Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7959 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2021, (ud. 13/01/2020, dep. 22/03/2021), n.7959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16489/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

A.B., assistito nel giudizio di merito dal dottore

commercialista D.L.B.D., con studio in Mercogliano,

via Antonio De Curtis, n. 59;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 130/15/12 depositata il 14 maggio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 gennaio

2021 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate notificò a A.B. – socio della Centro Calor Sud di A.B. & C. s.a.s. – un avviso di accertamento per l’anno 2002, con il quale, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, imputò allo stesso, ai fini dell’IRPEF, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili della predetta società, il maggior reddito che era stato accertato in capo alla stessa con un precedente avviso di accertamento;

A.B. impugnò l’avviso di accertamento a lui notificato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Caserta (hinc anche: “CTP”) che, rilevato che “la sentenza (della Commissione tributaria provinciale di Avellino) n. 118/7/07 del 24.05.2007 accoglieva il ricorso della “Centro Calor Sud di A.B. & c. S.a.s.” nonchè di A.B. in proprio e V.T. ed annullava l’avviso impugnato” (così la sentenza impugnata), accolse il ricorso del contribuente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Campania (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò con la motivazione (per la parte che qui rileva) che “la sentenza qui impugnata (…), in virtù della sentenza n. 118/7/07 C.T.P. di Avellino che ha annullato l’accertamento notificato alla Centro Calor Sud e quello personale del socio A.B., ha correttamente applicato gli effetti conseguenziali del precedente giudicato della C.T.P. di Avellino”;

avverso tale sentenza della CTR, depositata il 14 maggio 2012, ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso a tre motivi;

l’Agenzia delle entrate ha depositato una memoria;

con ordinanza interlocutoria adottata nella camera di consiglio del 28 febbraio 2020, questa Corte – rilevata la nullità, nei riguardi del non costituito destinatario, sia della notificazione del ricorso effettuata il 1/4 luglio 2013 ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7 (per la mancanza della prova dell’invio della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuta notifica, cosiddetta CAN, al destinatario presso il suo indirizzo, a norma del predetto art. 7, comma 6, nel testo applicabile ratione temporis), sia della notificazione del ricorso successivamente spontaneamente rinnovata dall’Agenzia delle entrate il 10 febbraio 2020 a mezzo della posta elettronica certificata (in quanto effettuata, dopo oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza, presso il difensore costituito, anzichè alla parte personalmente come previsto dall’art. 330 c.p.c., comma 3) – ordinò la rinotifica del ricorso per cassazione, fissando all’Agenza delle entrate il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza interlocutoria, e rinviò la causa a nuovo ruolo;

in esecuzione di tale ordinanza, comunicata il 5 maggio 2020, l’Agenzia delle entrate ha regolarmente rinotificato il ricorso per cassazione a mezzo della raccomandata n. (OMISSIS) spedita il 14 maggio 2020 a A.B. nella sua residenza in (OMISSIS), immettendo tale raccomandata – attesa la temporanea assenza del destinatario e la mancanza, inidoneità, assenza o rifiuto di persone abilitate a ricevere il piego – nella cassetta della corrispondenza e dando notizia al destinatario delle formalità compiute mediante la raccomandata con avviso di ricevimento n. (OMISSIS);

A.B. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

anzitutto, va dato atto che la tempestiva rinnovazione della notificazione del ricorso esclude ogni decadenza (art. 291 c.p.c., comma 1, secondo periodo);

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 337 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., per avere la CTR – trascurando di considerare la doglianza prospettata nel ricorso in appello che la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino n. 118/7/07 era stata appellata dall’Ufficio e che la Commissione tributaria regionale della Campania, “dopo avere disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci, (aveva) accolto l’appello, con sentenza n. 21/05/2011, depositata il 24/01/2001 (recte: 2011), confermando gli avvisi di accertamento” deciso la controversia motivando mediante la mera relatio a un giudicato che, in realtà, non si era formato, mentre “avrebbe dovuto, a norma dell’art. 337 c.p.c. al più sospendere il processo in attesa della definitività della sentenza richiamata o, comunque, procedere ad una rinnovata ed autonoma valutazione delle circostanze ritenute “pregiudiziali” ai fini della decisione da assumere”, con un conseguente “chiaro (…) errore (..) nell’applicare le norme sul processo concernenti il coordinamento con sentenze non ancora passate in giudicato”;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli stessi artt. 112 e 337 c.p.c. e art. 2909 c.c. anche in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), reputando, per ragioni (anche testualmente) identiche a quelle esposte con riferimento al primo motivo, che le stesse evidenzino un “chiaro (…) errore (…) della CTR nell’applicare le norme sull’efficacia del giudicato e sul coordinamento fra pronunce”;

