Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7965 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7965 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 4324-2010 proposto da:
BEVAQUA

DI

PANIGAI

CO

RAMBALDO

(c. f .

BVCRBL38R29C957P), elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAllA BAINSIZZA 1, presso l’avvocato FRANCESCO ELIA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Data pubblicazione: 20/04/2016

MAURO SABETTA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2016
519

contro

REGIONE VENETO, AGEA (già AIMA), in persona dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

1

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende ope legis;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 1043/2009 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 18/06/2009;

udienza del 08/03/2016 dal Consigliere Dott, ANTONIO
VALITUTTI;
udito,

per

il

ricorrente,

l’Avvocato

BARBARA

SIMONETTI, con delega, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUISA DE RENZIS che ha concluso per il
rigetto del ricorse.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

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RITENUTO IN FATTO.
1. Con atto di citazione notificato il 4 dicembre 1997, Bevaqua di
Panigai Co. Rambaldo conveniva dinanzi al Tribunale di Venezia la
Regione Veneta a l’AIMA (ora AGEA) chiedendo accertarsi, previa
disapplicazione dei provvedimenti regionali, di non essere tenuto a
restituire alle convenute l’importo della sovvenzione prevista dal

352.209.226, pari ad C 181.900,88.
La domanda veniva respinta dal Tribunale adito con sentenza n.
44/2003, depositata il 17 febbraio 2003.
2. Avverso tale decisione proponeva appello Bevaqua di Panigai Co.
Rambaldo che veniva rigettato dalla Corte di Appello di Venezia, con
sentenza n. 1043 /2009, depositata il 18 giugno 2009. Con tale
pronuncia il giudice di seconde cure riteneva, invero, insussistenti i
presupposti per la concessione all’appellante dei contributo previsto
dal regolamento CEE n. 1272 del 1988 (applicabile ratione temporis), non essendo ravvisabile, nella specie, la finalità di incoraggiare
il ritiro dei seminativi dalla produzione, cui erano destinati gli aiuti
comunitari in questione.
3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso
Bevaqua di Panigai Co. Rambaldo nei confronti della Regione Veneto
e della AGEA, affidato a tre motivi.
4. Le resistenti hanno replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo e secondo motivo di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – Bevaqua di
Panigai Co. Rambaldo denuncia la violazione e falsa applicazione del
Regolamento Cee n. 1272 del 29 aprile 1988, in relazione all’art.
360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
1.1. 5 duole il ricorrente del fatto che la Corte di Appello abbia ritenuto insussistenti, in capo all’odierno ricorrente, i requisiti per la
concessione della sovvenzione prevista, ai fini di incoraggiare il ritiro
dei seminativi dalla produzione, dal Regolamento Cee n. 1272 del

Regolamento CEE n. 1272 del 29 aprile 1988, per un totale di E.

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1988. Il giudice di secondo cure non avrebbe, invero, tenuto conto
del dato di fatto essenziale costituito dalla mancata coltivazione del
bene demaniale, da parte del richiedente la sovvenzione in parola,
per il periodo previsto dalla citata norma comunitaria. Né avrebbero
dovuto indurre il giudicante ad escludere il Bevaqua dal beneficio in
questione il parere della Commissione Consultiva Regionale in mate-

