Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7959 del 31/03/2010

Cassazione civile sez. I, 31/03/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 31/03/2010), n.7959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.C., nella qualita’ di curatrice speciale della minore

D.B., elettivamente domiciliata in ROMA, V. G. FERRARI

12, presso l’avvocato SARTO RINA, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G. (c.f. (OMISSIS)), S.A. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL

PARADISO 55, presso l’avvocato SCARDACCIONE FRANCESCO, che li

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

SINDACO DEL COMUNE DI ROMA, PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE

PER I MINORENNI DI ROMA, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA

CORTE DI APPELLO DI ROMA, SERVIZIO SOCIALE DEL COMUNE DI ROMA –

MUNICIPIO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2327/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica

dell’11/02/2010 dal Consigliere Dott. FELICETTI Francesco;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato RINA SARTO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato SCARDACCIONE Francesco che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni di Roma aveva promosso azione per la dichiarazione dello stato di adottabilita’ della minore D.B., nata il (OMISSIS), poiche’ i genitori, S.A. e D.G., quando essa aveva due mesi, dopo un litigio l’avevano abbandonata nella casa della cognata P.E., la quale ne aveva chiesto il collocamento presso un’adeguata struttura. Nel corso del procedimento gli zii materni, S.G. ed P.E., ne avevano in un primo tempo chiesto l’affidamento, ma poi avevano rinunciato, cosicche’ la minore era stata collocata presso una casa – famiglia. Il tribunale, con sentenza del 18 dicembre 2008, aveva dichiarato lo stato di adottabilita’ della minore, sospendendo la potesta’ di entrambi i genitori, e aveva nominato un tutore provvisorio e disposto anche il divieto di contatti fra la minore e i genitori. La sentenza era stata impugnata dai genitori della minore e la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 3 giugno 2009, accoglieva l’impugnazione e in riforma della sentenza di primo grado revocava la declaratoria dello stato di adottabilita’. La sentenza e’ stata impugnata dinanzi a questa corte dall’avv. C.C., curatrice speciale della minore, con ricorso notificato ai genitori ed alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni e la Corte d’appello di Roma, nonche’ al servizio sociale del Comune di Roma ed al sindaco di Roma, quale tutore della minore, in data 9 – 13 luglio 2009 formulando due motivi accompagnati dai relativi quesiti. I genitori della minore, D.G. e S. A., resistono con controricorso notificato il giorno 11 agosto 2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunciano la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 8 come mod. dalla L. n. 149 del 2001 e vizi motivazionali. A illustrazione del motivo si premette che la sentenza di primo grado aveva ritenuto che la minore dovesse considerarsi in stato di abbandono ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8 sulla base di emergenze istruttorie che avevano messo in evidenza l’inadeguatezza dei genitori, non dovuta a cause di forza maggiore aventi carattere transitorio, ad assicurare un corretto sviluppo psicofisico della minore. In particolare nella sentenza si era rilevato che in una relazione in data 14 novembre 2007 della responsabile della casa – famiglia presso la quale la minore era stata collocata emergeva detta inadeguatezza, confermata dalla CTU disposta che aveva evidenziato un’insufficienza mentale di grado medio nel padre e lieve nella madre, nella quale erano stati pero’ riscontrati anche disordini emotivi a livello medio – alto. Nel giudizio di primo grado era emerso altresi’ un ritardo psicomotorio della minore, in cura presso il Policlinico (OMISSIS) per sospetta sindrome di Nanoon, del quale i genitori sembravano non riuscire ad avere adeguata consapevolezza.

Con il motivo si deduce che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto di tali elementi, sostanzialmente confermati dalla relazione del tutore acquisita nel giudizio d’appello, i quali dimostrerebbero una situazione d’inadeguatezza genitoriale a curare il corretto sviluppo psico – fisico della minore, cosi’ da configurarsi lo stato d’abbandono ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8.

Il motivo e’ infondato. La L. n. 184 del 1983, art. 1 nel testo novellato dalla L. n. 149 del 2001, attribuisce al diritto del minore di crescere ed essere educato nella propria famiglia naturale carattere prioritario – considerandola l’ambiente preferenziale per garantirne lo sviluppo psicofisico – e mira a garantire tale diritto attraverso la predisposizione d’interventi diretti a rimuovere, ove possibile, l’insorgere di situazioni di difficolta’ e di disagio che possano compromettere la crescita in essa del minore. (Cass. 28 giugno 2006, n. 15011; 14 aprile 2006, n. 8877). Ne deriva che, in tale ottica, per un verso compito dei servizi sociali non e’ solo quello di rilevare le insufficienze in atto nella famiglia naturale del minore, ma soprattutto quello di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuoverle ove possibile. Per altro verso, che la situazione di abbandono, che ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8 e’ presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilita’ del minore, comportando il sacrificio dell’esigenza primaria di crescita in seno alla famiglia biologica, e’ consentita dalla legge solo quando la vita offertagli dai genitori naturali sia cosi’ inadeguata da far considerare la rescissione del legame familiare come l’unico strumento adatto ad evitargli un piu’ grave pregiudizio e ad assicurargli assistenza e stabilita’ affettiva in sostituzione di quella negatagli nella famiglia naturale, dovendosi considerare “situazione di abbandono”, oltre al rifiuto intenzionale e irrevocabile dell’adempimento dei doveri genitoriali, anche una situazione di fatto obiettiva del minore, che a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il suo sano sviluppo psicofisico, per il non transitorio difetto di quell’assistenza materiale e morale necessaria a tal fine (Cass. 1 febbraio 2005, n. 1996; 7 febbraio 2002, n. 1674).

