Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7974 del 28/03/2017

Cassazione civile, sez. I, 28/03/2017, (ud. 03/02/2017, dep.28/03/2017),  n. 7974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15553/2012 proposto da:

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, in

persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo Imi S.p.a., derivante dalla fusione per

incorporazione del SANPAOLO IMI S.P.A. in BANCA INTESA S.P.A., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 173, presso

l’avvocato Maccarone Salvatore, che la rappresenta e difende, giusta

procura per Notaio Dott.ssa P.A. di NAPOLI – Rep. n.

(OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5446/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2017 dal cons. VALITUTTI ANTONIO;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato CLAUDIO CARDILLO, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO

Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Sanpaolo Imi s.p.a. (incorporante il Banco di Napoli) proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, ex art. 2, con la quale le era stato intimato il pagamento della somma di Euro 117.034,34, in favore del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, a titolo di corresponsione degli interessi moratori sulle rate del contributo in conto interessi – concesso dalla Stato in relazione al mutuo erogato dal predetto istituto di credito, ai sensi della L. 27 giugno 1966, n. 910 – indebitamente corrisposte dall’amministrazione alla banca, e tardivamente restituite, per il periodo dall’1 luglio 1989 al 9 marzo 1998, a seguito della sottoposizione del Consorzio delle Cooperative della Riforma Fondiaria in Puglia, Lucania e Molise soc. coop. a r.l. – beneficiario di detta erogazione – alla procedura di liquidazione coatta amministrativa. Il Tribunale adito accoglieva l’opposizione, dichiarando l’illegittimità dell’ordinanza ingiunzione opposta.

2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 5446/2011, depositata il 16 dicembre 2011, facendo applicazione dell’art. 2033 c.c., reputava, del pari, illegittimo il provvedimento dell’amministrazione, in presenza della buona fede della banca nel percepire l’erogazione in questione; il che comportava la decorrenza degli interessi, non dal pagamento, bensì dalla domanda, proposta dal Ministero solo con la richiesta di ordinanza ingiunzione.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, affidato ad un solo motivo. La resistente Intesa Sanpaolo Imi s.p.a. ha replicato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041, 2033 e L. Fall., art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Si duole il ricorrente del fatto che la Corte di Appello non abbia ritenuto fondata la pretesa del Ministero di pagamento delle somme dovute a titolo di interessi moratori sui ratei non dovuti composti da interessi capitalizzati, erogati dallo Stato a titolo di contributo, a fronte di mutui erogati dalla banca a sostegno all’attività agricola, ai sensi della L. 27 giugno 1966, n. 910 – a far tempo dall’1 luglio 1989, data di sottoposizione del Consorzio delle Cooperative della Riforma Fondiaria in Puglia, Lucania e Molise soc. coop. a r.l., al quale Intesa Sanpaolo Imi aveva erogato un mutuo agrario dell’importo di Lire 709.720.000, alla procedura di liquidazione coatta amministrativa. Ai sensi della L. Fall., artt. 54 e 55, invero, l’originario piano di ammortamento perderebbe efficacia, per effetto della sottoposizione del Consorzio alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, con conseguente sospensione degli interessi – oggetto del contributo statale – fino alla conclusione della procedura.

1.2. Osserva l’istante che, a fronte della domanda di restituzione delle rate maturate indebitamente corrisposte all’istituto di credito, pari a Lire 555.080.685, la banca opponente aveva restituito nel 1998 la sola sorte capitale (ovverosia gli interessi capitalizzati corrisposti a titolo di contributo statale sul mutuo erogato), oltre agli interessi moratori sulla stessa, del pari richiesti dall’amministrazione, dalla data della domanda (9 marzo 1998) fino al 28 aprile 1999. Con l’ingiunzione, oggetto del presente giudizio, il Ministero ha, pertanto, richiesto il pagamento degli ulteriori interessi moratori – sulla sorte capitale tardivamente restituita clan luglio 1989 al 9 marzo 1998, ancora non corrisposti dal San-paolo Imi s.p.a.. A fronte di tale domanda dell’amministrazione, la Corte territoriale – a parere del ricorrente – avrebbe del tutto erroneamente inquadrato la fattispecie nel disposto dell’art. 2033 c.c., anzichè in quella di cui all’art. 2041 c.c., come avrebbe dovuto. essendo state le somme erogate dal Ministero “incamerate dalla banca che le ha poste in circolazione ricavando (ne dalle stesse arricchimento”, e senza che le stesse fossero “andate a scomputo degli interessi convenzionali sul mutuo in quanto questo, ai sensi della L. Fall., art. 55, aveva cessato di avere efficacia”.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Va anzitutto osservato che, contrariamente all’assunto del Ministero ricorrente, non può trovare applicazione nel caso concreto l’azione prevista dall’art. 2041 c.c.. L’azione di arricchimento senza causa non è, per vero, proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito, e la valutazione dell’esistenza dell’altra azione va effettuata in astratto, prescindendo dalla previsione dell’esito dell’azione tipica, come nel caso – ricorrente nella specie – in cui sia astrattamente esperibile in giudizio l’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. (cfr. Cass. Sez. U. 04/11/1996, n. 9531; Cass. 10/06/2005, n. 12265; Cass. 22/03/2012, n. 4620).