quale si stabiliva che i terreni assegnati in concessione idraulica al
ricorrente non avrebbero più dovuto essere destinati alla coltivazione, trattandosi di un atto endoprocedimentale strumentale rispetto
al provvedimento definitivo, ed il decreto dell’intendente di Finanza
del 6 luglio 1990, con il quale si ribadiva che il rinnovo della concessione sui terreni demaniali in questione era stato disposto solo per
esclusivo uso di pertinenza idraulica, trattandosi di un atto costituente esercizio del potere di controllo, e non di quello di amministrazione attiva.
1.2. Le censure sono infondate.
1.2.1. Sulla base della sentenza e degli atti del presente giudizio, la
vicenda processuale può essere ricostruita come segue.
1.2.1.1. L’odierno ricorrente è titolare di una concessione demaniale
di pertinenza idraulica sul terreni ubicati in località Ciano del Comune di Crocetta del Montello, nell’alveo del fiume Piave, rinnovata
ogni cinque anni, fino alla data del 30 giugno 1988. Per l’estensione
di ha 75.00.00, la superficie – fino alla data suindicata – era stata
utilizzata a fini agricoli.
Con istanza in data 31 marzo 1989, il Bevaqua di Panigai chiedeva
alla Regione Veneto l’ammissione al regime di aiuti finalizzato ad
agevolare il ritiro dei seminativi dalla produzione. A tal fine l’istante
dichiarava che nella propria azienda i terreni interessati al ritiro dalla
produzione erano stati coltivati a seminativo nel periodo dall’i settembre 1987 al 30 aprile 1988, e che il medesimo si impegnava per
almeno un quinquennio, ai sensi degli artt. 4 e 8 del Regolamento
Cee n. 1272 del 1988 e 4, comma 1, lett. c) del d.m. 19 febbraio

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ria di Lavori pubblici, reso nella seduta del 3 marzo 1989, con il

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1991, n. 63, a destinare la superficie ritirata dalla produzione a
“messa a riposo”.
In data 5 agosto 1989, la Regione Veneto comunicava, tuttavia,
all’istante che la Commissione Consultiva in materia di Lavori pubblici, con voto n. 2091, reso nella seduta del 3 marzo 1989, aveva
espresso il parere che “nei soli ed esclusivi riguardi idraulici” poteva

stione “non dovrà essere più destinata a seminativo, ma dovrà essere tenuta ad incolto cespugliato (…..) il tutto subordinatamente al
rilascio del provvedimento concessorio di competenza statale”.
Seguiva, in data 28 settembre 1989, il decreto di concessione amministrativa da parte del Ministero delle Finanze, per il periodo dall’i
luglio 1988 al 30 giugno 1994, che recepiva in toto il parere della
predetta Commissione, stabilendo che il provvedimento aveva ad
oggetto esclusivamente le “pertinenze idrauliche demaniali” per il
periodo suindicato. Con decreto dei 6 luglio 1990, l’Intendente di
Finanza ribadiva, quindi, che, se la concessione aveva riguardato, in
passato, le pertinenze idrauliche in parte ad uso agricolo, il rinnovo
avveniva, invece, per esclusivo uso incolto e cespugliato.
L’erogazione delle sovvenzioni ai sensi del Regolamento n. 1272 del
1988 faceva, nondimeno, seguito al provvedimento concessovi°, ed
avveniva con successivi atti emessi dall’amministrazione nell’arco
temporale dal gennaio 1990 al marzo 1993.
1.2.1.2. Con avviso di accertamento n. 46 del 14 febbraio 1994, il
Corpo Forestale dello Stato, muovendo dal rilievo secondo cui la
concessione del 28 settembre 1989 era stata emessa per un esclusivo uso del fondo a “prato incolto”, evidenziava, peraltro, che era
venuto meno il diritto del Bevaqua Panigai a coltivare il terreno in
questione per il quinquennio 1988-1993, per il quale il medesimo si
era impegnato a non coltivare il fondo e di destinarlo a “messa a
riposo”. Ne conseguiva ad avviso dei verbalizzanti, che gli aiuti per il
ritiro dei seminativi non potevano essere erogati all’istante, essendo
gli stessi destinati a compensare la perdita degli utili derivanti dalla

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essere assentito il rinnovo della concessione, e che l’area in que-

