Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7958 del 31/03/2010
Cassazione civile sez. I, 31/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 31/03/2010), n.7958
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. in persona del legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, Largo G. Toniolo
6, presso l’avv. Morera Umberto, che la rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
Fallimento Arco Italia in persona del curatore, elettivamente
domiciliato in Roma, via G. Avezzana 6, presso l’avv. Di Majo Adolfo,
che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controrIcorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1291/06 del
13.3.2006.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
3.2.2010 dal Relatore Cons. Dr. Carlo Piccininni;
Uditi gli avv. Gustavo Olivieri su delega per la ricorrente e Di Majo
per il fallimento;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità o, in
subordine, per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 6.6.2000 il fallimento Arco Italia conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma la Banca Monte dei Paschi di Siena, per sentir revocare le rimesse dell’importo di L. 285.818.576 effettuate sul conto corrente della Arco nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, intervenuto il 21.7.1999.
La Banca, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda, che viceversa il Tribunale accoglieva limitatamente alla somma di Euro 38.141,41.
La decisione, impugnata dalla convenuta, veniva poi confermata dalla Corte di appello, che in particolare ribadiva la correttezza della valutazione dei criteri di determinazione del saldo disponibile compiuta dal consulente tecnico; rilevava la mancanza di prova in ordine alla riferibilità dei due versamenti rispettivamente di L. 5.500.000 (in data 27.7.98) e di L. 18.000.000 (in data 29.7.98) a cessione di crediti vantati dalla Arco nei confronti della Media System; riteneva provata la consapevolezza dello stato di insolvenza della Arco da parte della Banca Monte dei Paschi.
Avverso la detta sentenza quest’ultima proponeva quindi ricorso per Cassazione affidato a due motivi, cui resisteva con controricorso il fallimento.
Entrambe le parti depositavano infine memoria.
La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 3.2.2010.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i due motivi di impugnazione la Banca Monte dei Paschi ha rispettivamente denunciato:
1) violazione dell’artt. 1260, 1264 c.c., L. Fall., art. 67, nonchè vizio di motivazione, in relazione alla dichiarata revocabilità dei due versamenti di L. 5.500.000 e L. 18.000.000 sopra richiamati. La statuizione sul punto sarebbe infatti errata, poichè la società fallita avrebbe ceduto “pro solvendo” alla banca un credito derivante dalla fornitura di beni alla società Media System (come sarebbe stato desumibile da una corretta lettura della documentazione prodotta), e pertanto i relativi pagamenti non sarebbero stati eseguiti dalla Arco, ma dal terzo debitore ceduto, e non sarebbero stati dunque revocabili.
2) vizio di motivazione con riferimento all’affermata dimostrazione, a cura della curatela, della conoscenza dello stato di insolvenza della Arco da parte di essa ricorrente. La prova sul punto sarebbe stata fornita sulla base del numero di protesti elevati (il primo risalirebbe al marzo 1998), di cui tuttavia non sarebbe stato possibile avere legale conoscenza, essendo stati pubblicati nell’Elenco Ufficiale soltanto a partire dal 4.6.1999.
Osserva il Collegio che va condivisa la richiesta del Procuratore Generale, che ha rilevato la violazione dell’art. 366 bis c.p.c., nella specie applicabile trattandosi di decisione emessa il 13.3.2006. Il citato articolo dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto nel numero 5 dello stesso articolo l’illustrazione del motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso.
Con riferimento alle modalità espositive e contenutistiche del quesito di diritto è stato poi evidenziato da questa Corte che esso deve essere esplicito ed inserito in una parte del ricorso a ciò deputata, non può desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, deve infine risultare come frutto di una intenzionale articolazione di interpello alla Corte di legittimità (C. 08/18759, C. 08/8466, C. 07/13329, C. 07/36, C. 06/27130).
Quanto al vizio di motivazione, analogamente, la relativa denuncia deve contenere un momento di sintesi, che deve trovare attuazione in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata (C. 08/11652, C. 08/8897, C. 08/4311, C. 08/4309, C. 07/16002).
Il ricorso in esame, viceversa, non risulta corredato nè del quesito di diritto nè dell’indicazione del fatto controverso nei termini sopra precisati, sicchè lo stesso risulta inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010