Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7963 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7963 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 28752-2010 proposto da:
IMPRESA EDILE S. MARINO S.R.L. (p. i, 00399110584), in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO
AMBROSIO 4, presso l’avvocato ALESSANDRO BELLOMI, che

Data pubblicazione: 20/04/2016

la rappresenta e difende, giusta procura in calce al
2016

ricorso;
– r£corrente

517
contro

COMUNE DI ANAGNI (p.i. 00104250600), in persona del
Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in

1

ROMA, VIA TACITO 23, presso l’avvocato SANTINO CARMELO
FORESTA, che lo rappresenta e difende, giusta procura
a margine del controricorso;
– controricorrente contro

AZIENDA

TERRITORIALE

PER

L’EDILIZIA

RESIDENZIALE DELLA PROVINCIA DI FROSINONE;

intimata

Nonché da:
A.T.E.R. – AZIENDA TERRITORIALE RESIDENZIALE DELLA
PROVINCIA DI FROSINONE (P.I. 00105380604), in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso
l’avvocato MASSIMO COCCO, che la rappresenta e
difende, giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
controricorrente e

ricorrente incidentale

contro
COMUNE DI ANAGNI (p.i. 00104250600), in persona del

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in

ATER

ROMA, VIA TACITO 23, presso l’avvocato SANTINO CARMELO
FORESTA, che lo rappresenta e difende, giusta procura
a margine del controricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale contro
IMPRESA EDILE S. MARINO S.R.L.;

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- intimata –

avverso la sentenza n. 4098/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 19/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/03/2016 dal Consigliere Dott. MARIA

udito, per la ricorrente, l’Avvocato ALESSANDRO
BELLOMI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale, il rigetto dell’incidentale;
udito,

per

la

controricorrente

e

ricorrente

incidentale ATER, l’Avvocato MASSIMO COCCO che ha
chiesto il rigetto del ricorso principale,
accoglimento dell’incidentale;
udito, per il controricorrente COMUNE, l’Avvocato
SANTINO FORESTA che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUISA DE RENZIS che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, l’assorbimento del
ricorso incidentale.

IL

GIOVANNA C. SAMBITO;

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La S.r.l. Impresa Edile San Marino convenne in giudizio
innanzi al Tribunale di Frosinone lo IACP di quella provincia

realizzazione di 20 alloggi nel Comune di Anagni, per il mancato
conseguimento della concessione edilizia.
Il convenuto negò ogni sua responsabilità e chiese in via
riconvenzionale la condanna dell’appaltatrice alla restituzione
dell’anticipazione, chiamando in giudizio il Comune,in garanzia.
Nella contumacia del chiamato, il Tribunale adito rigettò
la domandar osservando trattarsi di un caso mancata consegna dei
lavori, ed accolse la riconvenzionale, e la decisione fu
confermata dalla Corte d’Appello di Roma, con la sentenza
indicata in epigrafe, secondo cui: a) in assenza di concessione
edilizia, il contratto era inefficace, dato che il relativo rilascio
operava come condizione sospensiva, restando solo consentito il
recesso; b) in ogni caso, vi era stata una mera immissione nella
disponibilità dell’appaltatrice delle aree di cantiere, piuttosto che
una consegna, essendosi l’appaltatore limitato a prendere in
custodia e a recintare l’area, a effettuare rilievi, a predisporre
alcune relazioni geologiche ed i progetti delle opere in cemento
armato e degli impianti termici; c) le spese del giudizio in favore
di entrambi gli appellati andavano poste a carico della Società
soccombente.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la

chiedendo la risoluzione del contratto d’appalto per la

Società con sei mezzi, resistiti con controricorso dal Comune e
dall’ATER che ha presentato ricorso incidentale condizionato, al
quale il Comune ha replicato con controricorso. L’impresa ed il

MOTIVI DELLA DECISIONE
I. Col primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1358, 1175, 1375, 1353, 1223,
1453, 1218 cc, 115 e 116 cpc; 5 RD 350 del 1895; 97 Cost. 30,
co l e 3, del dPR n. 1063 del 1962, nonché vizio di motivazione,
per non avere la Corte d’Appello considerato che il mancato
rilascio della concessione edilizia, quale condizione sospensiva,
comporta l’inefficacia del contratto d’appalto, ma non fa venir
meno, com’è jus receptum, le prestazioni già eseguite, e non osta
alla declaratoria di risoluzione del contratto, per inadempimento
del contraente cui sia imputabile il mancato avvera mento della
condizione. Nella specie, prosegue la ricorrente, la stazione
appaltante aveva l’obbligo di munirsi della concessione edilizia
onde consentire l’esecuzione dei lavori appaltati; di disporre
sondaggi geognostici, o indagini relative al sottosuolo
archeologico, onde assicurarsi che l’area fosse idonea allo scopo,
e tanto non era accaduto; di dimostrare, infine, anche in caso di
sospensione dei lavori, la propria assenza di colpa nella
determinazione dell’evento. Tali questioni erano state
erroneamente pretermesse dalla Corte territoriale, che avrebbe
dovuto dichiarare risolto il contratto d’appalto per