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coltivazione dei fondo, che il destinatario dell’erogazione aveva diritto a coltivare per il periodo suindicato.
Con note del 31 ottobre 1997, la Regione ingiungeva, pertanto, al
Bevaqua Panigai la restituzione delle somme erogate.
1.2.2. Tutto ciò premesso, va osservato che l’erogazione dei contributi CEE per il ritiro dalla produzione di terreni seminativi è subordi-

comunitaria.
1.2.2.1. Ed invero, il contributo in questione, previsto dal regolamento CEE n. 1278/1988 della Commissione del 29 aprile 1988 (applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis), il quale fissa “le
modalità di applicazione del regime di aiuti per incoraggiare il ritiro
dei seminativi dalla produzione”, ha la finalità principale di compensare la perdita di reddito subita dall’agricoltore a seguito del ritiro
dei terreni seminativi dalla produzione, introducendo speciali cautele
finalizzate ad escludere dal regime le superfici recentemente convertite in seminativi. A tal fine, lo stesso regolamento richiede, infatti, all’art. 3, paragrafo 1, che le superfici siano state effettivamente coltivate a seminativo in un periodo determinato dagli Stati
membri, compreso tra il 1 luglio 1985 e il 30 giugno 1988 e avente
comunque la durata minima di una campagna agricola. Il primo requisito che rileva, dunque, ai fini della corretta fruizione degli aiuti nel regime comunitario in esame -, è costituito da fatto che vi sia
stata una prova rigorosa del preesistente utilizzo delle superficie
agrarie interessate, si da potersi concludere per l’effettività del precedente impiego colturale e della sua cessazione in vista del beneficio comunitario.
In tale prospettiva, il D.M. 19 febbraio 1991, n. 63 (recante le disposizioni di adattamento alla realtà nazionale del regime di aiuti
per il ritiro di seminativi dalla produzione di cui al regolamento CEE
dei Consiglio delle Comunità europee n. 797/1985) ha circoscritto il
periodo di effettività delle coltivazioni da abbandonare al segmento
temporale compreso dal 1 settembre 1987 al 30 aprile 1988 (art. 3,

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nata a talune condizioni tassative stabilite dalla stessa normativa

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comma 1), così abbreviando il termine rispetto al periodo considerato in sede comunitaria e riducendolo al minimo, ossia a una sola
campagna agricola. Per tener fermo il periodo imposto dalla normativa comunitaria, il “legislatore” nazionale ha dovuto, peraltro, precisare che “sono, tuttavia, escluse dal beneficio le superfici aziendali
convertite in seminativi nel corso del primo semestre dell’anno

1.2.2.2.. Ai sensi dell’art. 9 del Regolamento Cee n. 1272 del 1988,
il diritto al beneficio dell’aiuto in questione è, tuttavia, condizionato
alla sussistenza di un ulteriore requisito, costituito dal fatto che il
richiedente coltivi le terre “al momento della presentazione della
domanda e durante il periodo di validità dell’impegno”, e che il medesimo abbia “diritto, conformemente alla legislazione nazionale e al
momento della presentazione della domanda, di coltivarle per il periodo di durata dell’impegno assunto”. L’art. 2 del d.m. n. 63 del
1991 prevede, in tal senso, che beneficiari delle sovvenzioni in parola sono “tutti i produttori agricoli (…..) che destinano le terre agli
scopi stabiliti dall’art. 4, primo comma, del presente decreto”, che per l’appunto – prevede tra questi la “messa a riposo” del fondo per
il periodo suindicato.
Dal suesposto quadro normativo di riferimento ei evince, dunque,
che l’erogazione del beneficio in questione è condizionata, oltre che
all’effettiva coltivazione del fondo nell’arco temporale summenzionato (quanto meno una campagna agricola nel periodo tra 1’1 settembre 1987 ed il 30 aprile 1988) ed al momento della domanda (Cass.
1270/2007), alla sussistenza della qualità di produttore agricolo,
avente diritto alla coltivazione delle terre per il periodo di durata
dell’impegno assunto con la presentazione dell’istanza di ammissione al beneficio in questione.
1.2.3. Tutto ciò premesso in via di principio, va considerato, con
riferimento al caso concreto, che l’odierno ricorrente non è proprietario del fondo per cui è causa, ma è titolare di una concessione
demaniale di pertinenza idraulica sul terreno in relazione ai quale ha

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1988″ (art. 3, comma 2).

