Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7961 del 28/03/2017
Cassazione civile, sez. I, 28/03/2017, (ud. 13/10/2016, dep.28/03/2017), n. 7961
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T.G., elettivamente domiciliato in Roma, via F.
Paolucci dè Calboli 9, presso lo studio dell’avv. Piero Sandulli,
rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Di Foggia, per procura
speciale a margine del ricorso, che dichiara di voler ricevere le
comunicazioni relative al processo presso il fax 0823/442275 e la
p.e.c. stefano.difoggia-avvocatismcv.it;
– ricorrente –
nei confronti di:
Gestione & Servizi s.n.c. di G.M. e M.G.,
in persona degli amministratori M.G. e G.M.,
questi ultimi in proprio e nella predetta qualità, elettivamente
domiciliati in Roma, via Ovidio 20, presso lo studio dell’avv.
Roberto Landolfi, dal quale sono rappresentati e difesi, per mandato
a margine del controricorso, unitamente all’avv. Adolfo Russo che
dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo
presso la p.e.c. adolfo.russo-avvocatismcv.it ovvero
roberto.landolfi-legalmail.it e il fax 0823/351661 ovvero
06/6833386;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 791/12 della Corte d’appello di Napoli, emessa
in data 24 febbraio 2012 e depositata il 6 marzo 2012, R.G. n.
1140/2009;
sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore
generale dott. CERONI Francesca che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
1. T.G. ha convenuto, con citazione del 17 ottobre 2006, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la s.n.c. Gestione & Servizi s.n.c. di T.G., M.G. e G.M. e gli altri due soci, M. e G., chiedendo: a) la liquidazione della sua quota, che non era stata effettuata nonostante la Delib. esclusione 31 ottobre 2004; b) la condanna al risarcimento dei danni derivanti dalla ritardata liquidazione della quota e dalla conservazione del suo nome nella ragione sociale. L’attore ha indicato in almeno 600.000 Euro il valore della quota sociale.
2. Si è costituita la società convenuta unitamente ai soci M.G. e G.M. e ha quantificato in 34.000 Euro il valore della quota, somma già offerta al T.. In via riconvenzionale ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni causati con alcune operazioni illegittime consistite nell’utilizzazione personale di risorse finanziarie e nell’appropriazione di beni mobili della società.
3. Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, con sentenza n. 1575/2008: a) ha condannato la società al pagamento, quale valore della quota, della somma di 124.885,48 sulla base di una C.T.U. espletata ai fini della liquidazione; b) ha condannato il T. al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della somma di 35.208,13 Euro; c) ha respinto la domanda risarcitoria del T.; d) ha compensato le spese di lite.
4. La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 791/2012, ha accolto parzialmente l’appello principale della società rideterminando in 67.413,69 Euro il valore della quota sociale del T. che ha condannato al pagamento degli interessi legali sulle somme liquidate dal Tribunale a titolo risarcitorio. Ha respinto l’appello incidentale inteso alla maggior valorizzazione della sua quota, al rigetto della domanda di risarcimento danni della società e all’accoglimento della sua domanda di risarcimento per il ritardo nella liquidazione e l’uso illegittimo del suo nome nella ragione sociale.
5. Ricorre per cassazione T.G. deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2289 e 2424 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo il ricorrente è errato considerare i conferimenti in conto capitale come passività. Ciò comporta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2424 c.c. Infatti il rendiconto comporta la redazione di un bilancio straordinario diretto a determinare il valore reale della quota di partecipazione (Cass. civ. n. 1036/2009). Secondo il ricorrente il conferimento in conto capitale rappresenta sì una passività della situazione patrimoniale ma anche una componente positiva del patrimonio netto ed è indifferente che si tratti di finanziamento che attribuisce o esclude il diritto alla restituzione.
6. Si difende con controricorso la s.n.c. Gestione & Servizi di G. e M.G., unitamente ai due soci M. e G..
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
che:
7. Il ricorso è infondato alla luce della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., sez. 1, n. 24861 del 9 dicembre 2015) secondo cui “l’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni). Tale ultimo contributo non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale “residual claimant”.
8. Il ricorso deve pertanto essere respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 6.200 Euro, di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017