con il terzo motivo, la ricorrente, per il caso in cui “si ritenga che le deduzioni innanzi poste concernano l’accertamento in fatto operato dalla CTR”, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omesso esame del fatto decisivo, “pacific(o) e incotestat(o) in giudizio”, che la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino n. 118/7/07 – posta a fondamento di quella impugnata – era stata riformata dalla sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 21/05/2011 “con effetti confermativi degli avvisi di accertamento”;

va preliminarmente rilevata la nullità dell’intero procedimento per difetto di integrità del contraddittorio sin dal primo grado di giudizio;

a tale riguardo, si deve rammentare che, “(s) econdo il consolidato orientamento di questa Corte, il principio di unitarietà dell’accertamento, su cui si basa la rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e dei relativi soci, comporta che il ricorso tributario proposto da uno di essi, o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che i soci, i quali tutti debbono perciò essere parti del procedimento, non potendo la relativa controversia essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra soci e società (ex plurimis, Cass. S.U. n. 10145/12; Cass. sez. V, nn. 5844/16, 5708/16, 1700/16, 26102/15, 21340/15, 16926/15, 2094/15, 20075/14, 13767/12, 6935/11, 12236/10; Cass. sez. VI-5 nn. 4570/16, 3690/16, 2867/16), il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, ovvero, se possibile, la riunione dei processi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del successivo art. 29; in ogni caso, il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile – anche d’ufficio – in ogni stato e grado del procedimento (Cass. S.U. nn. 1052/2007 e 14815/08; conf., ex multis, Cass., sez. V, nn. 26071/15, 7212/15, 1047/13, 13073/12, 23096/12)” (così, in particolare, Cass., 02/09/2016, n. 17549; nello stesso senso, successivamente, Cass., 25/06/2018, n. 16730, 30/10/2018, n. 27603);

inoltre, “in base ai criteri dettati dalle S.U. di questa Corte con la miliare sentenza n. 14815/08 (seguita dalle innumerevoli pronunce conformi), la necessità del simultaneus processus tra società di persone e soci è tale per cui: (a) “se tutte le parti hanno proposto autonomamente ricorso, il giudice deve disporne la riunione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29, se sono tutti pendenti dinanzi allo stessa Commissione .., altrimenti la riunione va disposta dinanzi al giudice preventivamente adito, in forza del criterio stabilito dall’art. 39 c.p.c.”; (b) “se, invece, una o più parti non abbiano ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento, o avendola ricevuta non l’abbiano impugnato, il giudice adito per primo deve disporre l’integrazione del contraddittorio”” (così la già citata Cass., n. 17549 del 2016);

nella fattispecie in esame, la violazione dei principi citati è palese, alla luce dello svolgimento della vicenda processuale, come ricostruita nella parte in fatto;

infatti, al giudizio promosso dal socio odierno ricorrente A.B. risultano non avere partecipato nè Centro Calor Sud di A.B. & C. s.a.s. nè l’altro o gli altri soci di questa, senza che sia stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti;

il superiore principio dell’integrità del contraddittorio precede e supera la questione dell’eventuale formazione di un giudicato nei confronti di uno dei litisconsorti necessari (nella specie, della società) (Cass., n. 16730 del 2018);

la rilevata violazione del litisconsorzio necessario determina la nullità dell’interno giudizio e comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa al giudice di primo grado – nella specie, alla Commissione tributaria provinciale di Caserta – ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, la quale provvederà a rinnovare ab origine il giudizio di merito, a contraddittorio integro, e che dovrà anche provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione;

tutto ciò preclude, ovviamente, l’esame dei motivi di ricorso.

P.Q.M.

pronunciando sul ricorso, rilevata la nullità dell’intero giudizio, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria provinciale di Caserta, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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