Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7961 del 20/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7961 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 20742-2010 proposto da:
FALLIMENTO COSTRUZIONI EDILIZIE INDUSTRIALI S.P.A.
(c.f. 00254480726), in persona del Curatore avv. prof.
GIANFRANCO TARANTINO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso l’avvocato
GIOVANNI DORIA, che lo rappresenta e difende, giusta
2016

procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

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contro

CONI

SERVIZI

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

Data pubblicazione: 20/04/2016

in ROMA, VIA DEI TRE OROLOGI, 14/A, presso l’avvocato
MASSIMO RANIER1, che la rappresenta e difende, giusta
procura a margine del controricorso;
controricorrente

avverso il provvedimento n. 4682/2009 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/03/2016 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIOVANNI DORIA
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato MASSIMO
RANIERI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’improcedibilità, l’inammissibilità o in subordine il
rigetto del ricorso.

D’APPELLO di ROMA, depositato il 26/11/2009;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Società Fratelli Dioguardi convenne in giudizio innanzi
al Tribunale di Roma il CONI, chiedendo la condanna al

d’appalto per la realizzazione dei lavori di copertura di due
piscine, i cui lavori era stati consegnati, ma poi immediatamente
sospesi per la mancanza di concessione edilizia.
11 Tribunale, nel contraddittorio col convenuto, accolse la
domanda, ritenendo addebitabile al committente il mancato
conseguimento della concessione edilizia, ma la decisione fu in
parte riformata dalla Corte d’Appello di Roma, con la sentenza
indicata in epigrafe, resa nei confronti dalla S.p.A Coni Servizi,
succeduta al CONI e del Fallimento Costruzioni Edilizia S.p.A.
(già Fratelli Dioguardi S.p.A.), che ridusse l’ammontare del
risarcimento. I giudici d’appello, per quanto d’interesse,
evidenziarono che: a) il contratto d’appalto sottoscritto inter
partes 11 15.3.1990 stabiliva, all’art. 4, che la consegna dei lavori

relativi alla copertura della vasca più grande, ancora da costruire,
era condizionata al rilascio della concessione edilizia, e pure la
lettera invito, che integrava le pattuizioni, differenziava i tempi
di consegna dei due lavori; b) la diversa indicazione contenuta
nel verbale del 5.2.1990, di consegna e contestuale sospensione
dei lavori, non era molto significativa essendo superata dal
contenuto del patto successivamente sottoscritto, tanto che i
lavori erano ripresi il 2.11.1990, solo, per la copertura della

risarcimento del danno, previa risoluzione del contratto

vasca più piccola; c) i danni dovuti per la sospensione dei lavori
relativi a tale opera, andavano computati dalla sospensione
disposta il 7.12.1990 e fino al 31.1.1994, data in cui fu reso noto

Ministero dei Beni Culturali.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il
Fallimento con quattro mezzi, resistiti con controricorso dalla
S.p.A. Coni Servizi, che ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, la Curatela ricorrente deduce il vizio
di motivazione, nonché la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1353 e ss e 1362 e ss cc. La Corte territoriale, lamenta la
ricorrente, ha errato nel presuppone che, con un unico atto,
fossero stati conclusi due distinti contratti, relativi ciascuno alla
copertura delle due piscine, e nel riportare la condizione apposta
all’art. 4 del contratto ad uno solo di essi, tenuto conto che, non
solo, tale presupposto non trovava base nel contratto -che
individuava unitariamente l’oggetto del contratto, prevedeva un
unico corrispettivo, dall’Impresa unitariamente offerto, e non
menzionava alcun differimento legato all’ottenimento di titoli
concessori- ma, soprattutto che entrambe le coperture
necessitavano della concessione edilizia. Sotto altro profilo,
prosegue la ricorrente, il tentativo di qualificare la clausola di cui
all’art. 4 in termini di condizione parziale è illogico, e
contraddetto dal comportamento della committente che aveva

