Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7962 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7962 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

su]. ricorso 28819-2010 proposto da:
IMPRESA S.I.C.E. S.P.A. (P.I. 00870201001), in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE AMERICA 11, presso
l’avvocato ANDREA MUSENGA, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 20/04/2016

difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2016
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contro

ROMA CAPITALE, già COMUNE DI ROMA (c.f. 02438750586),
in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

1

presso

gli

UFFICI

DELL’AVVOCATURA

CAPITOLINA,

rappresentata e difesa dagli avvocati ALESSANDRO
RIZZO, GUGLIELMO FRIGENTI, giusta procura a margine
del controricorso;
AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE

generale pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA F. PAULUCCI DE’ CALBOLI 20, presso
l’avvocato MICHELINA VASSALLO, che la rappresenta e
difende, giusta procura a margine del controricorso;

con troricorrenti

avverso la sentenza n. 1528/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/03/2016 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato ANDREA MUSENGA
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUISA DE RENZIS che ha concluso per il

PUBBLICA DEL COMUNE DI ROMA, in persona del Direttore

rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La S.p.A. SICE convenne in giudizio innanzi al Tribunale
di Roma lo IACP di quella provincia chiedendo, per quanto

danno per l’inadempimento dell’obbligo, dallo stesso assunto in
via transattiva, di trasferirle le maggiori superfici venutesi a
creare, tra l’estradosso della fondazione e l’intradosso del primo
piano, nel complesso edilizio da lei realizzato, in base ad un
contratto d’appalto stipulato con l’Istituto,
Il Tribunale adito, nel contraddittorio con l’ATER,
succeduto all’Istituto convenuto, ed il Comune di Roma,
chiamato dal convenuto, rigettò la domanda, e la decisione fu
confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Corte
d’Appello di Roma, secondo cui: a) l’atto di cessione delle aree
realizzande, da adibire ad attrezzature commerciali, era
subordinata alla convenzione avente ad oggetto il diritto di
superficie sulle aree stesse che sarebbe stata stipulata tra
l’Istituto ed il Comune di Roma; b) l’appaltatore avrebbe dovuto
avanzare la richiesta di concessione edilizia, riferita alla
maggiore volumetria venutasi a creare, dopo che l’Istituto avesse
acquisito il diritto di superficie e stipulato l’apposita
convenzione col Comune; c) l’obbligo di stipulare la
convenzione era rimasto inadempiuto, perché l’area ricadeva, in
parte, su demanio statale, e tale causa non era imputabile
all’Istituto stesso, che, ricevendone la consegna, era stato indotto

ancora interessa, la condanna del convenuto al risarcimento del

a ritenere che il Comune ne fosse proprietario.
Per la cassazione della sentenza, che ritenne assorbita la
domanda di garanzia, ha proposto ricorso la Società con tre

Comune e dall’ATER.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e
falsa applicazione dell’art. 5 del RD n. 350 del 1895, nonché
vizio di motivazione, per avere la Corte d’Appello ritenuto
incolpevole l’inadempimento della committente, senza
considerare che la riscontrata demanialità dell’area, che aveva
precluso la costituzione del diritto di superficie in favore della
stessa e reso impossibile il rilascio della concessione edilizia,
avrebbe dovuto esser verificata dalla stazione appaltante prima
ancora di bandire la gara, o comunque, prima dell’avvio dei
lavori. La disposizione di cui all’art. 5 del RD n. 350 del 1895,
prosegue la ricorrente, impegna invece, la stazione appaltante
alla verifica del suolo, e ciò non era stato fatto, sicchè
l’inadempimento doveva considerarsi colpevole, per esser stato
approvato un progetto impossibile da eseguire, “stante
l’indisponibilità giuridica delle aree”. Né poteva valere a
discolpa l’affidamento ingenerato dalla consegna dell’area da
parte del Comune, non solo perché la Corte territoriale lo aveva
solo ipotizzato, ma, anche, perché il principio si applica in favore
dei privati e non nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, di

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mezzi, illustrati da memoria, resistiti con controricorso dal

talchè solo essa ricorrente poteva fare legittimo affidamento
sulla proprietà comunale del suolo ove le opere dovevano
sorgere e dunque sulla possibilità del futuro trasferimento delle

