Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7966 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7966 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 24708-2010 proposto da:
BORTOLOTTI FAUSTO e ANNA ANGELA, già BORTOLOTTI
ATTILIO e già BORTOLOTTI FAUSTO e RENATO; BRUNERI
BRUNO e PAOLO; CALIGARI CLAUDIO e MAURIZIO, già
CALIGARI LORENZO e GIOVANNI; CASSIO FRANCO e GIANNI,

Data pubblicazione: 20/04/2016

già BERTOLETTI MARIO e CASSIO A.; CAMOZZI EZIO
2016
520

GIUSEPPE, già CAMOZZI ANDREA

e

CARLO e già CAMOZZI

EZIO e CARLO; PAVESI COSTANZO; LENA GABRIELLA, già
LENA VINICIO; MASSARI EMILIO, PIERINO e SILVIO;
VEZZONI GAETANO; GALLI FABIO, già GALLI LUCIANO;
MAZZETTI EDOARDO, RENATO e PAOLO, già MAZZETTI

1

BATTISTA e GIACOMO; DIZIOLI LAZZARO; FERLA CARMELO; DE
POLI GIOVANNI MARIA SIRO, già SECONDI PIERINA; PRIORI
MARINO; MAESTRONI ETTORE, già SCARAVAGGI VITTORINA;
tutti nella qualità di legali rappresentati o titolari
delle rispettive AZIENDE AGRICOLE, elettivamente

MARCO ATTANASIO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato WILMA VISCARDINI, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrenti contro

A.C.E.A. – AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA
(già A.I.M.A. – Azienda di Stato per gli interventi
sul mercato agricolo), in persona del legale
rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 725/2009 della CORTE D’APPELLO

domiciliati in ROMA, VIA OFANTO 18, presso l’avvocato

di BRESCIA, depositata il 15/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato WLMA VISCARDINI
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

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Generale Dott. LUISA DE RENZIS che ha concluso per il

rigetto del ricorso. t-

-I

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RITENUTO IN FATTO.
1. Fausto e Anna Angela Bortolotti, Bruno e Paolo Bruneri, Claudio e
Maurizio Caligari, Ezio Giuseppe Carnozzi, Franco e Gianni Cassio,
Giovanni Maria Siro De Poli, Lazzaro Dizioli, Carmelo Ferla, Fabio
Galli, Gabriella Lena, Ettore Maestroni, Emilio, Pierino e Silvio Massani, Edoardo, Renato e Paolo Mazzetti, Costanzo Pavesi, Marino

della provincia di Cremona, convenivano in giudizio l’AIMA dinanzi al
Tribunale di Roma, chiedendo l’assegnazione della quota loro spettante o, in subordine, il ristoro del danno subito per effetto della
mancata assegnazione di detta quota, dall’i aprile 1993 (data di
abrogazione del Regolamento CEE n. 857 dei 1984) fino alla cessazione del regime delle cd. quote latte. Il Tribunale adito si riteneva
carente di giurisdizione in ordine alla domanda di assegnazione delle
quote ed incompetente per territorio in relazione alle altre domande, essendo competente per le stesse il Tribunale di Brescia, dinanzi
al quale il processo – a seguito della sentenza di questa Corte n.
6469/2001, emessa in sede di regolamento di competenza – la causa veniva riassunta con atto di citazione del 28 gennaio 2002.
Il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 5515/2004, depositata il 7
dicembre 2004, respingeva la domanda.
2. Avverso tale decisione proponevano appello gli imprenditori agricoli soccombenti, che veniva rigettato dalla Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 725/2009, depositata il 15 luglio 2009. Il giudice di seconde cure riteneva che, alla stregua dell’art. 4 del Regolamento Cee n. 857/1984 (applicabile ratione temporis), l’ erogazione dell’indennità ivi prevista fosse condizionata all’abbandono definitivo – e non limitato al periodo di validità del predetto Regolamento
– della produzione lattiera, e che non sussistesse un diritto dei produttori all’assegnazione di quote latte, ai fini della ripresa
dell’attività produttiva.
3. Per la cassazione di tale sentenza hanno, quindi, proposto ricorso Fausto e Anna Angela Bortolotti, Bruno e Paolo Bruneri, Claudio e