Ebbene, non può revocarsi in dubbio che, nel caso di specie, l’azione proposta dall’amministrazione sia inquadrabile nell’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. – i cui elementi costitutivi sono, non soltanto l’effettuazione di un pagamento e l’insussistenza di un determinato rapporto obbligatorio tra il solvens e l’accipiens, ma anche il collegamento eziologico tra detti elementi, e cioè l’effettuazione del pagamento in adempimento di quell’insussistente rapporto (Cass. 24/08/1983, n. 5472) – avendo il Ministero richiesto in giudizio gli interessi, quale accessorio del credito relativo alla restituzione della sorte capitale (ratei composti da interessi capitalizzati sulle somme mutuate) indebitamente corrisposta alla banca, secondo quanto prescrive l’art. 2033 c.c..

2.2. Ebbene, una volta correttamente inquadrata – per le ragioni suesposte – la fattispecie nell’azione di ripetizione di indebito, la Corte di appello ha, altresì, ritenuto che dovesse trovare applicazione, nel caso concreto, il disposto della norma succitata, nella parte in cui stabilisce che, se il percettore delle somme indebitamente pagate è in “buona fede”, il medesimo è tenuto alla corresponsione degli interessi “dal giorno della domanda”, e non da quello del pagamento. E, nella specie, detta “domanda” – per tale dovendo intendersi non soltanto la domanda giudiziale, ma anche l’atto stragiudiziale di costituzione in mora (Cass. 09/11/2015, n. 22852) – mentre era stata proposta a suo tempo in relazione agli interessi per il periodo dal 9 marzo 1998 fino al 28 aprile 1999, come del resto affermato dallo stesso ricorrente (p. 2), mancava del tutto per il periodo – oggetto dell’ordinanza ingiunzione – dall’1 luglio 1989 al 9 marzo 1998, essendo stata la domanda in parola proposta solo con la richiesta di detto provvedimento, in data 27 giugno 2002. Tale ricostruzione dei fatti – a fronte della quale l’istante ha dedotto solo il vizio di violazione di legge (artt. 2033 e 2041 c.c.), che inerisce al giudizio di diritto e non a quello di fatto – risulta del tutto logica e corretta, in quanto fondata sulle risultanze processuali in atti, per cui non merita censure in questa sede.

2.3. La Corte territoriale ha, dipoi, accertato, in punto di fatto, che costituiva un dato “pacifico tra le parti, ed espressamente ribadito anche in appello, che la banca era in buona fede, nel frangente che ci occupa”, e che “il preteso difetto di buona fede della banca, quantomeno a partire dalla transazione del 10.4.1995, conclusa con il Consorzio e relativa alle sue posizioni debitorie” costituiva una questione nuova, non avendo “formato espresso oggetto del tema del decidere in primo grado”.

Ebbene, tale accertamento di fatto, in ordine alla buona fede della banca ed alla tardività dell’allegazione della transazione suindicata, non è stato adeguatamente censurato dal Ministero sub specie del vizio di motivazione, essendosi il ricorrente limitato (p. 5) – dopo avere impropriamente richiamato la violazione delle norme di cui agli artt. 2033 e 2041 c.c. – ad asserzioni del tutto ipotetiche ed apodittiche (l'”insolvenza (del Consorzio) deve essersi verificata ancor prima della messa in l.c.a.”, “tale stato di sofferenza deve avere determinato una esposizione finanziaria della stessa cooperativa nei confronti della banca (…) e ciò prima dell’inizio della procedura concorsuale”), non fondate su elementi certi tratti dalle risultanze processuali in atti. Di più, lo stesso ricorrente ha finito addirittura per riconoscere, pur assumendo che “la questione della buona fede non può essere dedotta sic et simpliciter”, che non si può comunque “denegare la stessa” (p. 6).

Sotto tale ultimo profilo, il motivo difetta – com’è del tutto evidente – dei requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. 25/09/2009, n. 20652; Cass. 17/07/2007, n. 15952; Cass. 06/06/2006, n. 13259), ed è, pertanto, inammissibile.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso proposto dal Comune di Cinisello Balsamo deve essere, di conseguenza, rigettato.

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore della controricorrente, alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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