favore.
2. Col secondo motivo, la ricorrente deduce l’omessa
motivazione sul fatto controverso e decisivo relativo al mancata
presentazione di un’istanza di sdemanializzazione, onde
“acquisire dal Comune di Roma la concessione del diritto di
superficie sulle aree ove è sorto l’immobile”, in assenza del
quale “non era possibile ottenere da parte di chiunque una nuova
destinazione d’uso ovvero una concessione edilizia per i locali
realizzati al di sotto del piano di campagna”. L’omessa
motivazione relativa alla diligenza del comportamento dovuto
dall’Istituto precludeva, dunque, la declaratoria della non
imputabilità dell ‘ i nademp i m ento.
3. Col terzo mezzo, si deduce la violazione degli artt. 1218
e 1256 cc. L’impossibilità della prestazione per causa non
imputabile al debitore, afferma la ricorrente, è ravvisabile
quando l’impossibilità di eseguirla sia dovuta ad evento
sopravvenuto, in quanto “una prestazione impossibile ab origine
rende impossibile il sorgere del rapporto obbligatorio”.
4. I motivi, che, per la loro connessione, vanno valutati
congiuntamente, vanno rigettati, anche se va corretta la
motivazione. 5. Secondo i dati fattuali riferiti dalla ricorrente i

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attrezzature commerciali e delle nuove realizzazioni in suo

beni (locali al di sotto del piano di campagna realizzati
utilizzando la volumetria tra l’estradosso della fondazione e
l’intradosso del primo piano))oggetto della cessione promessa e

l’Istituto non ha potuto ottenere il diritto di superficie dal
Comune e la ricorrente non ha potuto richiedere la relativa
concessione edilizia, pur avendoli, com’è incontroverso,
realizzati. 5. A parte la laconicità del ricorso in riferimento al
rilascio della concessione edilizia per l’intero edificio di cui i
locali fanno parte (in tesi, ricadente anch’esso, in parte, su suolo
demaniale) e limitando l’esame alla volumetria anzidetta,
realizzata in esecuzione di una variante dell’originario progetto,
va rilevato che il bene oggetto del patto qui in esame insistendo
su suolo demaniale non è commerciabile (art. 823 cc), come
implicitamente riconosce la stessa ricorrente laddove, col terzo
motivo, pone in evidenza l’impossibilità sin dall’origine della
prestazione; e che il contratto incorre, pure, nella causa di
nullità, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 cc, per violazione delle
norme imperative in materia urbanistica (Cass. n. 13969 del
2011; 4017 del 2007; cfr. pure n. 3913 del 2009), con la
conseguenza che tale nullità, impedisce all’appaltatore di
pretendere, il corrispettivo dovuto, o i danni da inadempimento,
senza che rilevi l’ignoranza del mancato rilascio della
Lc.. y k kr.

concessione edilizia, drie non può ritenersi scusabile per la grave
colpa del contraente, il quale, con l’ordinaria diligenza, ben

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rimasta inadempiuta) insistono su suolo demaniale, ragion per cui

avrebbe potuto avere conoscenza della reale situazione,
incombendo anche sul costruttore, ai sensi dell’art. 6 della L. n.
47 del 1985, l’obbligo giuridico del rispetto della normativa sulle

ricorrente -che, pure, invoca il suo stato di legittima aspettativadell’assenza di concessione edilizia per la parte qui in rilievo del
manufatto risulta per tabulas, dal fatto che l’obbligo di
avanzarne la richiesta era stato posto a suo carico, in seno alla
transazione in data 27.3.1990.
7. Così convenendo, e considerato che il rilievo ex officio
di una nullità negoziale, deve ritenersi consentito in tutte le
ipotesi di impugnativa negoziale, anche, in questa sede di
legittimità (Cass. SU n. 26242 del 2014), la questione della
diligenza che l’Istituto avrebbe omesso nel non attivarsi per
ottenere la sdemanializzazione dell’area risulta assorbita, non
potendosi, tuttavia non rilevare il deficit di autosufficienza in
ordine alla stessa ipotizzabilità dell’invocata sdemanializzazione
in relazione alla natura del bene stesso e, ad esempio, alla sua
appartenenza al demanio necessario. 8. Resta da aggiungere che
il richiamo agli obblighi cui è tenuta la stazione appaltante ai
sensi dell’invocato art. 5 del r.d. n. 350 del 1895, applicabile
ratione temporis, non coglie nel segno, attenendo gli stessi alla
verifica del progetto, in relazione al terreno e ad altre varianti,
ma in costanza, beninteso, di un contratto valido, ciò che nella
specie è rimasto escluso; laddove la giurisprudenza in tema di

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concessioni. 6. Nella specie, la consapevolezza, da parte della

sospensione dei lavori, nel caso di sospensione della concessione
edilizia, non è pertinente versandosi in ipotesi di opere realizzate
in assenza ab origine della stessa, nota ad entrambe le parti.

rilievo

ex officio

della nullità del contratto, per compensare tra le

parti le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese
Così deciso in Roma, P8 marzo 2016.

8. La Corte ravvisa giusti motivi, in considerazione del

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