Priori e Gaetano Vezzoni, tutti titolari di aziende produttrici di latte

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_

Maurizio Caligari, Ezio Giuseppe Camozzi, Franco e Gianni Cassio,
Giovanni Maria Siro De Poli, Lazzaro Dizioli, Carmelo Ferla, Fabio
Galli, Gabriella Lena, Ettore Maestroni, Emilio, Pierino e Silvio Massari, Edoardo, Renato e Paolo Mazzetti, Costanzo Pavesi, Marino
Priori e Gaetano Vezzoni nei confronti della Regione Veneto e della
AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, affidato a due mo-

4. La resistente ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Co i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione,
vanno esaminati congiuntamente – i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dei decreti ministeriali dell’8 novembre
1984, del 25 marzo 1986 e del 21 dicembre 1987, nonché
l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
della controversia.
1.1. Avrebbe errato la Corte di Appello, ad avviso degli esponenti,
nel ritenere – peraltro con motivazione del tutto incongrua ed inadeguata – che fossero assenti, nel caso di specie, i requisiti per ottenere, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento Cee n. 857/1984 (nel
testo applicabile ratione temporis), l’ erogazione dell’indennità ivi
prevista, sul presupposto che tale concessione fosse condizionata
all’abbandono definitivo – e non limitato al periodo di validità del
predetto Regolamento – della produzione lattiera. L’interpretazione
resa dal giudice di seconde cure colliderebbe, invero, con i decreti
ministeriali applicativi della disposizione comunitaria succitata, e
violerebbe il principio del legittimo affidamento, ponendosi in evidente contrasto con quanto chiaramente indicato nei suddetti decreti ministeriali -dai quali si desumerebbe che l’impegno ad abbandonare la produzione del latte dovrebbe intendersi limitato al periodo
di validità del Regolamento CEE n. 857 del 1984 – nonché nelle note
esplicative rese dall’AIMA in data 13 luglio 1988 e 12 aprile 1989.
1.2. I motivi sono infondati.

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tivi, illustrati anche con memoria.

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1.2.1. Sulla base dell’impugnata sentenza e degli atti del presente
giudizio, la vicenda processuale può, invero, essere ricostruita come
segue.
1.2.1.1. Le aziende ricorrenti, produttrici di latte nella provincia di
Cremona, negli anni tra il 1984 ed il 1988 aderivano ad un programma di abbandono della produzione lattiera, ottenendo – in for-

dicembre 1987 – un premio per l’abbattimento dei loro capi da latte.
Sul presupposto che i suindicati decreti ministeriali avrebbero indicato espressamente, quale durata dell’impegno di abbandono della
produzione lattiera, il periodo di validità del Regolamento Cee del 31
marzo 1984, n. 857 (contenente le disposizioni applicative del cd.
prelievo supplementare sull’eccedenza di produzione rispetto alla
cd. quota latte assegnata a livello comunitario), abrogato dal Regolamento n. 3950 del 1992 con efficacia dal’l aprile 1993, le aziende
istanti chiedevano all’AIMA (ora AGEA), una volta venuta meno la
validità del suddetto Regolamento, l’ assegnazione di un quantitativo di riferimento (cd. quota latte), ai fini di riprendere la produzione
interrotta. Con due missive del 5 luglio 1994 e del 25 agosto 1994,
l’AIMA respingeva la richiesta, essendo stati i predetti decreti ministeriali adottati in applicazione dell’art. 4, par. 1, lett. a) del Regolamento n. 857 del 1984, che prevedeva l’abbandono definitivo della
produzione lattiera.
1.2.1.2. I produttori citavano, quindi, l’AIMA in giudizio dinanzi al
Tribunale di Roma, chiedendo l’assegnazione della quota loro spettante o, in subordine, il ristoro del danno subito per effetto della
mancata assegnazione di detta quota, a far tempo dall’i aprile 1993
(data di abrogazione del Regolamento n. 857 del 1984) fino alla
cessazione del regime delle cd. quote latte. Il Tribunale di Brescia,
individuato da questa Corte – in sede di regolamento ex art. 42 cod.
proc. civ.- come competente a pronunciarsi sulla domanda, la respingeva, e la pronuncia veniva confermata dalla Corte di Appello di
Brescia, con sentenza n. 725/2009, depositata il 15 luglio 2009.

