Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7958 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 7958 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: DIDONE ANTONIO

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 22326-2014 proposto da:
GALGANO DOMENICA, nella qualità di amministratore
unico della TURISTICA SERINESE S.R.L., domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato ANNA MARIA VITTORIA VECCHIONE, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;
– intimata –

avverso la sentenza n. 124/2014 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 27/06/2014;

Data pubblicazione: 20/04/2016

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Ragioni di fatto e di diritto della decisione
l.- La s.r.l. Turistica Serinese ha proposto ricorso per
cassazione – affidato a un motivo – contro il decreto della
Corte di appello di Napoli (depositato il 27.6.2014) con il
quale è stato rigettato il suo reclamo contro il decreto

del tribunale di diniego di omologazione di un accordo di
ristrutturazione ai sensi dell’art. 182 bis 1. fall.
Il diniego di omologazione è motivato dal mancato
raggiungimento della percentuale del 60% dei crediti per i
quali vi è

crediti

stato accordo, considerato l’ammontare dei

della

Banca

della

Campania,

oggetto

di

contestazioni ritenute pretestuose dai giudici del merito.
Non ha svolto difese il P.M. intimato.

2.- Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 176 1. fall. e la violazione del
principio della domanda, avendo i giudici del merito
valutato d’ufficio la fondatezza delle contestazioni del
credito della Banca della Campania. Elenca i rapporti
intrattenuti con la Banca della Campania e le contestazioni
mosse nei giudizi pendenti (attinenti

alla natura usuraria

degli interessi e agli interessi anatocistici).
Deduce che i crediti contestati non possono essere valutati
ai fini del raggiungimento della percentuale del 60% di cui
all’art. 162 bis cod. proc. civ., trattandosi di creditori
estranei che, se accertati come tali, devono essere
soddisfatti integralmente.
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3.- Osserva la Corte che è preliminare l’esame della
ricorribilità del provvedimento impugnato.
Il quinto comma dell’art. 182 bis l. fall. prevede che il
decreto del tribunale “è reclamabile alla corte di appello
ai sensi dell’articolo 183, in quanto applicabile, entro

quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle
imprese”.
L’art. 183 1. fall. – nel testo modificato dal decreto
legislativo correttivo n. 169/2007 – a differenza del testo
previgente, secondo cui la sentenza pronunciata dalla corte
di appello era ricorribile per cassazione, nulla prevede
circa l’impugnabilità del decreto.
In materia non risulta vi siano precedenti di questa Corte
(non assume alcun rilievo Sez. 6 1, Ordinanza n. 16187
del 24/09/2012, trattandosi di decisione assunta in tema di
regolamento di competenza, relativo ad un giudizio
sull’efficacia di una transazione seguente ad un accordo di
ristrutturazione).
La dottrina, d’altro canto, è divisa tra chi reputa
ricorribile per cassazione il decreto reso dalla Corte di
appello su reclamo ai sensi dell’art. 182 bis 1. fall. e
chi, invece, nega l’impugnabilità, registrandosi anche una
tesi intermedia che la limita all’ipotesi di avvenuta
omologazione e di rigetto di eventuali opposizioni.

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La natura decisoria del decreto, in particolare, è negata
dal punto di vista della definitività,

che mancherebbe,

potendo essere riproposta la domanda di omologazione.
In una fattispecie analoga (diniego di sospensione ex art.
12 bis 1. n 3/2012) questa Corte (Sez. I, n. 1869/2016) ha

negato la ricorribilità per cassazione del provvedimento
reso dal tribunale in sede di reclamo perché era sottoposta

a censura “una pronuncia connotata dall’assenza di
carattere decisorio e contestualmente definitivo del
provvedimento di rigetto dell’ammissibilità del piano, che
non pregiudica in tesi la stessa possibilità di presentare
un altro e diverso piano (del consumatore), pur se con gli
eventuali limiti temporali – posti dal legislatore a
fronteggiare

un

uso

ripetuto

ed

indiscriminato

dell’istituto – di cui all’art. 7 co. 2 lett. b)”. Ha
precisato la Corte che “il provvedimento negativo a questa
stregua, non esprime allora tratti rilevantemente diversi,
riguardato sotto il