2

comune di Anagni hanno depositato memoria.

inadempimento dell’ATER, su cui incombeva di provare di
essersi comportato secondo buona fede.
2. 11 motivo è, in parte, infondato ed in parte

costruzione degli alloggi è stato stipulato il 19.6.1986, ed è stato
preceduto dalla consegna dei lavori del 9 maggio precedente, da
lei firmata con riserva, tra l’altro, per il mancato rilascio della
concessione edilizia, che, com’è incontroverso, non è poi stata
emessa. La Corte territoriale, sulla scorta dei predetti dati
fattuali, ha qualificato la concessione edilizia come condizione
“inespressa” del contratto, e lo ha, perciò, ritenuto valido, ma
inefficace, così riconducendo al mancato rilascio l’impossibilità
del contratto di produrre gli effetti suoi propri. 3. In ciò facendo
corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Cass.
n. 3913 del 2009; n 13969 del 2011), che, muovendo dalla
considerazione secondo cui il contratto di appalto per la
costruzione di un immobile senza concessioni edilizie è nullo ex
arti. 1346 e 1418 cc, per illiceità dell’oggetto; nullità che non è
sanabile retroattivamente in virtù di condono edilizio (che elide
le sole sanzioni penali ed amministrative), nè di convalida, per il
divieto di cui all’art. 1423 cc, ha evidenziato che l’illiceità opera
solo ove l’appalto sia, di fatto, eseguito in carenza di
concessione. Diversamente, ove, come affermato nella specie,
l’adempimento sia stato intenzionalmente posposto al previa
ottenimento della concessione edilizia richiesta, pur se non sia

3

inammissibile. Riferisce la ricorrente che l’appalto per la

stata ancora rilasciata, il contratto non è nullo, potendosi
considerare sospensivamente condizionato, in forza di
presupposizione, al previo ottenimento dell’atto amministrativo,

condivisibile principio (Cass. n. 3942 del 2002), secondo cui in
ipotesi di contratto sottoposto a condizione sospensiva, ove la
condizione non si verifichi, non è configurabile un
inadempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte dalle
parti con il contratto, giacché l’inadempimento contrattuale è
verificabile solo in relazione ad un contratto efficace. In tal caso,
non può, dunque, farsi luogo a risoluzione per inadempimento
delle obbligazioni contrattuali, ma, eventualmente, solo per
inadempimento dell’obbligazione prevista dall’art. 1358 cc norma
che fa obbligo a ciascun contraente, in pendenza della
condizione, di osservare i doveri di lealtà e correttezza in modo
da non influire sul verificarsi dell’evento condizionante
pendente. 5. Al riguardo, a parte la novità dei temi d’indagine
inerenti alle ragioni del mancato rilascio della concessione
edilizia (evento presupposto), dato che su di essi la sentenza tace
del tutto, né la ricorrente enuncia quando li avrebbe sottoposti in
sede di merito, occorre rilevare che la stessa ricostruzione del
ricorso, secondo cui la concessione edilizia non è stata rilasciata
per inidoneità del suolo prescelto allo scopo edificatorio, non
giova alla tesi della ricorrente, tenuto conto che tale fatto
prescinde del tutto dal tema dell’osservanza degli obblighi di

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allo stato, mancante. 4. Questa Corte ha già affermato il

buona fede ricadenti sul contraente durante la pendenza della
condizione, ma attiene, in tesi, all’inadempimento dell’obbligo di
consentire l’esecuzione (id est di predisporre un progetto

ambito nel quale si iscrive il dovere posto dall’invocato art. 5 del
r.d. n. 350 del 1895, applicabile ratione temporis, che obbliga,
appunto, la stazione appaltante alla verifica del progetto, in
relazione al terreno e ad altre varianti, allo scopo di escludere
che l’esistenza di significative differenze tra progetto esecutivo e
situazione reale dei luoghi possa interferire con la realizzazione
dell’opera; e che comunque non esonera l’appaltatore dal dovere,
facendo uso della diligenza dovuta in rebus suis, di compiere
ogni verifica diprender conoscenza delle condizioni locali e di
tutte le circostanze che possono influire sull’esecuzione
dell’opera; verifica che la ricorrente afferma, peraltro, di aver
compiuto, avendo elencato, tra i lavori eseguiti, la redazione di
alcune relazioni geologiche. Il tema d’indagine relativo
all’accertamento della responsabilità nella sospensione dei lavori
(che la ricorrente riferisce esser stata disposta il 10.9.1986) è
fuor d’opera, attenendo l’istituto di cui all’art 30 del dPR 1063
del 1962 proprio alla fase esecutiva dei lavori, e trattandosi, nella
specie, di un contratto ancora inefficace, e dunque non
eseguibile.
5. 11 secondo ed il terzo motivo, con i quali la ricorrente
lamenta la violazione degli artt. 10, co 5 ed 8, del dPR 1063 del

