Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7972 del 20/04/2016
Civile Sent. Sez. 1 Num. 7972 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: DIDONE ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso 5504-2011 proposto da:
MPS GESTIONE CREDITI BANCA S.P.A. (P.I. 92034880523),
non in proprio ma esclusivamente in nome e per conto
della BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in
persona del
legale
rappresentante pro tempore,
Data pubblicazione: 20/04/2016
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE DE
2016
645
CAMILLIS 4, presso l’avvocato DAVIDE ROMANO, che la
rappresenta e difende, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro
1
CURATELA
DEL
FALLIMENTO
INES
NAZIONALE EDILE STRADALE
(C.F.
S.P.A.
INDUSTRIA
920349880523),
in
persona del Curatore avv. PASQUALE MISCIAGNA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI
9, presso l’avvocato GIUSEPPE RAGUSO, rappresentata e
a margine del controricorso;
– controricorrente
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di BARI,
depositato il 18/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato DAVIDE ROMANO che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il
P.M.,
in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
difesa dall’avvocato ANTONIO CAGGIANO, giusta procura
2
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
1.
–
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Bari ha
rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento
della
s.p.a.
“Industria
I.N.E.S.
Nazionale
Edile
Siena la quale lamentava l’esclusione del proprio credito
di euro 4.120.043,00, quale saldo di un conto corrente.
Il tribunale, in sintesi, ha ritenuto non provato il
credito insinuato perché l’opponente non aveva prodotto
alcun documento, essendosi limitata a produrre copia della
comunicazione degli organi della procedura di concordato
che aveva preceduto il fallimento e altri documenti
relativi
alla
procedura
concordataria.
contestazione del curatore, poi,
Stante
la
i documenti prodotti erano
del tutto insufficienti mentre non poteva essere acquisito
il fascicolo relativo all’insinuazione al passivo (di
contenuto
imprecisato),
essendo onere dell’opponente
produrre lo stesso. Nell’opposizione, inoltre, la banca
aveva premesso di non avere conservato le scritture
contabili
attestanti
il
credito,
trattandosi
di
documentazione ultradeoennale e, infine, era irrilevante la
richiesta esibizione delle scritture contabili della
società fallita, stante l’inapplicabilita dell’art. 2710
c.c. mentre in relazione ai piani di riparto relativi al
concordato preventivo, la richiesta di esibizione era
Stradale” proposto dalla s.p.a. Banca Monte dei Paschi di
irrilevante perché la non contestazione nel concordato
preventivo non si estende al successivo fallimento.
Contro il decreto, del tribunale la banca ha proposto
ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Resiste con controricorso il curatore del fallimento.
ricorrente ha depositato memoria.
2.- Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia
la “violazione del principio di legittimo affidamento”,
quale risultante anche dalla normativa europea, lamentando
che il tribunale non abbia tenuto conto della sentenza di
omologa del concordato preventivo, violando tutti i
principi di buona fede. Una volta omologato il concordato
la banca non aveva più motivo di conservare le scritture
contabili.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di
motivazione lamentando che il tribunale non abbia motivato
sulle circostanze invocate a fondamento del legittimo
affidamento.
Con il terzo motivo la banca denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 98 e 99 1. tall, lamentando che il
tribunale le abbia erroneamente precluso la possibilità di
provare il credito anche mediante
l’ordine di esibizione
delle scritture contabili al curatore.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 2710 c.c. nonché vizio di
Nel termine di cui all’art. 378 cod. proc. oiv. parte
motivazione con riguardo alla ritenuta inapplicabilità
dell’art. 2710 c.c. nei confronti del curatore del
fallimento.
Con il quinta motivo la banca denuncia vizio di motivazione
in ordine alla ritenuta inapplicabilità dell’art. 210 cod.
alla procedura di concordato preventivo.
3.- Tutti i motivi di ricorso
esaminabili congiuntamente
perché sostanzialmente convergenti sulla prova del credito
e sui mezzi di prova ammissibili – sono infondati.