profilo

della ricorribilità per

cassazione, dai corrispondenti provvedimenti negativi (o di
rigetto allo stato degli atti) assunti nella procedura
prefallimentare (Cass. 6683/2015), in quanto anch’esso
esplicita una specifica inidoneità a tradursi, per via
giudiziale, nella validazione del singolo progetto
ristrutturativo del passivo quale

proposto in un dato

ricorso e dunque riflette una situazione economicofinanziaria potenzialmente mutevole, né è assimilabile,
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come sbrigativamente ipotizzato dalla parte, al diniego
dell’esdebitazione fallimentare di cui all’art.143 1.f.,
soggetta ad altri presupposti, delimitazioni e finalità”.
3.- Si è innanzi evidenziato che il reclamo in tema di
omologazione di accordi di ristrutturazione è disciplinato

con richiamo all’art. 183 1. fall.
In materia di concordato preventivo e con specifico
riferimento a tale ultima disposizione, questa Corte, nel
vigore della riforma, ha esplicitamente ammesso la
impugnabilità per cassazione quando ne ha interpretato la
disciplina del termine. Secondo Sez. 1, Sentenza n. 22932
del 04/11/2011, al decreto emesso, ai sensi dell’art. 183,
coma l, legge fall., dalla corte d’appello, che decida sul
reclamo avverso il decreto di omologazione, si applica il
rito camerale di cui agli artt. 737 e s. cod. proc. civ. e,
quindi, è ricorribile per cassazione entro il termine
ordinario di sessanta giorni, decorrenti dalla data di
notificazione dello stesso; infatti, non può applicarsi per
analogia la disciplina prevista per il concordato
fallimentare dall’art. 131 legge fall., e riformata con il
d.lgs. n. 169 del 2007, attesa la compiutezza della
disciplina del concordato preventivo e stante la diversità
dei presupposti oggettivi in cui interviene la rispettiva
omologazione (impresa fallita da un lato e “in bonis”
dall’altro).

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Per converso, si è ritenuto che il reclamo alla corte
d’appello avverso il decreto con il quale il tribunale
abbia provveduto sull’omologazione (accordandola o
negandola) del concordato preventivo, ai sensi dell’art.
183 legge fall., va proposto entro il termine di trenta

proponibile contro il decreto che pronuncia
sull’omologazione del concordato preventivo, possa essere
impugnata anche la eventuale sentenza dichiarativa di
fallimento impone, per una lettura costituzionalmente
orientata della norma, di reputare applicabile il medesimo
termine previsto dall’art. 18 legge fall. (Sez. 1,
Sentenza n. 4304 del 19/03/2012; conf. Sez. l, Sentenza
n. 21606 del 20/09/2013).
La

stessa

lettura

costituzionalmente

orientata

si

imporrebbe in relazione all’art. 131 1. fall., che
espressamente prevede la possibilità di ricorso per
cassazione avverso il decreto reso dalla corte di appello
sul reclamo contro il provvedimento emesso dal tribunale in
sede di omologa del concordato fallimentare.
Sennonché, con ordinanza n. 3472 del 2016 questa Sezione ha
rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale
rimessione alle Sezioni unite sollecitando una pronuncia
chiarificatrice e “una valutazione comparativa delle
diverse ipotesi di cui agli articoli 162, 173, 179, 180
della legge fallimentare in relazione alle diverse

giorni, in quanto la circostanza che con lo stesso reclamo,

fattispecie concrete che, in assenza di dichiarazione di
fallimento, potrebbero dar luogo al ricorso per cassazione
ex art 111 Cost.”. Ciò induce il Collegio a rimettere la
causa al Primo Presidente per la medesima finalità,
trattandosi anche di questione di massima di particolare

del provvedimento in esame prima ancora di esaminare la
questione (rilevabile d’ufficio) dell’integrità del
contraddittorio,

essendo stato notificato il ricorso

soltanto al pubblico ministero.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa al Primo Presidente per
l’eventuale rimessione alle Sezioni unite.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 marzo
2016

importanza e occorrendo chiarire l’oggettiva impugnabilità

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