3

za dei decreti ministeriali 8 novembre 1984, 25 marzo 1986 e 21

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1.2.2. Tutto ciò premesso, osserva la Corte che la vicenda per cui è
causa trova – a livello comunitario – la sua disciplina nell’art. 4, par.
1, lett. a) del Regolamento Cee n. 857/1994 (nel testo applicabile
ratione temporis), a tenore del quale “1. Per realizzare la ristrutturazione della produzione lattiera a livello nazionale, regionale, o delle zone di raccolta, gli Stati membri possono, nel quadro dell’appli-

gnano ad abbandonare definitivamente la produzione lattiera,
un’indennità versata in una o più annualità

(….)”.

La normativa nazionale applicabile alla fattispecie concreta è contenuta, poi, in tre successivi decreti ministeriali.
Ai sensi dell’art. 1 del Decreto del ministero dell’agricoltura e delle
foreste dell’ 8 novembre 1984, “I produttori agricoli, singoli od associati, di cui all’art. 12, lettera c), del regolamento (CEE) n. 857/84
che allevano nell’azienda vacche da latte e che, nel quadro della
realizzazione della ristrutturazione della produzione lattiera a livello
nazionale, si impegnano ad abbandonare, per l’intero periodo di validità del regolamento (CEE) n. 857/84 e per l’intero patrimonio bovino da latte presente in azienda, tale produzione, possono beneficiare di un premio di riconversione pari a L. 1.100.000 per ogni vacca da latte o giovenca gravida abbattuta (…). Sostanzialmente dello
stesso tenore è l’art. 1 del Decreto del ministero dell’agricoltura e
delle foreste del 25 marzo 1986, che recita: “1 produttori agricoli,
singoli od associati, di cui all’art. 12, lettera c ) del regolamento CEE
n. 857/84 che allevano nell’azienda vacche da latte e che, nel quadro della realizzazione della ristrutturazione della produzione lattiera
a livello nazionale, si impegnano ad abbandonare, per l’intero periodo di validità del regolamento CEE n. 857/84 e per l’intero patrimonio bovino da latte presente in azienda, tale produzione, possono
beneficiare di un premio di riconversione pari a L. 1.100.000 per
ogni vacca da latte o giovenca gravida abbattuta (…).
A tali decreti ha fatto seguito il Decreto del ministero dell’agricoltura
e delle foreste 21 dicembre 1987, n. 524, il quale, invece, dispone:

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cazione delle formule A e B: a) concedere ai produttori, che s’impe-

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“I produttori agricoli, singoli od associati, che allevano nell’azienda
vacche da latte e che nel quadro della realizzazione della ristrutturazione della produzione lattiera a livello nazionale, si impegnano ad
abbandonare, per l’intero periodo di validità del regime di disciplina
della produzione lattiero-casearia definito dal regolamento CEE n.
857/84 e successive integrazioni e per l’intero patrimonio bovino da