Va innanzitutto evidenziato
che la
ricorrente non censura
l’affermazione del tribunale secondo cui la stessa banca
aveva ammesso di non possedere più la documentazione
relativa al credito insinuato.
Ciò posto, quanto alla pretesa di provare il credito con le
scritture contabili della società fallita, va ricordato che
al curatore fallimentare, che agisca non in via di
successione in un rapporto precedentemente facente capo al
fallito ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di
costui, non è opponibile l’efficacia probatoria tra
imprenditori, di cui agli artt.
2709
e 2710 cod. civ.,
delle scritture contabili regolarmente tenute, senza che
tale inopponibilità, in sede di accertamento del passivo,
resti preclusa ove non eccepita, trattandosi di eccezione
in senso lato – e, dunque, rilevabile d’ufficio in caso di
inerzia del curatore – poiché non si riconnette ad una
proc. oiv. in relazione ai progetti di riparto relativi
azione
necessaria
dell’organo
ma
al
regime
dell’accertamento del passivo in sé, nel cui ambito il
curatore, quale rappresentante
della massa dei creditori,
si pone in posizione di terzietà rispetto all’imprenditore
fallito. (Sez. l, Sentenza n. 14054 del 07/07/2015, Rv.
Quanto alla richiesta acquisizione dei progetti di riparto
nella procedura di concordato, va evidenziato ohe in questa
procedura non esiste un vero procedimento di accertamento
del passivo. I provvedimenti adottati dal giudice delegato
in sede di discussione del concordato preventivo riguardo
alla sussistenza e al rango dei vari crediti hanno il solo
effetto di accertare se ed in quali limiti sussista il
diritto di voto ai fini dell’approvazione del concordato
stesso e, come testualmente chiarisce l’art 176 legge
fallimentare, non pregiudicano le pronunce definitive sulla
sussistenza dei crediti medesimi. Pertanto, si è ritenuto
che l’inclusione di un credito nell’adunanza di cui all’art
174 legge fallimentare tra quelli aventi diritto a
prelazione e, come tali, privi del diritto di voto, non
preclude, in sede di accertamento del passivo del
fallimento dichiarato per la mancata approvazione del
concordato, la possibilità di una autonoma valutazione
circa la sussistenza e la natura del credito relativo (Sez.
1, Sentenza n. 4583 del 09/12/1976, Rv. 383329).
635932),
Quanto, infine, alla dedotta violazione del principio di
affidamento, è appena il caso di evidenziare – ammessa per
ipotesi l’applicabilità di un tale principio nella
procedura in esame – che in tutte le ipotesi in cui esso è
stato applicato mai si è potuto prescindere
dall’incolpevolezza dell’affidamento mentre, se lo stesso
principio volesse essere inteso come richiamato per
desumerne una “non contestazione”, giova ricordare che il
tribunale ha dato atto dell’esistenza della contestazione
da parte del curatore e che a quest’ultimo non può certo
imputarsi la eventuale non contestazione di un diverso
organo (commissario giudiziale) di una diversa procedura
(concordato preventivo), sebbene in rapporti di
consecuzione con il fallimento.
Da ultimo, va ribadito che nei rapporti bancari in conto
corrente, la banca non può sottrarsi all’onere di provare
il proprio credito invocando l’insussistenza dell’obbligo
di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla
data dell’ultima registrazione, in quanto tale obbligo
volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi
estranei all’attività imprenditoriale non può sollevarla
dall’onere della prova piena del credito vantato anche per
il periodo ulteriore. (Sez. 1, Sentenza n. 1842 del
26/01/2011, Rv. 616351).
Il ricorso deve essere, quindi, rigettato.
7
Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in
dispositivo – seguono la soccombenza.
P.O.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate
spese forfettarie e accessori come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 marzo
2016
9r.—4,41,1\
in euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi oltre