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fatto richiesta di concessione del sussidio di cui al Regolamento Cee
n. 1272 del 1988.
1.2.3.1. Orbene, va osservato, al riguardo, che la concessione in
godimento di un bene del demanio comunale o del patrimonio indisponibile viene effettuata nell’esercizio del potere amministrativo
anche quando al provvedimento acceda un contratto, destinato a

tratto di diritto pubblico. Sicché la relativa fattispecie risulta dalla
convergenza di un atto unilaterale ed autoritativo della pubblica
amministrazione e di una convenzione attuativa, che crea e pone
diritti ed obblighi in capo all’ente concedente ed al concessionario,
ma la cui efficacia è subordinata al provvedimento amministrativo,
unilateralmente revocabile o modificabile da parte dell’amministrazione per sopravvenuta incompatibilità con l’interesse pubblico
(Cass.S.U. 1225/1976; 5527/1983). In particolare, per quanto concerne i beni del demanio idrico, va osservato che essi non possono
esser classificati come fondi rustici, soggetti ad una regolamentazione privatistica, poiché la loro utilizzazione agricola è solo marginale e precaria rispetto alla preminente ed immanente destinazione
idrica delle aree golenali, di rilievo pubblicistico; sicchè si giustifica
anche un diverso regime sotto il profilo dell’ammontare del canone,
attesa la possibilità di periodiche inondazioni incidenti sullo sfruttamento del terreno (Cass. 2820/1994).
Ne discende che, il titolare di una concessione demaniale di pertinenza idraulica, in assenza di un provvedimento concessorio che
alla pertinenza in parola affianchi l’autorizzazione all’uso agricolo del
fondo, non può di certo essere qualificato coltivatore e produttore,
ai fini dei riconoscimento degli aiuti destinati a compensare la perdita di reddito conseguente al ritiro dei seminativi dalla produzione.
1.2.3.2. Ebbene, nel caso concreto, all’atto della presentazione della
domanda (31 marzo 1989) il Bevaqua di Panigai non era titolare,
come ha esattamente rilevato la Corte di Appello, di alcuna concessione, né di pertinenza idraulica, né tanto meno – ai fini che qui ri-

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regolare gli effetti patrimoniali del rapporto e qualificabile come con-

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levano – di uso dei terreni per scopi agricoli, essendo la precedente
concessione scaduta, come affermato dallo stesso ricorrente, in data 30 giugno 1988. E quindi, il medesimo non poteva essere considerato coltivatore con riferimento alla data di presentazione della
domanda, ai sensi dell’art. 9 del regolamento Cee n. 1272 del 1988.
La successiva concessione del 28 settembre 1989, peraltro, recepi-

tiva Regionale in materia di lavori pubblici, secondo cui la concessione, nell’interesse pubblico, avrebbe dovuto essere emessa “nei
soli ed esclusivi riguardi idraulici”, talchè le aree in oggetto avrebbero dovuto essere destinate, non più a seminativo, ma solo ad “incolto cespugliato”. Ne consegue che – come correttamente rilevato dal
Corpo forestale dello Stato nell’atto di accertamento n. 46 dei 1994
– l’odierno ricorrente, all’atto della presentazione della domanda,
non solo non coltivava più le aree in questione, per l’intervenuta
scadenza della concessione delle stesse ad uso anche agricolo, ma
non aveva neppure diritto alcuno alla coltivazione di tali terreni ottenuti in concessione, ma solo a titolo di pertinenze dei demanio
idrico – per il quinquennio 1988-1993. Ne discende che i suddetti
fondi, nella carenza dei requisiti di cui all’art. 9 del Regolamento Cee
n. 1272 del 1988, non potevano essere di certo assoggettati al regime del ritiro dei seminativi dalla produzione.
1.3. Per le ragioni suesposte, pertanto, i motivi in esame non possono che essere disattesi.
2. Con il terzo motivo di ricorso, il Bevaqua di Panigai denuncia la
violazione e falsa applicazione del d.m. n. 772 del 1994 (che ha
modificato il d.m. n. 63 del 1991) e dell’art. 3 della legge n. 689 del
1981, in relazione all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ.
2.1. Si duole il ricorrente di fatto che la Corte di Appello abbia ingiustamente riconosciuto la debenza degli interessi ultralegali, nella
misura prevista dal d.m. n. 772 del 1994, sul presupposto della mala fede del ricorrente, il quale avrebbe richiesto l’accesso agli aiuti
comunitari in questione, sebbene fosse a conoscenza del vincolo di

