Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7957 del 31/03/2010
Cassazione civile sez. I, 31/03/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 31/03/2010), n.7957
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
SUPERSABBIA S.N.C. DI IMBROGNO FRANCESCO E C. (P.I. (OMISSIS)),
in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI 59, presso l’avvocato
SALAFIA ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
DEL GIUDICE UMBERTO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – I.N.P.S. (C.F.
(OMISSIS)), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’I.N.P.S., rappresentato e difeso dagli avvocati CORRERA
FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, ANTONINO SGROI, giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrente –
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di VITERBO, depositato il
24/10/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
02/02/2010 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto emesso il 24 ottobre 2005 il Tribunale di Viterbo rigettò il reclamo proposto dalla Supersabbia s.n.c. di Imbrogno Francesco & C. (che in prosieguo verrà indicata come Supersabbia) avverso un provvedimento del locale giudice del registro delle imprese, il quale, accogliendo un’istanza dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (in prosieguo INPS), aveva disposto la cancellazione d’ufficio dell’iscrizione dell’atto col quale la Supersabbia era stata in precedenza cancellata dal registro.
Il tribunale ritenne, infatti, che, essendovi ancora rapporti debitori pendenti riferibili alla società, facessero sin da principio difetto le condizioni per la cancellazione.
Per la cassazione di tale decreto la Supersabbia ha proposto ricorso, poi illustrato anche con memoria, articolato in due motivi: in primo luogo contestando l’asserito carattere dichiarativo del provvedimento di cancellazione della società dal registro e sostenendo che, viceversa, con la cancellazione la società cessa definitivamente di esistere; in secondo luogo ribadendo la sussistenza delle condizioni per la cancellazione della società, scioltasi per il venir meno della pluralità dei soci senza necessità di alcun formale procedimento di liquidazione, in difetto di qualsiasi effettivo patrimonio.
L’INPS ha resistito depositando controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
Questa corte ha più volte ribadito che non sono ricorribili per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., i decreti pronunciati dal tribunale in sede di reclamo avverso provvedimenti emessi dal giudice del registro delle imprese a norma dell’art. 2191 c.c., trattandosi di provvedimenti privi del carattere della definitività e della decisorietà.
Infatti, quanto alla definitività, da intendersi come impossibilità del riesame della materia da parte dello stesso o di altro giudice, un tale carattere manifestamente difetta rispetto al decreto in esame, posto che la materia del contendere potrebbe liberamente formare oggetto di un ordinario giudizio di cognizione. Nè a ciò sarebbero di ostacolo il provvedimento emanato dal giudice del registro e quello eventuale emesso dal tribunale a seguito di reclamo, non essendo essi suscettibili di passare in cosa giudicata.
Quanto poi alla decisorietà, pure detto requisito manca nel decreto impugnato, il quale non incide su posizioni di diritto soggettivo, ma consiste in un intervento meramente ordinatorio del tribunale, emesso in sede non contenziosa, che si esaurisce in mero atto di gestione di un pubblico registro a tutela di interessi generali, senza statuire sui diritti dei soggetti coinvolti (si vedano Cass., 29 gennaio 2009, n. 2219; Cass., 26 ottobre 2006, n. 23027; Cass., 11 marzo 2005, n. 5390; Cass. 15 novembre 1991, n. 12227).
Da siffatto orientamento non v’è ragione di discostarsi nel caso di specie, non apparendo le argomentazioni della ricorrente – per gran parte basate sul richiamo di precedenti riguardanti materie diverse da quella in esame – in alcun modo idonee a scalzarne il fondamento.
La ricorrente, essendo rimasta soccombente, deve essere condannata al rimborso della spese sostenute dalla controparte nel giudizio di legittimità, che vengono liquidate in Euro 2.000,00 (duemila) per onorari e Euro 200,00 (duecento) per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.000,00 (duemila) per onorari e Euro 200,00 (duecento) per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2010