Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7959 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2011, (ud. 04/03/2011, dep. 07/04/2011), n.7959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28837/2007 proposto da:

ASILO INFANTILE ORSOLA & VIRGINIA PALAZZESCHI, in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GARGANO ANGELO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., nonchè quale procuratore speciale della S.C.C.I. S.P.A.

– Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CORETTI

ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, MARITATO LELIO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 553/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 04/05/2007 r.g.n. 584/05 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato CARLO DE ANGELIS per delega BOER PAOLO; udito

l’Avvocato CARLA D’ALOISIO per delega LELIO MARITATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze, in riforma della decisione del Tribunale di Arezzo, ha dichiarato inammissibile, per inosservanza del termine di quaranta giorni previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, l’opposizione proposta dall’Asilo Infantile Orsola e Virginia Palazzeschi contro la cartella di pagamento notificata dall’INPS per un credito contributivo relativo agli anni 1982/1995, oltre somme aggiuntive e sanzione una tantum.

La Corte ha affermato che il termine in questione ha natura perentoria e, pertanto, l’intempestività dell’opposizione proposta, come nella specie, per motivi inerenti 41 merito della pretesa contributiva, comporta la definitività dell’imposizione e degli elementi costitutivi che l’ente previdenziale creditore abbia posto a base della medesima, senza possibilità per l’interessato di esperire successivamente un’azione di accertamento negativo della sussistenza dell’obbligo contributivo.

Per la cassazione di questa sentenza l’Asilo Infantile Orsola e Virginia Palazzeschi ha proposto ricorso fondato su un unico, articolato motivo, illustrato con successiva memoria.

L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Denunciando violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) l’Istituto ricorrente assume che la sentenza impugnata, così come la decisione di Cass. n.4506/07 – richiamata dal giudice d’appello a supporto della propria opzione ermeneutica – attribuendo all’inosservanza del termine indicato nel comma 5 della disposizione di legge in oggetto l’effetto di precludere al giudice l’accertamento della esistenza dell’obbligazione contributiva e della sua esigibilità, hanno operato una mera dilatazione della disciplina tributaria alla materia previdenziale, senza tener conto dei diversi principi che la regolano, in particolare quello di autotutela, in forza del quale l’ente previdenziale – ove il rapporto non sia coperto da giudicato – può senza limiti di tempo rimuovere, anche in materia contributiva, situazioni illegittimamente formatesi. Prosegue osservando che la Corte territoriale non ha considerato quanto segnalato nel ricorso in appello e cioè che non era stata proposta tempestiva opposizione per aver fatto l’Istituto affidamento su una nota dell’INPS nella quale si comunicava che la cartella già notificata sarebbe stata oggetto di sgravio parziale, così ingenerando nel (presunto) debitore il convincimento che la stessa sarebbe stata annullata e sarebbe stato emesso un nuovo provvedimento, con nuovo termine (quindi) per l’eventuale opposizione. Conclude prospettando, in subordine, questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, in riferimento all’art. 24 Cost., comma 1, derivando dall’interpretazione fornita dal giudice d’appello un’estrema difficoltà per il destinatario della cartella di pagamento di tutelarsi in giudizio contro la pretesa contributiva dell’INPS. 2. Il motivo è privo di fondamento.

3. La giurisprudenza di questa Corte è, ormai, consolidata (tra tante, Cass. n. 14692 del 2007; nn. 6674 e 17978 del 2008; n.2835 del 2009; n.8900 del 2010) nel ritenere che quello prescritto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, è il termine accordato dalla legge al debitore al fine di instaurare un vero e proprio giudizio di cognizione per l’accertamento della fondatezza della pretesa contributiva dell’ente previdenziale e non già, come sostiene l’odierno ricorrente, un termine che avrebbe funzione regolatrice della sola azione esecutiva. Detto termine ha carattere perentorio, perchè diretto a rendere non più contestabile, in caso di omessa tempestiva impugnazione, il credito iscritto a ruolo e a consentirne una rapida riscossione; e, all’affermazione di tale natura, non è di ostacolo la circostanza che la iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale, non ignorando l’ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell’ente impositore, come nel caso delle iscrizioni a ruolo delle imposte dirette e indirette, che diventano definitive (ove non precedute dall’avviso di accertamento) se non impugnate nei termini di cui alla L. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21.