premio di riconversione pari a L. 1.300.000 per ogni vacca da latte o
giovenca gravida abbattuta”.
1.2.3. Tanto premesso, è evidente che – a termini della norma comunitaria di cui all’art. 4 del Regolamento Cee n. 857 del 1984 – il
presupposto per l’erogazione dell’indennità ai produttori era rappresentato dall’abbandono definitivo della produzione di latte, al fine di
frenare la sovrapproduzione da parte degli allevatori europei.
Ed a ben vedere, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, i successivi decreti ministeriali nazionali, sebbene abbiano operato un riferimento letterale, ai finì del riconoscimento del premio di riconversione, all’abbandono della produzione per l’intero periodo di validità
del succitato Regolamento n. 857 del 1984, hanno inteso certamente ancorare siffatto riconoscimento al perdurare della normativa
comunitaria limitativa della produzione lattiera. Tanto si evince con
evidenza dal fatto che il più recente di detti decreti, il d.m. n. 524
del 1987, ha significativamente soggiunto all’inciso “per l’intero periodo di validità del regime di disciplina della produzione lattierocasearia definito dai regolamento CEE N. 857/84”, la dizione “e successive integrazioni”, che mancava nei precedenti.
D’altro canto, non può revocarsi in dubbio che il diritto nazionale
debba essere interpretato in modo conforme al diritto comunitario
cogente (cfr., ex plurimis, Cass.S.U. 27310/2008; Cass.
2632/2012), che – nella specifica materia di cui si tratta – era chiaramente finalizzato, nell’arco temporale coperto dal Regolamento n.
857 del 1984 (nel testo originario applicabile alla fattispecie concreta), a ridurre la esuberante produzione lattiero-casearia (cfr., in tal

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latte presente in azienda, tale produzione, possono beneficiare di un

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senso, C. Giust. 5 dicembre 1996, C- 69/95, Repubblica Italiana c/o
Commissione delle Comunità Europee).
1.2.4. Ad ogni buon conto, quand’anche si volesse ritenere – in via
di mera ipotesi – che i suddetti decreti ministeriali fossero in contrasto con l’art. 4 del Regolamento CEE n. 857 del 1984, la conseguenza non potrebbe che essere la necessaria disapplicazione della nor-

1.2.4.1. Ed invero, va osservato, al riguardo, che i regolamenti
emanati dagli organi della Comunità Economica Europea (ora Unione Europea), pur appartenendo all’ordinamento proprio di detta comunità, hanno piena e diretta efficacia obbligatoria negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, senza che siano necessarie leggi di
recezione o di adattamento. Inoltre, ove abbiano completezza di
contenuto dispositivo, tali regolamenti non debbono essere oggetto
di provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo che possano, comunque, differirne e condizionarne l’entrata
in vigore e, tanto meno, sostituirsi d essi, derogarli o abrogarli parzialmente, quand’anche fossero, in ipotesi, in contrasto con una
legge statale anteriore o successiva (Cass. 797/1976; 3974/1995).
A differenza delle direttive, che si rivolgono agli Stati, i regolamenti
hanno, infatti, un’efficacia diretta nei confronti dei singoli (Cass.
14454/2000), rispetto ai quali si pongono come disposizioni fondanti
situazioni giuridiche – attive, ma anche passive (obblighi, doveri) ulteriori e poziori che gli ordinamenti nazionali non possono pretermettere, e che i giudici degli Stati membri sono obbligati a tutelare.
In tale prospettiva, è ormai da ritenersi consolidato il principio secondo cui – in special modo a seguito del nuovo dettato dell’art. 117
Cost, a tenore del quale la potestà legislativa dello Stato e delle regioni è esercitata nel rispetto della Cost., “nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali” l’avvenuta costituzionalizzazione degli obblighi internazionali e comunitari comporta, bensì, che la norma di legge confliggente sia,
incostituzionale, ma che essa sia anche “anticomunitaria”, ossia af-

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ma interna confliggente con quella di rango comunitario.

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fetta da un vizio ancora più radicale che non può che comportarne ove non ne sia possibile una interpretazione comunitariamente
orientata – la disapplicazione diretta da parte dei giudici degli Stati
membri, e non la declaratoria di incostituzionalità della norma interna (cfr., ex plurimis, C. Cost. 5.11.2008 n. 415; C. Cost. 9.6.2010
n. 241; C. Giust. 16 giugno 2011, C- 484/07, Rechtbank ‘5-