5

cantierabile) che trova la sua fonte nel contratto d’appalto,

1962; 16 e 17 RD n. 2440 del 1923; 1362, 1367, 1453, 2697,
2702, 1207 cc, 12 disp. prel. cc , nonché vizio di motivazione, in
relazione ai capi con cui la Corte territoriale ha escluso esser

immissione nel possesso dell’area di cantiere, ed esser perciò
consentito solo il recesso e non anche la risoluzione del
contratto, sono inammissibili essendo, ormai, incontrovertibile la
statuizione d’inefficacia del contratto stesso (per l’assenza della
concessione edilizia) e costituendo i capi censurati una ratio
decidendi inerente al caso, opposto, in cui si fosse considerato “il

contratto produttivo di effetti”.
6. Col quarto motivo, la ricorrente lamenta la violazione e
falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cpc. 2697 e 2702 oltre
che vizio di motivazione, in relazione ai danni che la parte
inadempiente deve risarcire all’altra. La sentenza dà atto delle
attività rimaste senza corrispettivo, ma non le remunera,
ritenendo inammissibile l’azione di risoluzione del contratto,
nonostante la relativa esecuzione -che non necessitava del
rilascio della concessione- fosse provata in giudizio ed il relativo
importo liquidato dal CTU. Anche questo motivo è
inammissibile. Esso mira a conseguire, a titolo di risarcimento
del danno, il valore delle attività preliminari poste in essere in
vista dell’esecuzione del contratto, e presuppone, dunque, la
statuizione di risoluzione del contratto per inadempimento della
stazione appaltante (qua] parte contrattuale inadempiente),

6

avvenuta la consegna dei lavori, ha affermato trattarsi della mera

che, alla stregua degli argomenti svolti sopra al punto 4, si è
detto non esser configurabile.
7. Anche il quinto motivo, con si deduce la violazione

vizio di motivazione I è inammissibile. 8. L’addebito che la
ricorrente muove all’impugnata sentenza di aver disposto la
restituzione dell’anticipazione, senza aver prima proceduto alla
redazione dello stato finale di liquidazione “in cui conteggiare i
lavori eseguiti” impinge irrimediabilmente nella rilevata
inefficacia del contratto. 9. 11 profilo secondo cui l’obbligo di
restituzione dell’indebito costituisce un debito di valuta, sul
quale spettano gli interessi dalla data della domanda per la buona
fede dell’accipiens esclusa la rivalutazione e salvo il maggior
danno (neppure richiesto ex adverso) costituisce, invece, un tema
d’indagine che la sentenza impugnata, pur dando atto in
narrativa della statuizione in tal senso emessa dal Tribunale, non
affronta in alcun modo. Sicché la ricorrente avrebbe dovuto
specificare, quando e con quali argomenti aveva censurato in
appello detta statuizione, e quindi dedurne l’omessa pronuncia
con l’afferente motivo (art 112 cpc, in relazione all’art 360, 1° co
cpc), ovvero riconoscere la novità della questione.
10. Col sesto motivo, la ricorrente lamenta che, nel porre a
suo carico le spese del giudizio sopportate dal Comune di
Anagni, la Corte territoriale sia incorsa in violazione dell’art. 91
cpc. Il motivo è infondato. 11. Ed infatti, il rimborso delle spese

.

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degli artt. 2033, 1147, 1224 cc, 2 del DM 25.11.1972 oltre che

processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal
convenuto deve essere posto a carico dell’attore, quando, come
nella specie, la chiamata in causa si sia resa necessaria in

che questi non abbia formulato domanda alcuna nei confronti
dello stesso terzo evocato in giudizio, trovando tale statuizione
adeguata giustificazione nel principio di causalità, che governa
la regolamentazione delle spese di lite (cfr. Cass. n. 7674 del
2008; n. 23552 del 2011).
12. Il ricorso incidentale dell’ATER, a carattere
condizionato, resta assorbito.
13. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno
poste a carico della ricorrente e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di legittimità che si liquidano in E 7.200,00,
di cui € 200,00 per spese, oltre accessori, in favore di ciascuna
parte intimata.
Cosi deciso in Roma, l’8 marzo 2016.

relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso, a nulla rilevando

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