4. Ne deriva, come sottolineato da Cass. n. 11274 del 2007, che l’accertamento della tempestività del ricorso in opposizione involge la verifica di un presupposto processuale che condiziona la proponibilità della domanda ed è, perciò, un compito che il giudice deve assolvere a prescindere dalla sollecitazione delle parti, si che il mancato rilievo officioso dell’eventuale carenza di questo presupposto comporta la nullità della sentenza rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in ragione del difetto di “potestas iudicandi” determinato dalla preclusione dell’azione giudiziale.

5. La tesi dell’odierno ricorrente, che invoca il principio di autotutela e quello della indisponibilità dei diritti che caratterizzano la materia previdenziale al fine di negare carattere perentorio al termine di cui al ripetuto D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, non tiene conto del fatto che nel processo civile le pretese di parte ed i poteri officiosi del giudice possono essere esercitati solo entro i termini di legge che scandiscono l’andamento del processo medesimo, con la conseguenza che la scadenza di un termine per impugnare rende definitivo l’atto che ne costituisce l’oggetto e non più controvertibili le situazioni sostanziali ivi, anche negativamente, accertate, seppure indisponibili.

6. Si aggiunga che il dato normativo del D.Lgs. n. 26 del 1999, art. 24, è inequivocamente espressivo della volontà del Legislatore di creare un parallelismo tra i crediti degli enti previdenziali e quelli tributari nel momento stesso in cui ha previsto la procedura di riscossione mediante ruolo, tipica delle imposte, anche per i crediti contributivi, inserendo le relative disposizioni in un testo normativo diretto a riordinare la disciplina del procedimento di riscossione mediante ruolo delle entrate tributarie. E, del resto, il termine previsto nel comma 5 non troverebbe alcuna plausibile giustificazione se non fosse finalizzato a rendere incontrovertibile, in caso di intempestiva opposizione, il credito contributivo iscritto a ruolo. Tanto è stato messo in risalto dalla stessa Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 111/07 in cui ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all’art. 111 Cost., la questione di legittimità costituzionale del ripetuto art. 24 – laddove attribuisce agli enti previdenziali il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l’ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza – sul rilievo, da un lato, che non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo e, dall’altro, che la norma è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo per la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, grazie alla previsione che consente di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, nonchè al sistema di ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione.

7. Osservazioni, queste ultime, che valgono a giudicare manifestamente infondata la questione di costituzionalità prospettata dall’Istituto ricorrente in riferimento al precetto dell’art. 24 Cost..

8. Quanto alla censura di omesso esame, da parte dei giudici d’appello, delle circostanze caratterizzanti la fattispecie dedotta in giudizio, il ricorso difetta del necessario requisito dell’autosufficienza, mancando della trascrizione dell’atto di appello nella parte in cui si sarebbe reiterato il rilievo relativo all’affidamento ingenerato dal comportamento dell’INPS (sulla insufficienza di un mero rinvio all’atto di appello e sulla necessità, invece, della sua riproduzione nel ricorso per cassazione con riferimento alle domande, eccezioni e circostanze non esaminate dal giudice di secondo grado: da ultimo Cass. ord. n.6937 del 2010).

9. Decisiva, comunque, è la considerazione che, a fronte di una decadenza di ordine pubblico, qual è la decadenza dalla proposizione della domanda giudiziale conseguente alla mancata tempestiva proposizione del ricorso in opposizione previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, il descritto comportamento dell’ente previdenziale non era, comunque, idoneo ad impedire il decorso del termine per l’opposizione stabilito dalla legge e a precludere il rilievo dell’avvenuta decadenza, operando quest’ultima “de iure”, prescindendo dagli atti e dalle condotte delle parti.

10. Inammissibile infine è la deduzione del ricorrente relativa alla mancanza, nella cartella di pagamento, della indicazione del responsabile del procedimento, trattandosi di questione che non risulta prospettata nel giudizio di appello e neppure nel ricorso per cassazione, ma, per la prima volta, solamente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c..

11. In conclusione, il ricorso va rigettato.

12. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Asilo Infantile Orsola e Virginia Palazzeschi, al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10,00, per esborsi e in Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, con accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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