26285/2010; 2538/2015). Né può revocarsi in dubbio che la corretta applicazione del diritto comunitario, da parte del giudice nazionale, vada effettuata anche d’ufficio e perfino, per la prima volta, nel
giudizio di legittimità (Cass. 17564/2002; 13225/2004; 6231/2010;
11642/2010; 15032/2014).
1.2.4.2. Considerata, dunque, l’applicabilità diretta dei regolamenti
comunitari nei confronti dei singoli cittadini degli Stati membri, non
coglie nel segno l’assunto dei ricorrenti, secondo i quali “l’eventuale
contrasto con la normativa comunitaria non potrebbe essere opposto agli interessati” (p. 19), atteso che l’interpretazione più volte
fornita dall’AIMA contrasterebbe con il principio del legittimo affidamento, e considerato che il primato del diritto comunitario varrebbe
solo nel caso in cui la normativa europea garantisca ai singoli un
diritto che la normativa nazionale non prevede. La sentenza C.
Giust. 28 aprile 1988, C-120/86 e C- 170/86, dalla quale i ricorrenti
traggono la violazione del principio dei legittimo affidamento, non è,
per vero, applicabile al caso di specie, poiché attiene, non al programma d abbandono della produzione lattiera, oggetto del Regolamento n. 857 del 1984, bensì all’impegno di non commercializzazione del latte nell’anno di riferimento preso in considerazione, in
esecuzione del diverso Regolamento n. 1078 del 1977.
Ed è di chiara evidenza che il contrasto con la normativa comunitaria – che, a differenza di quanto affermano i ricorrenti, è fonte immediata anche di obblighi per i cittadini degli Stati membri
(Cass.S.U. 6471/1977) – non può fondare il legittimo affidamento
sulla base di mere indicazioni interpretative fornite con semplici

7

Gravenhage c/o Paesi Bassi; Cass.S.U. 26948/2006; Cass.

.

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missive da un’amministrazione dello Stato membro (l’AIMA), la quale si è, tuttavia, successivamente affrettata a smentirle, avendo disatteso le richieste di quote latte avanzate dagli odierni ricorrenti.
1.2.5. Questa interpretazione è, peraltro, avvalorata dalla considerazione che, solo con il Regolamento n. 1183 del 1990 (entrato in
vigore 11’11 maggio 1990, e quindi non applicabile alla fattispecie

il 26 luglio 1990, e quindi non applicabile al caso di specie), il Regolamento n. 857 del 1984 ed il successivo Regolamento n. 1546 del
1988 (che fissa le modalità di applicazione del prelievo supplementare sul latte) sono stati modificati nel senso di obbligare gli Stati
membri a riassegnare i quantitativi di riferimento resisi disponibili
(dal 1990 in poi), a seguito del versamento di una indennità, per
l’abbandono totale e definitivo della produzione lattiera da parte di
altri produttori. Il programma di ristrutturazione del settore istituito
dai predetti regolamenti del 1990, a differenza del precedente, non
è, difatti, diretto a ridurre la produzione lattiera, bensì a ad agevolare il miglioramento delle strutture delle piccole aziende (C. Giust. 5
dicembre 1996, cit.).
Nella medesima prospettiva, il Regolamento Cee del 28 dicembre
1992, n. 3950, all’art. 8, stabilisce che: “Per portare a termine la
ristrutturazione della produzione lattiera a livello nazionale, regionale o delle zone di raccolta, o per migliorare l’ambiente, gli Stati
membri possono applicare una o più delle seguenti misure, secondo
modalità che essi definiscono tenendo conto degli interessi legittimi
delle parti:- accordare ai produttori che si impegnano ad abbandonare definitivamente una parte o la totalità della loro produzione
lattiera un’indennità, versata in una o più rate annuali, e alimentare
la riserva nazionale con i quantitativi di riferimento così liberati”.
In altri termini, è solo con i regolamenti comunitari adottati dal
1990 in poi, che gli Stati membri sono stati costretti a riassegnare i
quantitativi di riferimento resisi disponibili (dal 1990 in poi), a seguito del versamento di una indennità, per l’abbandono – pur sempre