In detta ottica legislativa, la quale assegna all’istituto dell’adozione carattere di estremo rimedio nell’interesse del minore, privilegiando rispetto ad essa la valorizzazione e il recupero del legame naturale, e’ necessario un particolare rigore, da parte del giudice del merito, nella valutazione della situazione di abbandono, nei sensi anzi detti, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilita’. Situazione questa da accertarsi in base a riscontri obbiettivi ed a valutazioni prognostiche che siano basate su fatti aventi carattere indiziario di sicura valenza probatoria (Cass. 28 giugno 2006, n. 15011; 12 maggio 2006, n. 11019), con valutazione di merito che, se adeguatamente motivata, non e’ censurabile in sede di giudizio di cassazione (Cass. 7 febbraio 2002, n. 1674).

Nel caso di specie la sentenza impugnata ha accertato che non sussiste lo stato di abbandono della minore nel senso anzi detto. In proposito ha rilevato che la consulenza tecnica effettuata nel giudizio di primo grado aveva “evidenziato il forte impegno di entrambi i genitori ad esprimere capacita’ progettuali in riferimento alla propria genitorialita’” ed aveva suggerito di verificarne gli sviluppi concreti attraverso un articolato programma d’interventi. Ha rilevato che dall’osservazione del loro comportamento nel periodo 12 novembre 2007 – 23 gennaio 2008, la relazione del Centro madre – bambino del Policlinico (OMISSIS) aveva riscontrato una positiva evoluzione del comportamento dei genitori della minore, rivelando capacita’ di rispettare “le indicazioni loro impartite dagli operatori della casa – famiglia, di sintonizzarsi sulle necessita’ della bambina, di essere consapevoli dei loro limiti e di essere collaborativi”.

Gli psicologi del centro, pertanto, avevano sottolineato che la bambina manteneva il contatto con i genitori i quali, adeguatamente sostenuti, potevano essere in grado di mantenere il ruolo genitoriale. Tale relazione – si sottolinea nella sentenza – e’ posteriore a quelle della responsabile della casa – famiglia del 20 settembre 2007 e 14 novembre 2007, sulla base delle quali il tribunale aveva dichiarato lo stato di adottabilita’ in quanto, pur dando atto del costante interessamento dei genitori per la figlia, ne avevano sottolineato la persistente immaturita’ di atteggiamento verso la stessa. La Corte di appello ha quindi giudicato, sulla base di una rilettura della CTU e di tale relazione – ritenute, con giudizio non sindacabile in questa sede, fonti probatorie a tal fine esaustive ed affidabili – con valutazione di merito adeguatamente motivata, l’assenza di uno stato di abbandono che giustifichi la dichiarazione di adottabilita’, “non essendo configurabile nella specie una situazione di privazione dell’affetto e della vicinanza dei genitori o di mancanza di cure materiali e morali od anche di rifiuto dei genitori di sottoporsi ad eventuali misure di sostegno”.

Essendosi, invece, “in presenza di una limitata capacita’ genitoriale, suscettibile di miglioramento e di positiva evoluzione attraverso un forte progetto di sostegno, al quale i genitori hanno mostrato di volere aderire proprio perche’ desiderosi di voler costituire un valido legame con la figlia e porre in essere le condizioni per un suo positivo inserimento nel nucleo familiare”.

Ne deriva l’infondatezza del motivo.

2. Con il secondo motivo si denunciano la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 17 come mod. dalla L. n. 149 del 2001 e vizi motivazionali per non avere la Corte d’appello, prima di decidere, sentito i genitori della minore, ne’ il servizio sociale affidatario, ne’ il p.m. presso il tribunale per i minorenni.

Anche tale motivo e’ infondato. La L. n. 184, art. 17 nel testo di cui alla L. n. 149 del 2001, stabilisce che la sentenza di primo grado puo’ essere impugnata dinanzi alla Corte d’appello dal pubblico ministero e dalle altre parti e la Corte decide “sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento”. La norma, con il riferimento alle parti ed al pubblico ministero, si riferisce alle parti in senso processuale ed al p.m. presso la Corte d’appello (che nel caso di specie risulta avere partecipato alla procedura in appello), restando libera la Corte di invitare le parti e in particolare i genitori – a comparire personalmente al fine di “ogni opportuno accertamento” e salva la facolta’ di esse di comparire anche personalmente per rendere dichiarazioni, ma rimanendo di per se’ priva di conseguenze giuridiche la loro mancata comparizione personale – sanzionata solo per quanto riguarda il giudizio di primo grado ex art. 15, comma 1, lett. a) – ove il tribunale non l’abbia disposta. Ne deriva che, risultando nella specie il contraddittorio pienamente assicurato ed effettuati dalla Corte d’appello gli accertamenti ritenuti opportuni, il motivo deve essere rigettato.

Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese, in relazione alla natura della causa e nell’entita’ degli interessi coinvolti.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010

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