Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7962 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 22/03/2021), n.7962

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13548/2014 R.G. proposto da:

D.G.P. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dall’Avv. NICOLA FABRIZIO SOLIMINI, elettivamente domiciliato presso

lo studio dell’Avv. ALESSANDRA GALLINI in Roma, Via Vestricio

Spurinna, 105;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia, n. 96/6/13, depositata l’8 ottobre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio

2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Il contribuente D.G.P. ha impugnato un avviso di accertamento, redatto con metodo sintetico a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, commi 4, 5, 6, con cui veniva accertato un maggior reddito di imposta per gli anni 2007 e 2008, quale conseguenza di incrementi patrimoniali, derivanti da acquisti di autovetture e immobili, intervenuti negli anni dal 2007 al 2011, con redistribuzione del reddito accertato nella misura di 1/5 per gli anni di imposta in oggetto.

La CTP di Bari ha rigettato il ricorso e la CTR della Puglia, con sentenza in data 8 ottobre 2013, ha parzialmente accolto l’appello, ritenendo che – a seguito delle modifiche intervenute per effetto del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22 – non possono essere valorizzati gli incrementi patrimoniali realizzatisi negli anni di imposta degli anni 2009 – 2011, confermando nel resto l’atto impugnato.

Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a tre motivi; resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6 (rectius, comma 7), della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6 e del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22. Il ricorrente ritiene obbligatorio il contraddittorio in tema di accertamento sintetico, deducendo l’illegittimità dell’accertamento sintetico ove l’amministrazione non abbia instaurato tale contraddittorio in fase amministrativa, in forza della applicazione della disposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, anche agli accertamenti relativi ai periodi precedenti l’entrata in vigore di tale norma.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. quanto alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Deduce il ricorrente di avere sollevato in corso di causa la questione dell’omessa incardinazione del contraddittorio, riproducendo in particolare l’atto di appello con cui la questione era stata introdotta. Deduce, in particolare, il ricorrente che l’Ufficio si sarebbe limitato a raccogliere dati e notizie fornite dal contribuente senza avviare alcun “confronto dialettico” sugli elementi acquisiti.

1.3 – Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame del fatto storico costituito dalle disponibilità finanziarie del nucleo familiare nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, ritenendo il ricorrente che la valutazione della complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare costituisca presupposto per l’accertamento sintetico.

2.1 – Il secondo motivo, il quale riveste ruolo pregiudiziale, si colloca ai limiti dell’inammissibilità quanto alla doglianza di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non essendo stato adeguatamente illustrato il preciso fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello, nè essendone stata illustrata la decisività. Il motivo è, peraltro, infondato quanto alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, avendo il giudice di appello ritenuto – sia pure in forma apodittica – che il contraddittorio sarebbe stato rispettato (“sussistente”) nel caso di specie.

2.2 – Il secondo motivo si rivela, in ogni caso, infondato nel merito, posto che l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, è applicabile, secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, solo agli accertamenti che riguardino i periodi d’imposta 2009 e successivi, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del menzionato contraddittorio (Cass. Sez. VI, 31 maggio 2016, n. 11283; conf. Cass., Sez. V, 31 luglio 2020, n. 16473; Cass., Sez. V, 26 settembre 2019, n. 33046; Cass., Sez. V, 21 novembre 2019, n. 30355; Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 1772; Cass., Sez. VI, 6 novembre 2015, n. 22744; Cass., Sez. VI, 6 ottobre 2014, n. 21041).

Il principio discende, peraltro, dalla constatazione che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste, in generale, per l’Amministrazione finanziaria obbligo alcuno di contraddittorio endoprocedimentale in materia di accertamenti aventi ad oggetto tributi non armonizzati, quale l’Irpef, di cui si discute nella specie (Cass., Sez. U., 09 dicembre 2015, n. 24823).

3 – Il primo motivo è inammissibile, posto che il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, laddove ha accertato l’avvenuta integrazione del contraddittorio con il contribuente in fase amministrativa (“gli Uffici sono stati normativamente obbligati – art. 37, comma 7 – a dialogare (…) attraverso il contraddittorio in fase preventiva, nella specie sussistente”).

3.2 – Il terzo motivo è ammissibile, avendo il ricorrente indicato sia il fatto storico, sia il luogo processuale in cui la questione sarebbe stata oggetto di discussione tra le parti (atto di appello), sia (per quanto sinteticamente) la decisività del fatto storico medesimo, avendo ritenuto che l’esame della disponibilità finanziaria del coniuge del contribuente costituirebbe fonte di giustificazione degli incrementi patrimoniali per cui è causa.

3.3 – Il motivo è, inoltre, fondato in relazione ad entrambi i profili di censura denunciati, essendo questa Corte ferma nel ritenere che in tema di accertamento delle imposte sui redditi con metodo sintetico in base ai coefficienti presuntivi (redditometri) individuati dai decreti ministeriali previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, il contribuente può dare la prova contraria della sussistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte avuto riguardo alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’accertamento suddetto, nel vincolo che li lega (Cass., Sez. V, 23 dicembre 2020, n. 29388; Cass., Sez. V, 29 settembre 2020, n. 20663; Cass., Sez. V, 27 maggio 2020, n. 9905; Cass., Sez. VI, 21 novembre 2019, n. 30355; Cass., Sez. V, 7 marzo 2014, n. 5365).

La sentenza impugnata non ha dato conto di tale decisiva circostanza in fatto, che è stata oggetto di discussione tra le parti.

4 – Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al terzo motivo per l’esame del fatto storico omesso, dichiarandosi inammissibile il primo motivo e rigettandosi il secondo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR a quo, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta il secondo, accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolazione e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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