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va in toto – come dianzi detto – il parere della Commissione Consul-

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non coltivabilità dei terreni demaniali oggetto di concessione. Siffatta statuizione integrerebbe, a parere dell’esponente, la violazione
dell’art. 3 della legge n. 689 del 1981 (che richiede la colpa, ai fini
della sussistenza dell’illecito amministrativo), essendo del tutto evidente che alla data della presentazione della domanda il Bevaqua di
Panigai non poteva essere a conoscenza del contenuto della futura

2.2. Il motivo è infondato.
2.2.1. L’indebita percezione degli aiuti comunitari per cui è causa
integra, infatti, – e di tanto non sembra dubitare lo stesso ricorrente
– un illecito amministrativo, per il quale dai punto di vista dell’elemento psicologico opera, ai sensi dell’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a
carico di colui che Io ha commesso, sul quale grava l’onere della dimostrazione di aver agito senza colpa (Cass. 10841/2008).
L’esimente della buona fede, intesa come errore sulla liceità del fatto (applicabile anche in tema di illecito amministrativo), assume, per
vero, rilievo solo in presenza di elementi positivi idonei ad ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo
operato (come, ad esempio, nel caso di una assicurazione in tal
senso ricevuta dalla p.a.), per avere egli tenuto una condotta il più
possibile conforme ai precetto di legge, talchè nessun rimprovero
possa essergli mosso per la violazione addebitatagli (Cass.
4927/1998; 15770/2003).
2.2.2. Nel caso di specie, per contro, il ricorrente già all’atto della
presentazione della domanda di sovvenzione (31 marzo 1989) non
era più coltivatore del fondo, per essere – come si è in precedenza
rilevato – la precedente concessione, rilasciata anche per usi agricoli, scaduta in data 30 giugno 1988. Ne consegue che il Bevaqua di
Panigai si era risolto a presentare l’istanza in parola nella consapevolezza di non essere in possesso della qualità di produttore agricolo, richiesta dagli artt. 9 del Regolamento Cee n. 1272 del 1988 e 2
del d.m. n. 63 del 1991. Ma vi è di più.

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concessione amministrativa.

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L’odierno ricorrente, men che avere avuto rassicurazioni
dall’amministrazione circa la liceità del suo operato, aveva, invece,
ricevuto, fi n dal 5 agosto 1989, comunicazione del parere negativo
della Commissione Regionale all’erogazione del sussidio, cui aveva
fatto seguito la concessione del 28 settembre 1989, limitata alla
sola pertinenza idraulica, con l’esclusione della coltivazione del ter-

incassato illegittimamente gli aiuti in questione, deve reputarsi del
tutto corretta l’applicazione degli interessi di cui all’art. 12, comma
9, del d.m. n. 63 del 1991, come modificato dal d.m. n. 772 del
1994. Né va tralasciata la circostanza – correttamente posta in evidenza dalla Corte territoriale -che il Bevaqua di Panigai aveva patteggiato la pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.; il che comporta una evidente ammissione di responsabilità valutabile quale elemento di prova nel processo civile (Cass. 9538/2005; 18635/2006;
24587/2010; 26263/2011; 9456/2013).
2.3. Il mezzo in esame va, pertanto, disatteso.
3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso proposto da Bevaqua di Panigai Co. Rambaldo deve essere, di conseguenza, integralmente rigettato.
4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella
misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione
Civile, 1’8.3.2016.

reni. Se ne deve inferire che, avendo il medesimo successivamente

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