concreta) e con il Regolamento n. 2138 del 1990 (entrato in vigore

- 9

totale e definitivo – della produzione lattiera da parte di altri produttori.
1.2.6. Il chiaro ed univoco tenore della normativa comunitaria applicabile ratione temporis alla fattispecie concreta (Regolamento n 857
del 1984, nel testo originario), e la necessità di interpretare alla luce
di tale normativa cogente i decreti ministeriali de11 18 novembre

nere non necessario il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, richiesto dai ricorrenti.
1.2.6.1. A tal riguardo va, difatti, osservato che l’obbligo per il giudice nazionale di ultima istanza di effettuare la remissione pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul
funzionamento dell’UE (già art. 234 del Trattato che istituisce la
Comunità europea), viene meno quando non sussista la necessità di
una pronuncia pregiudiziale sulla normativa comunitaria. Il che si
verifica ogni qualvolta la questione sia ritenuta non rilevante ai fini
della decisione, ovvero quando la Corte reputi di essere in presenza
di un “acte claire” che, in ragione dell’esistenza di precedenti pronunce della Corte europea ovvero dell’evidenza dell’interpretazione,
rende inutile – o non obbligato – il rinvio pregiudiziale alla Corte di
Lussemburgo (cfr., ex plurimis, C. Giust. 6.10.1982, C- 283/81, Cilfit; C. Giust. 16.12.2008, C- 210/06 Cartesio; C. Giust. 21.7.2011,
C- 104/10, Kelly; C. Giust. 18.7.2013, C- 136/12, Consiglio nazionale dei geologi; Cass.S.U. 12067/2007; S.U. 8095/2007; S.U.
20701/2013; Cass. 22103/2007; 20403/2009; 4776/2012). Il rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea ai sensi dell’art. 267 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea non costituisce, invero, un rimedio giuridico esperibile automaticamente a sola richiesta delle parti, spettando solo al giudice, nella specie di ultima istanza, stabilirne la necessità (Cass.S.U. 20701/2013).
1.2.6.2. Peraltro, nel caso concreto, il quesito formulato dagli istanti
è da ritenersi, altresì, del tutto incongruo ed inconcludente, risolvendosi nella richiesta alla Corte di Lussemburgo di chiarire – in pa-

9

1984, del 25 marzo 1986 e del 21 dicembre 1987, inducono a rite-

lese contrasto con la succitata giurisprudenza comunitaria consolidata – se il principio del legittimo affidamento comporti la necessità
di non disapplicare la normativa interna (costituita dai menzionati
d.m.) e la prassi interna (rappresentata dalle due missive dell’AIMA
del 13 luglio 1988 e 12 aprile 1989), che avevano previsto un impegno ad abbandonare la produzione lattiera per il periodo di validità

poris), e comunque a tempo determinato, “a nulla rilevando che
l’art. 4, par. 1, lett. a) del reg. 857/84 parlasse di abbandono ‘definitivo’ della produzione”. Il quesito in esame è, invero, contrario ai
principi, più volte ribaditi dalla stessa Corte di Giustizia, del primato
del diritto comunitario sul diritto nazionale confliggente, e della conseguente necessità di interpretare il secondo alla luce delle norme e
dei principi desumibili dal primo.
1.3. Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, le censure suesposte non possono trovare accoglimento.
..

2. Il ricorso proposto da Fausto e Anna Angela Bortolotti, Bruno e
Paolo Bruneri, Claudio e Maurizio Caligari, Ezio Giuseppe Camozzi,
Franco e Gianni Cassio, Giovanni Maria Siro De Poli, Lazzaro Dizioll,
Carmelo Ferla, Fabio Galli, Gabriella Lena, Ettore Maestroni, Emilio,
Pierino e Silvio Mas-sari, Edoardo, Renato e Paolo Mazzetti, Costanzo Pavesi, Marino Priori e Gaetano Vezzoni deve essere, di conseguenza, integralmente rigettato.
3. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella
misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alle spese del presente giudizio, che liquida in € 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione
Civile, 1’8.3.2016.

del Regolamento n. 857 del 1984 (nel testo applicabile ratione tem-

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