Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7975 del 21/04/2020

Cassazione civile sez. lav., 21/04/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 21/04/2020), n.7975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26023/2015 proposto da:

T.L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

G. MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato ELIO VITALE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA FLAMINIA 135, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI

GIAMMARIA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 120/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/05/2015 R.G.N. 6191/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva respinto l’opposizione proposta da T.G.L. avverso il decreto ingiuntivo con il quale Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (R.F.I. s.p.a.) aveva chiesto il pagamento della somma di Euro 22.811,37, oltre interessi anoticistici, così ripetendo la somma indebitamente pagata dalla società in forza di una sentenza resa in primo grado tra le stesse parti poi modificata, riducendo la somma dovuta, in appello.

2. Il giudice di appello ha ritenuto che R.F.I. s.p.a. fosse legittimata a chiedere la restituzione sul rilievo che il rapporto di lavoro del T., originariamente intercorso con l’Ente Ferrovie dello Stato e cessato il 1.11.1990, non fu mai trasferito a Trenitalia s.p.a. atteso che alla data della cessione del ramo di azienda (nel novembre del 2000) il credito non era stato ancora accertato, atteso che la sentenza di appello è del 19 gennaio 2000. Legittimato a chiedere la restituzione era perciò F.S. s.p.a. poi divenuta R.F.I. s.p.a.. Ha poi accertato l’esistenza del titolo in base al quale la società ha agito in via monitoria per la restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado riformata. Ancora ha accertato che le somme, oggetto di espropriazione presso terzi con cessione pro solvendo per ordine del giudice dell’esecuzione che le ha assegnate, erano state effettivamente percepite non essendo stata offerta la prova che l’espropriazione presso il terzo fosse stata vanamente eseguita.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre T.L.G. articolando tre motivi ai quali resiste con controricorso Rete Ferroviaria Italiana s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., artt. 1321 c.c. e segg., artt. 1362 c.c. e segg., artt. 1372 e 2697 c.c. e degli artt. 81,100, 110,111 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio nonchè per illogicità e non congruità della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4.1. Sostiene il ricorrente che la Corte di appello avrebbe accertato la legittimazione attiva di RFI s.p.a. muovendo dall’errato presupposto che il credito vantato dalla società era stato accertato dopo che il trasferimento di azienda da F.S. s.p.a. a Trenitalia s.p.a. era già avvenuto (il 28.11.2000) laddove invece la sentenza che ha accertato il credito della società era ad esso antecedente (la sentenza è del 19.1.2000 e non del 19.1.2001). Inoltre non si sarebbe tenuto conto del fatto che la cessionaria aveva assunto su di sè i debiti della cedente, anche nei confronti dei terzi, quali risultanti dalle scritture contabili.

4.2. Sostiene inoltre l’incongruità della decisione che affida l’individuazione della legittimazione attiva ad eventi estranei al contesto contrattuale e determinati da decisioni giudiziali.

4.3. Osserva poi che era onere della società, la quale non vi aveva adempiuto, provare la sua legittimazione che, peraltro, nella specie era insussistente. Sottolinea infatti che dall’oggetto sociale della società si evince la sua estraneità ai rapporti connessi al ramo di azienda trasporti ceduto.

5. Il motivo non può essere accolto.

5.1. La Corte ha ricostruito che, in data 1 giugno 2000, Ferrovie dello Stato s.p.a. aveva ceduto in affitto a Italiana Trasporti Ferroviari s.p.a. il ramo d’azienda relativo al personale viaggiante. Ha poi accertato che dal 28 novembre 2000 il ramo di azienda era stato ceduto a Trenitalia s.p.a..

5.2. Tanto premesso la Corte di merito ha proceduto all’interpretazione degli artt. 19 e 20 del contratto di affitto di azienda intercorso ed ha verificato che la società ITF, poi divenuta Trenitalia s.p.a., non era subentrata nei crediti o nei debiti sorti prima dell’inizio dell’attività fatta eccezione per quelli “dei dipendenti esistenti e risultanti dalle scritture contabili di FS”. Fatta questa necessaria premessa, quindi, il giudice di secondo grado ha verificato che il rapporto di lavoro del T. era cessato il 1 novembre 1990 e che il credito vantato dal lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro (l’Ente Ferrovie dello Stato) non era stato ancora accertato nel novembre 2000 quando il ramo di azienda era stato ceduto sicchè non poteva essere iscritto nelle scritture contabili e, conseguentemente, trasferito alla cessionaria che perciò non era legittimata attivamente a chiederne la restituzione.

5.3. Ciò posto rileva il Collegio che delle due questioni poste con il primo motivo di ricorso quella con la quale si deduce l’errore della Corte di merito nell’individuare la data della sentenza che ha accertato il credito è inammissibile perchè denuncia un errore percettivo della Corte di merito che avrebbe dovuto essere fatto valere con la specifica ed insostituibile azione revocatoria davanti alla stessa Corte di appello.

5.4. Quanto alla questione dell’iscrizione nelle scritture contabili della cedente del credito va rilevato che di essa non vi è traccia nella sentenza ed il ricorrente non chiarisce se, dove come e quando fosse stata già sollevata così incorrendo nella violazione dell’art. 366 c.p.c..

6. Deve invece essere accolto il secondo motivo di ricorso nella parte in cui deduce che erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto irrilevante la mancanza di prova dell’effettivo pagamento delle somme di cui si chiede la ripetizione a seguito dell’assegnazione disposta dal giudice dell’esecuzione.

6.1. In tema di espropriazione presso terzi, l’ordinanza di assegnazione al creditore del credito spettante verso il terzo al debitore esecutato, opera il trasferimento coattivo ed immediato del credito stesso al creditore pignorante, alla stregua di una “datio in solutum”, oltre che la conclusione dell’espropriazione; peraltro l’assegnazione del credito, in quanto disposta in pagamento salvo esazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., non opera anche l’immediata estinzione del credito per cui si è proceduto in via esecutiva, la quale è assoggettata alla condizione sospensiva del pagamento che il terzo assegnato esegua al creditore assegnatario, evento con il quale si realizza il duplice effetto estintivo del debito del “debitor debitoris” nei confronti del debitore esecutato e del debito di quest’ultimo verso il creditore assegnatario (cfr. Cass. 31/03/2011 n. 7508 e 29/11/2018n. 30862).

6.2. Ne consegue che la Corte avrebbe dovuto verificare in concreto se vi era prova dell’avvenuto pagamento da parte del terzo all’assegnatario e non poteva ritenere adempiuta l’obbligazione solo per effetto del provvedimento di assegnazione.

7. Sotto tale profilo pertanto il ricorso deve essere accolto, restando qui assorbito l’esame degli altri profili di censura contenuti nel secondo e nel terzo motivo di ricorso. Per l’effetto la sentenza, cassata in relazione alla censura accolta, deve essere rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che nel riesaminare la fondatezza dell’azione di ripetizione di indebito proposta verificherà se vi è prova dell’avvenuto pagamento in favore del T. da parte del terzo. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo nei sensi di cui in motivazione, assorbito il terzo. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020

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