Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7966 del 31/03/2010
Cassazione civile sez. trib., 31/03/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 31/03/2010), n.7966
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7827/2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– ricorrente –
contro
C.E.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 145/2005 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di BOLOGNA del 15/06/05, depositata l’11/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
02/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
è presente il P.G. in persona del Dott. DE NUNZIO WLADIMIRO.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’11/6/2006 la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate Bologna (OMISSIS) nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna di accoglimento dell’impugnazione proposta dal contribuente Sig. C.E. del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni d’imposta dal 1998 al 2000, quale agente di commercio.
Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Con requisitoria scritta il P.G. ha richiesto emettersi pronunzia ex art. 375 c.p.c., di rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che il giudice dell’appello abbia operato una confusione tra i concetti di “organizzazione” e di “autonoma organizzazione”, e che “anche qualora l’attività professionale si estrinsechi principalmente in una prestazione d’opera intellettuale non è esclusa in alcun modo la sussistenza di un’autonoma organizzazione”.
Il motivo è infondato.
A scioglimento del contrasto interpretativo insorto in tema di assoggettamento degli agenti di commercio all’IRAP, Cass., Sez. Un., 26/5/2009, n. 12108 ha affermato il principio secondo cui “In tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia , quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”.
Orbene, nel caso il giudice dell’appello di tale principio ha fatto invero corretta e puntuale applicazione, laddove, nel fare richiamo alla pronunzia Corte Cost. n. 156 del 2001, ha osservato che nel caso “come risulta dagli atti … il contribuente ha svolto la propria attività di agente di commercio solo personalmente in via diretta ed esclusiva, senza l’apporto di dipendenti e/o collaboratori, di capitali e con l’utilizzo di beni strumentali minimi, per cui appare evidente che il reddito così prodotto è frutto esclusivo e personale, con l’inevitabile conseguenza che l’attività svolta deve essere collocata fuori dal campo dell’imposizione Irap”.
All’infondatezza del motivo consegue il rigetto del ricorso.
Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia sulle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010