Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7969 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2011, (ud. 16/03/2011, dep. 07/04/2011), n.7969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22333-2007 proposto da:

Z.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOCERA UMBRA

166, presso lo studio dell’avvocato GUADAGNO STEFANO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARINO SALVATORE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende,

ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1293/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 09/01/2007 r.g.n. 868/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12.12.2006 – 9.1.2007 la Corte d’Appello di Genova rigettò il gravame proposto da Z.P. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso la sentenza di prime cure che aveva respinto la sua domanda diretta al riconoscimento del diritto ad essere qualificata direttore di divisione del ruolo ad esaurimento a far data dal 13.7.1980, con conseguente attribuzione delle differenze economiche dal 1.1.2000.

A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne che la Z. non aveva provveduto ad impugnare nel termine di decadenza di cui alla L. n. 1034 del 1971, art. 21 il provvedimento concernente il proprio inquadramento, la cui piena conoscenza era adempiuta dallo stato di servizio e dagli altri documenti prodotti, fra cui in particolare le buste paga.

Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale Z.P. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione della L. n. 1034 del 1971, art. 21 nonchè vizio di motivazione, deducendo che nella fattispecie non esisteva un atto di inquadramento che potesse essere oggetto di impugnazione, onde doveva ritenersi contraria a diritto l’intervenuta dichiarazione di decadenza.

2. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis c.p.c. è applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr, D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) e anteriormente al 4.7.2009 (data di entrata in vigore della L. n. 68 del 2009) e, quindi, anche al presente ricorso, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 9.1.2007.

In base alla norma suddetta, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l’orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto dall’ari. 366 bis c.p.c., deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007). In particolare deve considerarsi che il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis c.p.c., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della Suprema Corte di Cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, e non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 11535/2008; 19892/2007). Nel caso che ne occupa con il motivo di ricorso sono stati denunciati sia la violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) che il vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); il ricorso non contiene tuttavia il richiesto momento di sintesi diretto a circoscrivere i limiti delle censure inerenti ai lamentati vizi motivazionali.

Quanto al quesito di diritto, lo stesso risulta formulato nei seguenti termini: “Dica la Suprema Corte che se il Giudice a quo nello stabilire che la sig.ra Z. è decaduta dal diritto al trattamento economico previsto per il direttore di divisione del ruolo ad esaurimento, in assenza di un provvedimento di diniego del riconoscimento della qualifica di direttore di divisione del ruolo ad esaurimento, o se la sentenza ha violato e falsamente applicato la L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 21”.

Deve dunque rilevarsi che, anche a prescindere dalla sua non chiara formulazione, il quesito non enuncia una regula iuris, suscettibile come tale di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del Giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ma si limita, in sostanza, a richiedere a questa Corte la mera valutazione della fondatezza della censura svolta in ricorso. Ne discende l’inammissibilità del motivo e, con ciò stesso, del ricorso che sul medesimo si fonda.

3. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 13,00 oltre a Euro 3.000,00 (tremila) per onorari ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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