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il definitivo parere negativo alla loro realizzazione da parte del

erogato l’anticipazione in misura pari al 10% del valore
dell’intero appalto.
2. Col secondo motivo, si deduce, in via subordinata, la

nonché vizio di motivazione, per non avere la Corte d’Appello
qualificato la condizione come condizione mista, e per avere
escluso l’applicabilità dell’art. 1358 cc, omettendo di analizzare
sotto tale profilo il comportamento delle parti.
3. I motivi, da valutarsi congiuntamente, per la loro
connessione, sono, in parte, infondati ed in parte inammissibili.
4. Secondo la stessa prospettazione della ricorrente, l’appalto
avente ad unico oggetto le coperture gemelle di due piscine è
stato stipulato il 15 marzo 1990, è stato preceduto dalla consegna
e contestuale sospensione dei lavori in data 5 febbraio 1990,
lavori, poi, ripresi il 2 novembre 1990 e definitivamente sospesi
il 7 dicembre 1990. Il tutto in assenza di concessione edilizia, per
il parere contrario della Soprintendenza. 5. Ora, non solo, parte
ricorrente ha omesso di riportare il contenuto del contratto, come
avrebbe dovuto in applicazione del principio di autosufficienza
del ricorso per cassazione, e di indicare partitamente i canoni
ermeneutici che sarebbero stati violati (diversamente, la censura
attinge, inammissibilmente )a1 merito), ma, e ciò è troncante, non
ha considerato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte
(Cass. n. 3913 del 2009; n 13969 del 2011), il contratto di
appalto per la costruzione di un immobile senza concessione

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violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 e 1358 cc,

edilizia è nullo ex artt. 1346 e 1418 cc, per illiceità dell’oggetto;
nullità che non è sanabile retroattivamente in virtù di condono
edilizio (che elide le sole sanzioni penali ed amministrative), nè

l’appaltatore non può pretendere, in forza del contratto nullo, il
corrispettivo pattuito, né di far valere, comunque, pretese che si
fondano su di esso. 6, In definitiva, la conclusione dell’esistenza
di due distinti lavori discendenti dall’unico contratto, di cui uno
solo di essi ritenuto condizionato, è inammissibilmente avversata
col primo motivo dalla ricorrente, che, in tal modo, ha potuto
ottenere il riconoscimento di parte del credito (per
l’inadempimento avversario) al quale non aveva diritto, trovando
titolo, come si è detto, da un contratto nullo. 7. Resta da rilevare
che il rilievo ex officio della nullità negoziale deve ritenersi
consentito, anche in sede di legittimità, in tutte le ipotesi di
impugnativa negoziale (Cass. SU n. 26242 del 2014).
8. L’opzione esegetica secondo cui l’intero assetto
contrattuale sarebbe stato condizionato al conseguimento della
concessione e dunque in toto inefficace, si scontra col dato di
fatto della sua parziale esecuzione (peraltro / la controricorrente
riferisce esser stati pagati corrispettivi contrattuali per la
realizzazione di “opere provvisionali” poi rimosse), dovendo, ad
ogni modo, considerarsi che, come questa Corte ha già affermato
(Cass. n. 3942 del 2002), in ipotesi di contratto sottoposto a
condizione sospensiva, ove la condizione non si verifichi, non è

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di convalida, per il divieto di cui all’art. 1423 cc, onde

configurabile

un

inadempimento

delle

obbligazioni

rispettivamente assunte dalle parti con il contratto (al cui
risarcimento tende la domanda proposta), giacché

un contratto efficace. In tal caso, può ravvisarsi un
inadempimento dell’obbligazione prevista dall’art. 1358 cc norma
che fa obbligo a ciascun contraente, in pendenza della
condizione, di osservare i doveri di lealtà e correttezza in modo
da non influire sul verificarsi dell’evento condizionante
pendente. 9. Al riguardo, a parte la novità del relativo tema
d’indagine, dato che la ricorrente, che pure imputa alla sentenza
l’omesso esame della questione, non enuncia quando la avrebbe
sottoposta in sede di merito, occorre rilevare che la circostanza
secondo cui la concessione edilizia non è stata rilasciata per
mancato benestare della Sovrintendenza, non giova alla tesi della
ricorrente, tenuto conto che tale fatto prescinde del tutto dal tema
dell’osservanza degli obblighi di buona fede ricadenti sul
contraente in pendenza della condizione, ma attiene, in tesi,
all’inadempimento dell’obbligo di consentire l’esecuzione dei
lavori appaltati (id est di predispone un progetto cantierabile)
che trova la sua fonte nel contratto d’appalto.
10. Il terzo ed il quarto motivo, coi quali la ricorrente
lamenta il vizio di motivazione per l’erronea liquidazione del
risarcimento, chiedendo il riconoscimento dei maggiori danni
sofferti durante i due periodi di sospensione dei lavori restano,

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l’inadempimento contrattuale è verificabile solo in relazione ad

dunque, assorbiti.
11. In considerazione del rilievo ex officio della nullità va
disposta la compensazione delle spese del giudizio.

La Corte rigetta il ricorso principale e compensa le spese.
Così deciso in Roma, 1’8 marzo 2016.

PQM

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