIONALE di NAPOLI del 13/02/2015, depositata il 27/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/12//2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

MANZON;

disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 13 febbraio 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania respingeva l’appello proposto da Z.C. srl avverso la sentenza n. 350/13/13 della Commissione tributaria provinciale di Caserta che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES, IVA 2007. La CTR in particolare osservava che la ripresa fiscale era fondata sulla circostanza che nel preliminare di vendita immobiliare oggetto della ripresa medesima era indicato un prezzo appunto superiore di Euro 75.000 a quello poi indicato nel rogito, mancando nel rogito stesso alcun riferimento alla causa di questa riduzione; che la separata dichiarazione che era stata allegata dalla società contribuente quale prova di tale causa (transazione sulle finiture dell’immobile e mancanza di certificato di abitabilità dello stesso) non poteva considerarsi tale, in quanto unilateralmente sottoscritta dalla sola venditrice, odierna ricorrente, a fronte di un impegno contrattuale valido ed efficace quale quello sancito dal preliminare di compravendita; che nessuna altra prova era stata fornita dalla appellante.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – la società ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè la CTR ha nella sostanza omesso di esaminare la critica mossa con il primo motivo dell’appello alle considerazioni fatte dalla CTP sulla questione del differenziale di prezzo tra il contratto preliminare ed il contratto definitivo di una vendita immobiliare basante l’accertamento induttivo impugnato, in particolare non tenendo conto dell’ulteriore documentazione prodotta da essa stessa ricorrente che tale differenziale giustificava.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha puntualmente risposto al motivo di gravame in oggetto, ancorchè incentrando la propria motivazione sulle ragioni dell’Ente impositore, più che su quelle della contribuente, laddove ha rilevato che detto documento, prodotto a contrasto) della ripresa fiscale, non aveva validità probatoria sia perchè, a differenza del contratto preliminare, non era sottoscritto dal terzo acquirente ed era privo di data sia perchè, più in generale, nel rogito notarile mancava qualsiasi riferimento alla riduzione del prezzo della compravendita. Non vi è stata dunque alcuna “omessa pronuncia” da parte del giudice di appello, la cui decisione, al più, poteva essere censurata – ma non lo è stata – per vizio) motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ancorchè nei ristretti limiti imposti dalla novella di tale previsione codicistica.

Con il secondo morivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e art. 40, art. 2729 c.c..

La censura è infondata.

Va invero ribadito che “In tema di contenzioso tributario, spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità. (Nella specie, la S.C., nell’enunciare il principio, ha rigettato il motivo di ricorso, in quanto la censura si risolveva esclusivamente in una valutazione alternativa del materiale probatorio)” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 101 del 08/01/2015, Rv. 634118).

Il mezzo proposto, contrariamente a tale principio di diritto, richiede a questa Corte non la verifica della legittimità del ricorso alle presunzioni semplici fatto dapprima nell’atto impositivo impugnato e poi dai due giudici del merito, bensì la valutazione di un procedimento logico deduttivo alternativo a quello della sentenza impugnata.

Il ricorso deve dunque essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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